La grande fuga dal Sud ed il confronto sull’Autonomia Differenziata
di Luigi Poi
Dal 1860 è trascorso oramai più di un secolo e mezzo, ma la “questione meridionale” continua ad agitare la politica e ad innescare un circolo vizioso dal quale non si riesce a venire fuori. E abbiamo appena celebrato il 75° anniversario della Costituzione Italiana (27 dicembre del 1947) considerata la più bella del mondo.
Sono passati poco più di cinque anni dai referendum promossi dalle regioni Lombardia e Veneto per l’attuazione dell’art 116 della nostra Costituzione. L’obiettivo chiaramente dichiarato era ed è quello di ottenere una maggiore autonomia in tre materie di cui ancora oggi lo Stato detiene la competenza assoluta. Il Governo, tra alcuni distinguo, sembra orientato ad avviarne il processo attuativo con l’obbiettivo di “un federalismo virtuoso ma garantendo i livelli essenziali delle prestazioni ed il corretto funzionamento del fondo di perequazione onde evitare che venga minata la coesione e l’unità nazionale“. Il nodo delle risorse e dei trasferimenti erariali e quindi il problema dei tributi pagati dai cittadini delle singole regioni è uno dei nodi da sciogliere.
Secondo Francesco Bruno del Sole 24 Ore – Economia “Il problema non sembra riguardare la volontà di farlo, ci sono varie aperture anche a Sinistra ed al Centro , ma come farlo”. La paura di tanti economisti e politici del Sud é che alcune regioni non siano pronte e non siano in grado di affrontare una competizione virtuosa. L’esempio più verosimile, più classico, più additato è quello del comparto sanitario che già ad oggi presenta i maggiori squilibri (la Lombardia cammina con un paio di marce in più) che sono sotto gli occhi di tutti e che hanno rafforzato sempre di più quel triste fenomeno di “turismo sanitario“ spingendo tanti malati a farsi curare nelle eccellenze ospedaliere del Nord. Alcune esperienze di Paesi che si sono dotati di autonomia regionale più ampia hanno dimostrato, secondo alcuni studi, una maggiore efficienza istituzionale ed hanno avvicinato la rappresentanza poltica eletta al territorio amministrato. Ciò nonostante e non da meno vengono lamentate preoccupazioni non solo in campo sanitario ma anche in materia di istruzione, di servizi pubblci e di risorse erariali. Le preoccupazioni più fondate, forse, sono quelle delle associazioni imprenditoriali e artigiane che paventano aumenti di tasse ed imposte, in particolar modo in quelle regioni che sono meno capaci di controllare i risparmi della spesa e meno abituate garantire l’efficienza e l’economicità dei servzi di competenza. Mentre convince che la carica del Presidente della Provincia diventi elettiva, il popolo deve avere questo potere! Preoccupazioni invece tra i Primi Cittadini che temono che “il rafforzamento ulteriore del centralismo regionale” possa minare il principio di coesione nazionale. Insomma l’iter della attuazione della legge costituzionale sarà molto complicato e lungo. Questo non è necessariamente un male in quanto potrebbe favorire il raggiungimento di un’intesa più condivisa prima di arrivare sui banchi del Parlamento che dovrà approvarla a maggioranza assoluta delle Camere. La mediazione in politica è sempre opportuna! “La politica è la scienza dell’opportunismo e l’arte del compromesso” Franz Liszt ,1811-1886.
Ma da che punto si parte, obiettivamente? Per esempio la Sanità
“Sanità sempre più giù per qualità dell’offerta“, lo scrive Il Mattino del 26 febbraio u.s. commentando il monitoraggio dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) , una specie di pagella dei servizi sanitari offerti dalle Regioni che certifica impietosamente la cattiva gestione della Campania che realizza un punteggio di 177,8 contro una media delle regioni settentrionale superiore a 250,00 punti; la migliore performance è merito della Emilia Romagna (273,8), la peggiore della Calabria (129,4). Lo studio del Ministero della Sanità relativo al 2020 promuove solo regioni del Nord e la Puglia. La sanità non è la sola voce deficitaria anche l’istruzione ed i servizi pubblici sono carenti o addirittura latitanti in molte aree del Sud Italia. Come si evince da una ricerca della UE sul benessere della popolazione che vede gli europei giudicare il livello di gradimento dei servizi pubblici ed in generale della qualità della vita. Purtroppo gli Italiani del Sud non sono tra quelli soddisfatti. Infatti i cittadini calabresi piazzano la loro regione tra i livelli più bassi anche rispetto a buona parte dell’Est europeo, male anche la Basilicata, appena sufficiente Campania, Sicilia e Puglia. Mentre una buona parte del Nord riesce a competere con Europa Settentrionale ed Occidentale o comunque a tenere botta.
