Una lodevole e impegnativa iniziativa dell’Archeoclub lubrense
di Luigi Poi
L’Archeoclub di Massa Lubrense, saggiamente capitanata dai suoi vertici, Presidente Stefano Ruocco e suo vice Domenico Palumbo, e forte della collaborazione dei tanti giovani e validi studiosi locali, ha piazzato un colpo che senz’altro darà nuovo impulso alla ricerca archeologica sul territorio massese che è una splendida, ma ancora misteriosa miniera di tesori nascosti e arcana miscela di mito, leggende e realtà storica. Terra delle Sirene e terra sacra ad Atene – Minerva già prima dell’avvento dei Greci e della definitiva conquista dei Romani. La pazienza, la capacità di intermediazione e l’esercizio della diplomazia ha fatto sì che è decollato un impegnativo progetto di scavi a Punta delle Campanella. Si sono coordinate l’Università di Pisa e la Soprintendenza Archeologica ed alle belle Arti e Paesaggio di Napoli. Un’operazione che è divisa in due parti, ma che ha un solo scopo: tener viva la memoria del passato e aggiungere altri tasselli alla collezione di reperti (particolar modo ceramica votiva ma non escluso qualche colpo grosso) che magari porteranno a scrivere (o riscrivere) qualche pagina sul mito di questa terra e sulla reale presenza storica dagli Osci ai Romani. Tanto è stato distrutto, tanto è stato manomesso, tanto è stato già nel lontano passato risotterrato o riutilizzato. Ma la Terra Massese è sempre stata generosa, nonostante le offese della mano vandalica dell’uomo, ed è quindi in grado di presentarci qualche ulteriore bella sorpresa.
Intanto per arrivare a questo l’Archeoclub si è assunto un impegno finanziario di diecimila euro, cifra non irrisoria per un associazione culturale che negli ultimi anni ha spiccato il salto di qualità con tante iniziative che hanno sempre un costo da sopportare. Il Presidente Ruocco spera nell’appoggio e nel contributo dei privati. Intanto il dott. Luca di Franco per la Soprintendenza napoletana e la professoressa Anna Anguissola per l’Università degli studi Pisa si sono già messi al lavoro. Al progetto è collegata una borsa di studio di dottorato che può essere un’ulteriore ciliegina sulla torta. Riservata ad un giovane meritevole per un percorso formativo di eccellenza e di alta qualificazione. Ma il punto forte del lavoro che si va a realizzare e l’indagine sul territorio che permetterà (almeno questi sono gli auspici) di ripercorrere l’excursus storico della presenza umana qui avvenuta. E’ nota buona parte di studi e di ricerche sul questo strategico sito per tutta l’area della penisola sorrentina ma anche ben oltr , essendo il punto limite e spartiacque tra il golfo Cumano e quello Pestano. Una storia lunga millenni fatta di certezze e di misteri. Qui approdarono per primi gli Osci che queste terre amministrarono per anni, forse insieme ai discendenti degli uomini delle grotte delle Noglie alle falde del Monte San Costanzo affacciate sul mare dal lato che guarda alla attuale Marina del Cantone.
Poi fu collaborazione ma anche faida. Osci, indigeni, Etruschi, coloni Greci. Tutto si decise con la battaglia di Cuma tra il 475 – 474 a.C. per mare e per terra, quando la flotta Siracusana fece “polpette“ di quella Etrusca e i giovani coloni Eubei, qui arrivati in seguito alle carestie che investirono Calcide ed Eretria, si imposero con la forza anche sul terreno. Atene svettò definitivamente sulla estremità di punta Campanella e i suoi sacerdoti poterono guardare finalmente ad un mare amico. Magari questi scavi esplorativi potranno essere utili per scrivere la parola FINE sulla suggestiva, ma non infondata tesi che il dantuario dedicato ad Atene dominava dall’alto di una delle cime del San Costanzo, li edificato per motivi di sicurezza (tenerlo lontano dalla pirateria) e per segnalare ed indicare il passaggio di ingresso nel mare Cumano e di Pithecusa (oggi Ischia). Solo dopo la vittoriosa battaglia di Cuma si trasferì sulle rocce della Campanella e poi fu presa in custodia dai Romani e divenne Minerva.
Importante sarà anche la datazione delle testine votive della Dea e se sono tutte coeve o di età diversa. Dunque la parola agli esperti e bravo l’Archeoclub a promuovere questa operazione di ulteriore verità, tesa ad avere una produzione scientifica più accreditata. Del resto è oramai innegabile che bisogna saper “riflettere sul fatto che nella formazione del patrimonio di conoscenze condivise sulla storia del territorio , sulle origini di città e popoli, a cui a volte, si richiamano le piccole comunità locali contemporanee alla ricerca delle loro radici, l’influenza della produzione “dilettantesca“ – nel senso nobile del termine – è forse più efficace e profonda“. (Felice Senatore – Sireon . Sugli errori eruditi dei moderni e la loro resilienza).
E siccome è quanto mai veritiero il motto latino “sine pecunia ne cantantur missae” (senza denaro non si cantano messe) non sembra fuori luogo un invito a contribuire economicamente per permettere il raggiungimento di quota 10.000 euro, oneri a carico dell’Archeoclub per questa importante operazione culturale. E non sembra nemmeno fuori luogo, anzi, auspicare che tutto quanto ritrovato rimanga in loco. Dando così anche una spinta all’economia locale, in particolar modo di Termini che potrebbe sommare al successo del trekking sui sentieri del San Costanzo e della Campanella quello di un mini museo, una sala di esposizione dei reperti venuti alla luce e che non si ripeti quanto accaduto con i corredi funerari del Vadabillo.