Povertà, anche la Penisola Sorrentina non è più l’isola felice del passato!
di Luigi Poi
“Secondo le statistiche d’adesso risulta che te tocca un pollo all’anno: e se non entra nelle spese tue, t’entra ne la statistica lo stesso perché c’è un altro che ne mangia due” – Trilussa.
La sferzante ironia del poeta e scrittore romano è sempre attuale ma il recentissimo rapporto Caritas sulla “povertà“ non sembra contestabile anche perché quanto sostenuto è sotto gli occhi di tutti. I dati sviscerati da “anello debole”, un resoconto statistico sul disagio sociale e sulla povertà della benefica associazione cattolica italiana, sono stati presentati proprio nel giornata mondiale della lotta all’indigenza (17 ottobre). I valori osservati ed esaminati riguardano il 2021. E siccome dall’inizio del 2022 la situazione è ancor più peggiorata causa l’assurda guerra scatenata sulla terra Ucraina e che ha avuto tra le sue conseguenze aumenti dei costi di tante materie fondamentali per lo sviluppo dell’economia, in primis le fonti energetiche quali il gas, è facile ritenere che quei dati già drammatici per se stessi lo sono diventati ancora di più.
I poveri statisticamente rilevati sono 5.571.000 (1milione 960mila famiglie) che assommano al quasi 10% della popolazione residente (“residente“ perché il rapporto assume anche gli immigrati stanziali). Inutile osservare che “l’incidenza si conferma più alta nel Mezzogiorno (10%) mentre scende significativamente nel Nord Ovest (6,7% da 7,9%)”. Le famiglie più colpite sono quelle da 4 persone in su, con un solo stipendio e con una età media dei genitori tra i 35 e 55 anni. I centri della Caritas da soli hanno dovuto amaramente registrare un aumento dell’8% in più di richieste d’aiuto rispetto al 2019. La Caritas non tace sul fatto che mentre al sud gli assistiti sono italiani (oltre il 65%), nel Nord l’incidenza maggiore riguarda gli stranieri con punte anche oltre il 60%.
La Caritas vanta determinanti aiuti economici sia per l’acquisto di alimentari che per il pagamento di affitti e bollette. Non da meno e compatibili sono i dati forniti da Comuni d’Italia che a loro volta forniscono bonus per la spesa e per contribuire al costo dei fitti e dell’energia.
Il reddito di cittadinanza arriva solo al 44% delle persone in povertà assoluta, quindi il 66% va nelle tasche sbagliate (la cronaca anche quella di Napoli e Roma di pochi giorni fa ne conferma l’uso truffaldino). Senza peli sulla lingua bisognerebbe rivedere il ruolo e la responsabilità dei patronati considerato che ,se quanto calcolato dal rapporto Caritas è vero, il 66% corrisponde a 5 miliardi e 90milioni di euro all’anno che potrebbero svolgere altra funzione più giusta ed equa e garantire maggiore tranquillità a tanti giovani volenterosi ed in grado di continuare gli studi o di aprirsi una attività ed a mamme di famiglia senza protezione sociale , cioè quelli che realmente soffrono e non truffano lo Stato.
I dati della Penisola Sorrentina sono più lievi anche se è difficile averne una visione completa ma tutti gli uffici comunali dediti all’assistenza ed al sostegno dei concittadini meno fortunati confermano le difficoltà e l’aumento delle richieste di aiuto. Nei nostri comuni oramai le domande di sussidi per il contrasto alla povertà si contano non più a decine ma a centinaia. La stessa Caritas C/mmare–Sorrento ha segnalato l’allarme povertà anche nell’area sorrentina essendosi triplicate le richieste di pranzi alle loro mense.