La sanità, l’istruzione ed i trasporti locali sono i punti deboli. Del resto a fine 2022 la Federazione Nazionale dei Medici ha denunciato che in Italia mancano 29mla professionisti sanitari di cui 20mila medici nei reparti ospedalieri e circa 4000 del pronto soccorso e quasi 6000 medici di medicina generale. Tanto non solo per le mancate assunzioni, ma anche per la fuga verso l’estero dove si trovano situazioni economiche nettamente superiori alle nostre. Siamo il terz’ultimo paese in Europa sul fronte della remunerazione dei medici, davanti solo a Portogallo e Grecia. Si calcola che sono mille medici all’anno che lasciano la nostra Nazione, non solo per gli stipendi non adeguati ma anche per la scarsa qualità di lavoro e di vita e la mancanza di sicurezza (a Napoli sono quotidiane le denunce degli operatori sanitari a rischio di aggressione). Se questo è il quadro generale si può realisticamente immaginare che quando e se avremo il “grande ospedale della Penisola Sorrentina“ dovremo importare camici bianchi dall’Albania o da Cuba! E’ inutile far presente che di questa grave situazione chi ne soffre di più è il Sud che oltre alla fuga verso l’Estero deve fare anche i conti con la fuga verso il Nord. Inoltre oltre al turismo sanitario abbiamo anche quello universitario. Chi se lo può permettere fugge al Nord (a Milano e Bologna le università più gettonate). “La grande fuga“ riguarda anche i settori della telematica, ingegneria ed istruzione: insomma l’emorragia di talenti meridionali ha numeri preoccupanti, da record !
Il Sud ha perso in soli dieci anni più di mezzo milione di residenti ed è irrefrenabile l’abbandono dei giovani talenti.
Gran parte della politica meridionale teme che l’arrivo dell’ “Autonomia” possa essere una mannaia per le regioni del Sud. Ci sarebbe da dire, guardando i dati ufficiali pubblicati da molti centri studi, da Istat, dagli stessi Ministeri (come quelli appena esposti), di che preoccuparsi visto che sia in materia di sanità che di servizi pubblici ed struzione siamo già abbondantemente messi male? E come mai questa emigrazione dal Sud verso il Nord e anche verso l’Estero? Si può obiettivamente pensare che forse qualcosa non ha funzionato qui nel meridione d’Italia? Alcuni dei Governatori che si lamentano sono già al secondo mandato, come mai non sono riusciti a cambiare le cose? Hanno mai letto la classifica delle tariffe Tari ? Le regioni dove si paga di più? La regina della classifica è la Campania con 416 euro di tari all’anno!!! In Veneto 232 euro!!! Andando a d esaminare con attenzione e dettagliatamente la classifica si evidenzia il GAP tra Nord e Sud anche nella gestione dei rifiuti, fatta eccezione per la Liguria; anche la graduatoria delle città più tartassate nei primi 5 posti vede Catania, Benevento, Salerno, Napoli. Genova come la Regione di appartenenza è l’unica città del Nord sul podio dei peggiori. (Money- anno 2021).
