Diario Politico©Raffaele Lauro,  Piano di Sorrento,  Sorrento

Piano di Sorrento, domani la Giunta discute della festa patronale

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Don Pasquale Irolla, parroco

PIANO DI SORRENTO – Puntuale a settembre si riaccende la polemica sull’organizzazione della Festa Patronale in onore di San Michele Arcangelo che cade il 29 del mese. Domani mattina il Sindaco Giovanni Ruggiero riunirà la Giunta per decidere le iniziative da assumersi e i fondi da stanziare per una festa di fine estate che cerca di conservare la reminiscenza della tradizionale festa patronale che il parroco don Pasquale Irolla ha deciso non debba svolgersi per quanto concerne i festeggiamenti esterni. Nessun autorizzazione al Comitato laico di Alfonso Della Ragione che già negli anni passati aveva collaborato con lo storico organizzatore della festa, Giosuè Perrella, ormai ritiratosi. Intervistato da Positanonews Della Regione ha spiegato il diniego opposto dal Parroco esibendo anche una vecchia autorizzazione al Comitato per effettuare la questua popolare negli anni passati per i festeggiamenti esterni.

Alfonso Della Ragione –  foto positanonews

Il Comune nel corso degli anni ha sempre concorso a realizzare i festeggiamenti con l’erogazione di un contributo in favore degli organizzatori oltre ad autorizzare luminarie, bancarelle, giostre, spettacoli canori e fuochi pirotecnici: insommma gli ingredienti tradizionali di ogni festa patronale. Già l’anno scorso si optò per una festa a metà e trasformata in festa di addio all’estate. Quest’anno avverrà la stessa cosa sotto il coordinamento del funzionario comunale Carlo Pepe che cercherà di accontentare le esigenze della comunità senza scontentate quelle della Chiesa e della Politica in un difficile esercizio di equlibrismo vista la determinazione del Parroco a non autorizzare alcun Comitato nè altri a festeggiare San Michele. Qualcuno ha cominciato a chiedersi se sia la Chiesa la titolare del “brand patronale“, tanto per capirsi, nel qual caso nessuno lo può utilizzare nè per la festa nè per la questua o altro. Discorso chiuso. O viceversa il Popolo ha dalla sua ragioni da invocare per celebrare la festività. Sarebbe interessante chiedere a uno storico ed esperto di questi argomenti, qual è l’avv. Nino Cuomo, di studiare il caso per aiutare laici e clerici a trovare un punto di incontro sul controverso argomento che intanto ha visto nascere anche su FB un Gruppo a sostegno della conservazione della tradizionale festa patronale promosso dal video-giornalista Diego Ambruoso e che sta raccogliendo crescenti e tarsversali adesioni. Nel frattempo il Sindaco e gli Assessori cercheranno di quadrare il cerchio e di impegnare un po’ di risorse pur dovendo fare i conti con le ristrettezze del bilancio. Sul fronte della minoranza fa sentire alza la voce Gianni Iaccarino per manifestare il proprio dissenso e quello di tanti Cittadini verso questa decisione “autoritaria” del Parroco. Nell’attesa che la querelle si componga, vogliamo provare a capire, con l’auspicio che possa ritornar utile a tutti, che cos’è una festa patronale, come nasce e a chi appartiene dopo aver fatto un po’ di ricerche. In una tesi di laurea dedicata all’argomento “CRISTIANESIMO E FESTE PATRONALI” si legge: “Con la diffusione del Cristianesimo sorsero luoghi religiosi complessi come le Chiese, che divennero sia luoghi di preghiera (internamente), sia luoghi di ritrovo e di allestimenti di banchetti e di sagre (esternamente). La festa ora assumeva un ruolo leggermente differente rispetto ai rituali organizzati nel mondo antico.

San Michele Arcangelo
Piano di Sorrento

Nelle terre occidentali e più specificatamente in Italia, la popolazione poneva al centro della festa il protettore della città, considerato elemento di venerazione e adorazione. L‟importanza del ruolo del protettore era considerata tale, per la stretta vicinanza che il patrono aveva con Dio…Le feste patronali sono numerose perché ogni comune ha il suo Santo Protettore che é celebrato, adorato e portato in gloria, dalla popolazione che lo sostiene. Nonostante alcune caratteristiche siano proprie e specifiche, così che ogni paese sia legato al proprio Santo, queste manifestazioni sacre presentano delle peculiarità che le accomunano:
1- La processione. Il Santo viene portato in spalla per le vie del comune in interminabili processioni durante le quali si prega, si canta e ci si raccoglie in preghiera. Inoltre per le vie del paese i cittadini sparano “botti” fragorosi in onore del passaggio del suo Santo.
2- Banda operistica. La celebrazione di un Santo richiede la presenza di una o più bande operistiche che si contendono a suon di musica l’applauso del pubblico.
3- Fuochi pirotecnici. Gli spettacoli pirotecnici chiudono le festività e si svolgono in genere a notte inoltrata.
La festa patronale riuniva i fedeli che credevano nel Dio rappresentato nel Cristianesimo. In ogni città veniva designato un santo patrono che era la figura più vicina a Dio. Infatti, i credenti, considerano il santo della città come mediatore tra loro e il Signore: l‟essere che li avvicina di più a Dio. Le feste patronali organizzate dai credenti, rappresentavano un evento religioso in grado di riunire i membri credenti e rafforzare il credo spirituale. Inoltre la figura del Santo e la sua venerazione rappresentano per l’uomo la volontà di rapportarsi con il divino, dandogli valide motivazioni sugli obiettivi della vita e serenità per trascorrere la quotidianità“.

