Massalubrense

“Buon Compleanno Norman” Massa e Capri celebrano il 156° genetliaco di Douglas (1868-1952)

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di Luigi Poi

Predisposto il programma “Buon Compleanno Norman” dai comuni di Massa Lubrense e di Capri, con la partecipazione delle Pro Loco Due Golfi e Massa Lubrense, dell’Archeoclub Lubrense, di Sorrento Walks, di Pronti si parte, di MetArte, del Centro Studi Bartolomeo Capasso e di Le Terre alte di Sorrento. Si inizia il 24 novembre e si finisce l’8 dicembre.
Alcuni ricordi meno conosciuti.
L’approdo di Douglas nella Baia di Napoli avvenne a fine Ottocento: «In November 1896, Douglas left his diplomatic post in St. Petersburg and moved into a villa he bought in Naples» (dalla biografia scritta da Mark Holloway nel 1976).
Cinquant’anni dopo, ad inizio estate del 1946, appena cessati i rumori, la carneficina e gli orrori della seconda guerra mondiale, Aaron Davidson giunse a Sant’Agata sui due Golfi per incontrare e conoscere Norman Douglas. Erano già passati alcuni decenni dalla pubblicazione di uno dei migliori libri di viaggio mai scritto, Siren Land, che era anche una manifestazione di sapere non comune. «Conobbi Norman Douglas nel 1946, d’estate, giugno o forse luglio, non ricordo bene. L’incontro, a lungo inseguito e rinviato, avvenne a Sant’Agata, rifugio bucolico delle stirpi borghesi flegree, partenopee e vesuviane» (da Almanacco Caprese, Benito Iezzi per edizioni La Conchiglia, luglio MCMXCI).
Il piccolo villaggio di Sant’ Agata sui due Golfi era diventato il quartier generale degli ammiratori e degli amici dello scrittore fin quando decise di trasferirsi a Capri, più adatta al suo stile di vita e più “silenziosa”.

Siren Land, in effetti, nell’immaginario di “Uncle Norman”, includeva non solo il vertice della Penisola Sorrentina ma anche l’altra sponda dirimpettaia circondata dal mare, l’isola Azzurra. Il 17 giugno del 1988 ritornò sulle orme di “Uncle Norman”, abbandonando i suoi allevamenti di conigli in Nuova Zelanda ed ebbe la fortuna di avere una guida di eccezione, Benito Iezzi. «Profittando del suo soggiorno in area sireniana e della comune simpatia per il vino bianco trascorremmo qualche giorno a zonzo tra il Deserto e Crapolla, l’Acquara e la Lobra con finale sbarco a Capri». A Sant’Agata erano passati anche Pino Orioli (suo editore fiorentino) e altri ammiratori, diplomatici e molti scrittori suoi contemporanei. «Proseguimmo per Sant’Agata, villaggio sopra Sorrento di cui si legge la descrizione in Siren Land. È per così dire, il quartier generale della zona, l’unico luogo dove si può trovare vitto buono ed alloggio comodo; fummo fortunati in quella stagione, poiché la turba dei gitanti napoletani non aveva ancora incominciato ad affluire. Visitai molti luoghi menzionati in quel libro, scendendo sino a Sant’Elia, a Termini, al Capo di Minerva e al Cimentaro donde proviene il tufo vulcanico; attraverso i boschi di castagno raggiunsi Fontanella e ritornai indietro sul Tore; incantevoli luoghi!» (annotazione d’obbligo: se ritornassero in vita e verrebbero sul Monte Le Tore come minimo scoppierebbero a piangere!). La lunga passeggiata proseguì (forse nei giorni successivi) salendo sul San Costanzo e poi scendendo a Nerano.

«Dopo un poco siamo passati accanto a un porticato di pietra tra gli ulivi: è l’ingresso della Casa degli Spiriti, dove Norman abitava quando cominciò a scrivere Siren Land nell’estate del 1908. La casa, a quel tempo, era dipinta in giallo, ora è rosa!». Nel paesino si fermarono per rifocillarsi: «Colazione buona con prosciutto crudo, acciughe, carciofini sott’aceto (fatti in casa e deliziosi), arrosto con sedano e patate, formaggio frutta e tre bottiglie di vino bianco vecchio». Che storica tradizione gastronomica quella della Terra delle Sirene! (da Le avventure di un libraio, stampato in Italia 1944 da L’Impronta S.P.A., Firenze).
«The yellow house of Nerano was known as the house of the Spirits because it was supposed to be in possession of a malignant spirit (forse una ianara, ndr)» e per questo inabitata da tempo. Qui fu “assistito” da un giovincello locale, Amitrano, «a small but peasant boy» (Mark Holloway, Biografia di Douglas by Secker e Warburg of London, 1976). Pochi anni dopo, tra agosto e settembre del 1946 fu la volta di David Jeffreys, viceconsole britannico che trascorreva le vacanze a Positano dove Douglas si recò in visita che fu ricambiata alcune settimane dopo da un gruppetto di inglesi, familiari ed amici del diplomatico, che in una corrispondenza non nascosero di essere rimasti ammaliati dal fascino della Terra delle Sirene.