Si lamentano anche i Sindaci di Napoli, l’attuale ed il suo precedessore, che forse dovrebbero meditare sulle parole dello scrittore Maurizio de Giovanni ”Napoli è una città da terzo mondo, irrecuperabile, una città senza futuro, finita“. Riflessioni riportate da Il Mattino del 3 marzo in occasione dei cinquant’anni della Mensa dei bambini poveri e suggerite dai dati della dispersione scolastica e della delinquenza minorile. A chi conviene continuare a nascondere la polvere sotto il tappeto? O forse “la nostra paura del peggio è più forte del nostro desiderio del meglio?“ (Elio Vittorino). Invece di inutili piagnistei forse sarebbe il caso che si accettasse la sfida, ci si accorciassero le maniche e si mettesse finalmente in atto una politica di governo regionale e locale all’insegna del riscatto, quello vero e non quello chiacchierato o urlato.
Ed ancora: perché la nostra politica, i nostri sindacati e sapientoni vari non si soffermano un poco in più sui dati che vanno dal cattivo livello dei servizi pubblici all’abbandono scolastico e alla fuga verso il Nord e verso l’estero di quelli che dovrebbero essere i futuri cittadini dello sventurato Sud d’Italia?
Sono a conoscenza, per esempio, che la Campania detiene il record delle partenze (30%) seguita da Sicilia e Puglia?
Dal 2012 al 2021 si registra una perdita di circa 525.000 residenti (in effetti sono di più considerando che molti conservano la loro residenza qui)! Questi numeri si possono leggere nel rapporto ISTAT sotto il titolo “Migrazioni interne ed internazionali della popolazione residente“. Sono stati 1milione 138mila i movimenti in uscita dal Sud e dalle Isole e 613mila quelli sulla rotta opposta. Un saldo negativo pesante moralmente, oneroso economicamente, disastroso in prospettiva futura. Ma quello che è più grave che vanno via giovani talenti come medici, ingegneri, fisici, chimici, professori ed economisti. Chiaramente anche dal Nord molti giovani talentuosi vanno verso l’Europa o gli Stati Uniti attratti da migliori stipendi e dal più spazio che viene riconosciuto al merito. Per rimanere nel comparto sanitario, in dieci anni dal 2005 al 2015 oltre 10.000 medici hanno lasciato l’Italia per lavorare all’estero “un esodo di capitale umano e professionale che non possiamo più permetterci”.
Lo ha detto il ministro della salute Schillaci parlando all’Università Cattolica di Roma il 16 febbraio di quest’anno. Bisogna evitare che i nostri “cervelli” preparati dalle nostre Università, con costi a carico della collettività, emigrino alla ricerca di migliori prospettive economiche e professionali. Come sempre il Sud è l’area che subisce più danno, non solo in campo sanitario e non solo per la fuga verso Stati Uniti o altre Nazioni, ma anche perché si causa un depauperamento culturale e scientifico, un impoverimento strutturale ed anche l’immiserimento delle risorse umane essenziali, qualificate e più vogliose di conoscere ed affermarsi. La meta preferita è la Lombardia che offre maggiori e migliori occasioni di lavoro seguita a ruota dall’Emilia Romagna. Giovani e lavoratori che vanno ad arricchire le comunità che li accolgono con la loro capacità, ingegno ed operosità. La provincia da cui si annotano più partenze è Napoli, in termini assoluti (dato al 2021) 17.000 unità. L’autonomia non diventi un alibi per i Governatori del Sud e non solo per mascherare i fallimenti di una politica che spesso fa prevalere clientelismo, nepotismo, campanilismo elettorale sul riconoscimento e la valorizzazione del merito, sulla ricerca di opportunità che valorizzino il territorio e seminino per il futuro. Perché tanto fumo negli occhi per continuare la vecchia procedura di borbonica memoria: “facimm ammuina , tutti chilli che stann’ a prora vann’ a poppa e chilli che stann’a poppa vann’ a prora , chi non tiene nient’a ffà s’aremeni a cà e a allà“? O quella prassi tipicamente dorotea che per evitare il successo elettorale dei PCI assumeva in alcuni comparti del settore pubblico o in enti creati ad hoc senza che ce ne fosse il minimo bisogno ed aggravando oltre misura i bilanci di tanti Enti pubblici e parapubblici ed aggiungendo ingiustizia ad ingiustizia? Insomma le ben sperimentate tattiche di distrazione di massa per nascondere magagne ed incapacità e per conservare il potere.