Del resto in Campania il 37,5% dei bambini, quasi 2 su 5, vive in condizione di povertà relativa, un dato nettamente superiore a quello nazionale, 22per cento. La stessa Città metropolitana di Napoli e a quota 9,7% di famiglie a disagio povertà superiore alla media Campana che si attesta al 7,6%. Avellino e Benevento sono al 3% e dunque a livelli sistematici compatibili ed al di sotto della media nazionale. Siccome la povertà spesso viene alleggerita dal buon funzionamento dei servizi pubblici fondamentali (trasporto, scuola, sanità) la nostra regione purtroppo “risulta anche essere uno dei territori più svantaggiati dal punto di vista delle opportunità educative per i minori” a conferma che il disagio sociale ha profonde radici nel tessuto economico e culturale di una comunità. Comunque secondo uno studio di Openpolis “il fenomeno è invece meno incisivo nella Penisola sorrentina e delle isole come evidenzia anche il dato poco rilevante dell’abbandono scolastico”. Capri e Sorrento sono infatti i comuni con il minor tasso di disagio, rispettivamente a quota 2,1% (il primo) e 2,9% (il secondo). La Campania in questo contesto è la peggiore regione italiana, “è il territorio con la situazione più grave, all’ultimo posto in Italia anche per la copertura di asili nido , di impianti sportivi scolastici (in uno con la Calabria), male anche biblioteche ed assistenza sanitaria.
Breve nota polemica: forse sarebbe il caso che il nostro Governatore invece di sparare pallettoni di parole col bazooka e lamentarsi dell’imminente pericolo di una maggiore autonomia regionale curasse maggiormente e con più concretezza il buon funzionamento dei servizi pubblici e sociali.
I sei comuni della Penisola , le isole del Golfo, la Costiera Amalfitana, benedette dal turismo, restano “un’oasi felice” se si confrontano con gli altri comuni della Città Metropolitana e sono leggermente al di sotto della media nazionale.
“L’oasi felice“ potrebbe però andare in difficoltà a causa delle bollette energetiche che metteranno in ginocchio anche famiglie del ceto medio e soprattutto stanno spingendo molti ristoranti, bar ed alberghi a chiusure anticipate ed a ritardare l’apertura primaverile .
Chiaramente ai dati appena esplicitati (l’indicatore del disagio sociale è ritenuto dai statistici fondamentale per una analisi più attenta della ”povertà“) si dovranno aggiungere quelli dell’ISTAT, Istituto deputato a formulare statistiche sul carrello della spesa e sull’andamento dell’economia che anche se letti settorialmente di fatto confermano l’allarme della Caritas. Già dal 2020 l’ISTAT aveva segnalato che cresceva la povertà assoluta e che i più penalizzati erano i giovani e che il Nord non si sottraeva a questo andamento. Inoltre al discorso ed alle problematiche della “ povertà”, parziale o assoluta, è aggiunto un ragionamento sulla disparità della distribuzione del reddito, di una Italia divisa in due sia dal punto di vista economico che geografico, della fuga dei giovani talenti (tra il 2019 ed il 2021 hanno abbandonata la nostra Patria circa 120.000 giovani laureati), dei lavoratori stagionali e di quelli “poveri“ (bassi salari). Alla fine del 2020 il 20% degli italiani “ricchi” possedeva oltre i 2/3 della ricchezza nazionale contro il 60% degli italiani “poveri” che deteneva un misero 14,3% – Fonte Agi ,17 gennaio 2022. A questa disparità si deve aggiungere quella dei lavoratori ed impiegati attivi ed a tempo indeterminato il cui reddito, a parità di titolo di studio e di competenze, presenta forme di ingiustizia salariale a secondo se si è nell’apparato statale o in quello privato.
E pensare che il Cto della Total si è lamentato perché guadagna solo sei milioni all’anno e non è l’unico esempio! I dirigenti ed amministratori di aziende pubbliche e anche private hanno rastrellato euro a man bassa e riempito le tasche oltre ogni logica e norma di buon senso. Con l’aggravante che alcuni di essi hanno contribuito a determinare il fallimento delle aziende a loro affidate. Vedi Alitalia , Condotte , MPS e tante altre. Alla faccia della povertà!