Così come il giovane Eric Woiton (1898 – 1958) che alcuni decenni prima (aprile – luglio 1911) scriveva dall’Etiopia: «How I should love Sant’Agata now, the walks and all the happy times». Da immaginare che tanta corrispondenza, tanta produzione letteraria, tante note di viaggio, tante conferenze nei privilegiati circoli inglesi, i resoconti di viaggio del “Grand Tour” siano stati il cardine dell’affermazione culturale e turistica del nostro territorio.
All’epoca, come negli anni precedenti la guerra, Norman Douglas era ospite della allora “pensione” Iaccarino, ma aveva già fatto “armi e bagagli” per trasferirsi a Capri definitivamente. Graham Greene ne capì la scelta: «Egli amava troppo la vita per sopportare con pazienza i puritani o i fanatici».
During the 1940 and 50s Greene and Douglas often meet up and share drunken dinners together. Graham Greene loved the company of the eleder Douglas» (da Graham Greene’s relationship with Norman Douglas). «Rise e concluse che Sirenland non gli apparteneva più, non era più quella che l’aveva folgorato nel 1898 – o, forse non era lui più quello di una volta» (da Almanacco Caprese, Benito Iezzi per edizioni La Conchiglia, luglio MCMXCI).

A Capri finì la sua esistenza oramai ottantacinquenne, nel 1952 «dopo una vita sostanzialmente libera, tollerante e spregiudicata, definita – male spesa – da quella specie di giudici la cui condanna costituisce il migliore riconoscimento» (dalla introduzione al libro Venere in cucina, edizione la Conchiglia, Capri, scritto con il pseudonimo di Pilaff Bey: una raccolta di ricette afrodisiache, frivole e licenziose che vanno dalla zuppa di mandorle ed il roti sans Pareil – un arrosto incomparabile ed assolutamente non realizzabile e poco digeribile!). Uno dei motivi del suo distacco dalla terraferma e dalle colline sireniane fu che nel dopoguerra Sant’Agata e Nerano, i luoghi preferiti della sua Terra delle Sirene, iniziarono ad affermarsi come località turistiche e quindi nel periodo estivo venivano affollate da villeggianti napoletani: «Più ancora lo infastidivano, di giorno, il chiasso dei marmocchi e, di notte, l’assedio delle zanzare». Banalità? Bisogna pensare che oramai con la vecchiaia alle porte era diventato più vulnerabile fisicamente e moralmente. «Egli si aggirava, da gran signore, tra quella gente che, zoticamente, mormorava sulla sua indulgenza (plenaria) al vino e, inequivocabilmente, sospettava della sua attenzione (non evangelica) ai pargoli, e magari, era a conoscenza di qualche vecchia storia, grazie al cielo, finita bene per tutti». Allusione agli amori con un giovane ragazzo del Cantone? Sta di fatto che si trasferì nell’isola e lì turisti curiosi, giovani letterati, cittadini di Capri avrebbero sempre potuto incontrarlo «tra le sei pomeridiane e l’ora di cena, in abbigliamento informale, al Caffè Vittoria, immediatamente, dietro l’angolo della Piazza». Non mancarono le visite di scrittori illustri come D.H. Laurence (non si amavano molto), F. Marion Crawford e Compton Mackenzie. Oramai aveva già a sua gloria non solo Siren Land, ma anche Old Calabria, South Wind, Fountains in the Sand, Looking back e la scandalosa antologia proibita dei Limericks. La sua personalità umana ed artistica, complessa ed unica, non inquadrabile in nessuna corrente letteraria e al di là di ogni etichetta convenzionale, trovò ostilità in alcuni ambienti sociali e letterari dell’Inghilterra conservatrice e puritana. Ma «he carried on both frankness and reticence to extremes» (dalla biografia di Norman Douglas di Mark Holloway).

Per quanto ci riguarda più strettamente resta per sempre, almeno per chi riesce ad alzare lo sguardo oltre il quotidiano, la gratitudine per averci fatto conoscere in tutto il mondo come Terra delle Sirene. Cosa non da poco conto sia all’epoca del turismo culturale e d’elite sia ancora oggi col turismo di massa. E a Capri i Cerio, famiglia benestante e facoltosa che esprimeva anche il sindaco, lo capirono al volo e fecero di tutto per trattenerlo sull’isola, anche a loro spese, assegnandogli prima una villa a Caterola e poi in via Tragara. Edwin Cerio gli mise anche a disposizione una dipendenza della villa Rosaio e gli conferì la cittadinanza onoraria. Per festeggiare Douglas ricordava di aver bevuto «something better than a glass of water», quel nettare tanto gradito che era, da sempre, anche il denominatore comune negli incontri con i suoi amici.
«The business of life is to enjoy oneself, every else is a mockery!»
«What songs the Sirens sang?»

Ed a Capri fu sepolto il 7 febbraio del 1952 nel Cimitero Acattolico, sulla lapide fu scritto “Omnes eodem cogimur”, alla fine tutti ci ritroveremo nello stesso posto (citazione attribuita ad Orazio).

P.S.

1 °) Se permettete un modesto consiglio, prima di iniziare le passeggiate proposte dal benefico pool delle nostre associazioni turistiche e culturali leggere (o rileggere con attenzione) “Rains on the hills/Piogge sulle colline”, ottavo capitolo di Siren Land. Un capolavoro nel capolavoro!
2°) George Norman Douglas nacque a mezzanotte, tra l’8 ed il 9 dicembre del 1868 nel Thuringen in Austria, dove diverse famiglie scozzesi si erano stabilite nella seconda metà del XIX secolo. I Douglas provenivano dal Kincardineshire.

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