E mentre si alza la voce, si invocano i bazooka e i lancia fiamme, è giusto continuare ad offrire posti di lavoro improduttivi? L’Istat ci informa che se la musica non cambia i residenti del Mezzogiorno alla fine di questo decennio (2030) scenderanno per la prima volta sotto la soglia critica dei 20milioni di abitanti. Un vero e proprio tsunami demografico, una sanguinosa emorragia di giovani che non appartengono al sistema clientelare e protetto, una irreversibile fuga per andare a creare ricchezza, valori culturali e successi scientifici in tutto il mondo. E non è stato certamente “L’ Autonomia“ a determinare tali processi negativi. Quindi perché non capovolgiamo la frittata o proviamo a cuocerla in modo diverso ed anche nell’altro verso, prendendo ad esempio le aree che ci sono riusciti ed evitando di evocare colpi di mano costituzionali ed altre sciocchezze del genere? Ricostruiamo il SUD sfruttandone le sue risorse migliori e abbandonando i vecchi schemi di una politica assistenziale, di figli e di figliastri, di ipocrita buonismo, di massacro del merito.
La Penisola Sorrentina non fa storia a sè, nonostante la peculiarità della propria economia, in quanto non riesce a trattenere i talenti (tranne quelli più fortunati che trovano sistemazione nelle aziende familiari), perdendo anche chi sarebbe utile in settori strategici come i servizi ospedalieri, culturali, telematici ed energetici.
Sorrento nell’ultimo decennio ha perso 960 residenti (nel 2001 popolazione 16.540—nel 2021 15.600), decremento accentuato negli ultimi 6 anni. E’ vero che parte dell’esodo è da addebitarsi alla mancanza di casa che influisce in particolar modo sulle nascite ridotte a 98 nel 2021, mentre nel 2002 erano 174; le tabelle del comportamento migratorio mostrano soprattutto un saldo negativo dovuto alla partenza di giovani compensato in parte dall’arrivo di “stranieri” che si adattano in abitazioni malmesse e a lavori saltuari e sommersi.
Massa Lubrense che ha più spazi abitativi vede crescere la propria popolazione da 12.888 a 14.146, idem Sant’Agnello da 8421 a 8729. Meta da 7692 a 7862 mentre Piano è in decrescita da 12842 a 12486. I dati da analizzare in termini di titoli di studio e professionalità in libera uscita sono difficili da captare, mentre per Napoli abbiamo a disposizione uno studio Caritas che certifica che “in dieci anni le migliori energie intellettuali hanno lasciato la regione, 170mila giovani solo da Napoli”. Un dossier redatto sempre da Caritas in collaborazione con l’Università Suor Orsola Benincasa parla di una “fuga“ di 329.000 giovani, prevalentemente laureati: “Record di cervelli in fuga dalla Campania , il 29% è la percentuale più alta di tutto il Sud “.
Sono numeri inconfutabili che parlano chiaro e che non vanno nascosti o sottovalutati, anzi !
Si mettano da parte visioni ideologiche e preconcette, ingiustificati vittimismi e convincimenti spesso faziosi ed anche furbamente evidenziati per nascondere incapacità, ritardi ed inefficienze. Si cambi rotta coraggiosamente ed onestamente e si affronti il futuro con dignità, senza cercare capri espiatori, trattando con sapienza ed obiettività le modifiche al rapporto tra Stato e Regioni, accettando la sfida e raccogliendo il meglio delle sane energie e dell’onestà morale ed intellettuale per cambiare la classe politica e il funzionamento della burocrazia. La strada giusta, paradossalmente, era stata tratteggiata il 5 dicembre del 2022 dal Governatore De Luca in occasione della manifestazione “L’Italia delle Regioni“ a Palazzo Lombardia a Milano: “La Campania è pronta ad accettare la sfida dell’efficienza nei confronti di chiunque, a condizione ovviamente che si parta da un flusso di risorse equilibrate”. Posizione condivisibile ma che deve essere mantenuta costante e non influenzata dai momenti di alti e bassi del consenso e dalla volubilità degli umori politici. “Il politico diventa uomo di Stato solo quando inizia a pensare alle prossime generazioni invece che alle prossime elezioni“. Winston Churchill, 1874-1965.