Un altro dato che crea allarme sociale è quello da tempo reso noto e che svela che a soffrire di più sono le famiglie già povere che vedono aumentare dell’11,5 % il costo dei prodotti alimentari fondamentali mentre sulle classi “alte“ incide solo dell’8,3 % (differenza dovuta alla qualità della spesa ed alla possibilità di fare scorte). “Una famiglia entra in povertà assoluta quando non può più permettersi le spese essenziali per condurre uno standard di vita minimamente accettabile” – Opempolis, 16 giugno 2022.
In generale si considera come soglia di povertà un reddito mensile di 500 euro a persona, 1.000 euro per una famiglia senza figli, 2.000 euro per un famiglia media con due figli più genitori. E qui entra in gioco Trilussa!
Infatti con questo punto di riferimento si valorizza la parzialità e la inesattezza del giudizio statistico in quanto non si tiene conto di due varianti fondamentali: la proprietà della casa ed il lavoro nero.
Spesso il reddito dichiarato non corrisponde col reddito reale (cioè il dichiarato più i proventi di attività a nero) e la sostanziale differenza tra chi non deve pagare il fitto dell’abitazione e chi deve sobbarcarsi questo onere. Qui da noi questa estate abbiamo avuto problemi col trovare lavoratori per alcune mansioni nei servizi e nelle attività turistiche in quanto in molti evidentemente hanno preferito sommare al reddito di cittadinanza qualche lavoretto sotto traccia . Costoro risultano statisticamente cittadini a povertà assoluta mentre nella realtà dovrebbero essere elencati tra i cittadini a povertà relativa o non coinvolti dal disagio sociale ed economico. Dipende dall’entità dell’evasione.
In conclusione è giusto quanto fatto osservare dal cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, l’ascensore sociale non sta funzionando o addirittura in alcune realtà funziona all’inverso. Un esempio, documentato anche dall’ISTAT, è che i figli delle persone in difficoltà sono costretti ad abbandonare gli studi (gioca anche lo stato di salute culturale delle famiglie; infatti la metà dei figli di laureati arriva alla laurea mentre non è così nelle famiglie dove i genitori sono privi di titolo di studio universitario), e ad emigrare verso il Nord o all’estero. Non solo ma trova conferma anche l’assunto che la pandemia aveva peggiorato la condizione delle famiglie con figli, soprattutto se minori e più di uno. “Va meglio, invece, se in famiglia è presente almeno un anziano. Fondamentale resta il livello di istruzione , la diffusione della povertà diminuisce infatti col crescere del titolo di studio”.
Quindi possiamo tranquillamente trarre la conclusione che Caritas ed ISTAT concordano pienamente.
Il rapporto Zuppi conclude che i dati sono preoccupanti, in aumento, che andiamo incontro a mesi difficili e che “non si può aspettare, non si deve aspettare“, urgono risposte adeguate e “una visione del futuro ch sia staccata dai dati reali”.
Insomma in Italia ed in Europa dobbiamo convincerci una volta per tutte che il pensiero e l’azione pragmatica devono prendere il posto su quelli dogmatici ed anche i cittadini indistintamente dal credo politico, religioso, culturale devono ricominciare a parlare di “doveri” e non solo e sempre di “diritti”.
Inoltre bisogna incrociare le dita che il nostro sistema industriale e produttivo regga , che le esportazioni continuano il positivo andamento il corso (nel secondo semestre del 2022 hanno mostrato una crescita del 22% , per di più superiore a quella tedesca), che l’inflazione freni e che il turismo ripeti il boom di quest’anno specie per quando attiene agli arrivi dall’estero. Senza queste risorse la povertà non può ricevere i sussidi necessari essendo le risorse disponibili ridotte al lumicino e l’indebitamento Italiano non lascia più spazi di manovra.
“No, no, rispose il Gatto senza core, io non divido niente con nessuno: fo er socialista quanto sto a digiuno ma quanno magno so’ conservatore” – sempre Trilussa.