Ora sullo stesso argomento leggiamo che cosa ne pensa un teologo, don Antonio Ruccia (Docente di Teologia Pastorale, Parroco di Maria SS.ma di Costantinopoli in Bitritto) che ci aiuta a capire, con competenza e autorevolezza, come stanno le cose sull’argomento dal punto di vista della Chiesa e quali sono le motivazioni del suo cambiamento di indirizzo rispetto alle Feste Patronali.

Don Antonio Ruccia teologo

La festa patronale è per ogni paese un appuntamento annuale che mette insieme la fede cristiana e la cultura del popolo. Sempre legate alla dimensione agricola delle diverse realtà cittadine, tutte le feste patronali sono nate come momento di ringraziamento per qualche beneficio ricevuto dalle comunità locali e per richiedere la protezione dei singoli e l’allontanamento da ogni tipo di male per il futuro. Nel corso del tempo, le feste patronali, non più legate alla realtà rurale del territorio, hanno assunto, per l’evoluzione della società, più le caratteristiche delle sagre che quelle del ringraziamento, finendo per “imbarocchirsi” di coreografie esterne che hanno poco o nulla a che fare con la fede.
Il problema pastorale è quello di ripensare la festa patronale attualizzandone il significato primordiale ed eliminando tutto ciò che non ha nulla a che fare con la dimensione religiosa. E’ urgente ed è necessario che le feste patronali siano inserite in un “itinerario di fede” parrocchiale e cittadino nel medesimo tempo e non si limitino a rimarcare anno dopo anno le medesime manifestazioni cartellonistiche di folclore.
Per questo il primo passo da compiere è quello di cambiare lo stile delle proposte inserendo nell’annuale programmazione della festa patronale giornate specifiche di attenzione per i giovani, i ragazzi, le famiglie, i diversamente abili, il mondo del lavoro, gli immigrati, etc. Queste giornate dovrebbero avere l’onere di approfondire la dimensione di una Chiesa più povera e più libera e soprattutto valorizzare la dimensione di una Chiesa profetica ed evangelica che in tanti cercano.  Tale dimensione porta primariamente a “scelte impopolari“, ma in realtà sono il segno di quel rinnovamento indicato dal Concilio Vaticano II perché si realizzi una Chiesa attenta alle esigenze dell’uomo. Bandire lo spreco, per una festa patronale, vuol dire seguire le orme del Cristo che ha lavato i piedi ai suoi discepoli, mostrando chiaramente che è necessario mettersi al servizio degli ultimi ed è fondamentale per essere credibili.  Se cominceremo, prima a discutere, poi a confrontarci e a non usare lo slogan che serve gradualità nell’attuare i cambiamenti; se cominceremo a “non battere moneta” durante i percorsi processionali e ad eliminare gli ori e il denaro collocati sulle immagini dei santi; se cominceremo a non fare più l’asta perché si porti “a spalla” il simulacro e a concludere la festa con i fuochi pirotecnici e, al contrario, cominceremo a costruire con lo stesso denaro luoghi di accoglienza per i meno fortunati, passeremo da una chiesa del devozionismo ad una chiesa dell’altruismo“.

3 commenti

  • paola sollazzini

    io sono totalmente d’accordo con don Pasquale che non è autoritario bensì COERENTE!
    Le feste cosiddette feste patronali soprattutto in tempo di crisi, devono essere ridimensionatepiù sobrie e riconnesse alle proprie origini quando tutto si svolgeva nel centro storico ed era la processione il momento più atteso, mentre ora, forse alla ricerca di un po’ di leggerezza, sono i fuochi pirotecnici.
    Bisogna ritornare alle radici e ripensare al vero significato del ricordo dei Santi patroni. Abbiamo bisogno di gesti che ci riportino alla fede e non di spettacoli inutili per gli occhi. E’ importante il cuore non l’illusione di un fuoco di artificio!

  • Michele

    Buonasera, credo che non spetti ad un parroco stabilire se i festeggiamenti esterni all’ambito religioso debbano avvenire o meno: esiste ufficialmente un Santo Patrono del Comune? allora significa che si è al di fuori del solo concetto Spirituale; allora significa che deve spettare al Capo della Comunità sociale (cioè il sindaco con i suoi assessori) stabilire se e cosa debba farsi in occasione della ricorrenza Patronale. La crisi economica non c’entra (c’entrebbe eventualmente nello stabilire la linea più o meno sobria dei festeggiamenti) questa è una lotta tra potere laico e potere cattolico: spero che il parroco, nel caso, sia coerente fino in fondo e non voglia nè lo stendardo comunale nè la partecipazione, in veste ufficiale, del consiglio comunale, dato che dinnanzi a Dio siamo tutti uguali; così come spero che il sindaco eviti la pagliacciata del nome di “festa di fine estate”, se non riesce a contestare meglio soccombere del tutto!

  • antonio

    CONDIVIDIAMO IL GIUDIZIO del teologo, don Antonio Ruccia (Docente di Teologia Pastorale, Parroco di Maria SS.ma di Costantinopoli in Bitritto)…qualcuno deve pur cominciare a dare il buon esempio, visto che i politici hanno sperperato tanto denaro pubblico che almeno la chiesa torni alle origini, alla parola del Cristo, spesso dimenticata o distorta , Lui cacciò i mercanti dal Tempio, mi pare che negli ultimi tempi si siano sparati anche troppi fuochi d’artificio…

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