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L’alternativa al centro-destra meloniano è un percorso lungo e arduo…ma va tentato!

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Si sta discutendo sui risultati delle elezioni regionali in Abruzzo sia per il successo del centro-destra meloniano, sia per la sconfitta del “campo largo” anzi “larghissimo” con cui il centro-sinistra ha cercato e sperato, senza riuscirci, di bissare il risultato della Sardegna. Marsilio, presidente uscente e fedelissimo della Premier, è stato rieletto con circa il 7% di voti in più rispetto al suo avversario, Luciano D’Amico. Le differenze politico-elettorali tra i due schieramenti nazionali sono evidenti e stridenti, da queste bisogna partire per tentare di costruire un serio, credibile e duraturo progetto di governo alternativo a quello di Giorgia Meloni. L’alleanza di centro-destra è antica, consolidata anche nelle differenze, percepita dal corpo elettorale come un tutt’uno nel quale si identifica ideologicamente a prescindere da qualunque evento o contesto, anche i peggiori. In più ha una leader riconosciuta che ha colmato il vuoto lasciato da Silvio Berlusconi e imposto la sua linea politica e di governo agli alleati che, pur con tutti i distinguo, si ritrovano nelle scelte e soprattutto nell’occupazione e gestione del potere nel senso più autentico del termine.

Ha una classe dirigente assolutamente mediocre a tutti i livelli e che abbonda di conflitti d’interesse, tema assolutamente estraneo alla cultura politica di quest’area e del suo corpo elettorale che anzi ne apprezza le performance anche quando queste confliggono col pubblico interesse. Un discorso che accomuna i tre alleati – FdI F.I. e Lega – che pongono in essere con la massima disinvoltura tutte le azioni e le scelte governative funzionali al consolidamento del proprio potere e all’ampliamento del consenso introducendo condoni di ogni tipo e premiando gli evasori… che ringraziano e votano.

Sul versante del centro-sinistra i problemi identitari tra le diverse anime dell’ipotetica coalizione ne ostacolano la stessa costituzione e non consentono a un variegato corpo elettorale di identificarcisi. L’effetto che ne consegue è la crescita a dismisura dell’astensionismo diventato il vero primo partito del Paese, quello dove la coalizione di centro-sinistra dovrebbe attingere se vuole ambire a sconfiggere il centro-destra meloniano. In mancanza non c’è “trippa per gatti” e il centro-destra non ha interesse a riportare alle urne chi si astiene perchè sarebbe controproducente per sè. Riuscire in quest’impresa è arduo, assolutamente arduo e richiede un impegno di medio-lungo termine da attuarsi scientificamente e con una coraggiosa rivisitazione di idee, proposte, scelte e anche rappresentanza a tutti i livelli.

Ora sono PD e 5Stelle a doversi far carico di elaborare questa strategia sul piano politico, programmatico, organizzativo e comunicativo, sottraendosi al massacro mediatico operato dalla stragrande maggioranza di stampa, Tv, opinionisti e affini accomunati da un unico interesse: distruggere personalmente e politicamente Giuseppe Conte, leader dei 5Stelle, considerato estraneo al sistema, minaccioso per la conservazione degli equilibri nazionali e internazionali, in grado di portare al governo del  paese, nei tempi giusti, una classe dirigente nuova e all’altezza della mission di governare. Elly Schlein non ha la statura della leader del suo partito nè di un futuro governo alternativo e questa è una delle ragioni per cui Conte continua a giocarsi una partita che potrebbe portarlo a diventare lo sfidante ufficiale di Giorgia Meloni.  Per di più esistono differenza sostanziali, soprattutto in politica estera, tra PD e 5Stelle che, allo stato, non sembrano facilmente superabili.

Non entriamo nel merito delle altre differenze problematiche perchè se c’è la volontà di condividere un progetto occorre partire dalle convergenze e affrontare le criticità con spirito di collaborazione. Se si riesce ad addivenire a un’intesa di ampio respiro e quindi alla capacità di proporre una piattaforma programmatica al corpo elettorale, sul piano nazionale e anche territoriale, si ripartire con l’ampliamento alle forze d’area minori escludendo però Azione di Carlo Calenda e Italia Viva di Matteo Renzi assolutamente incommestibili agli elettori e soprattutto inaffidabili sotto tutti i punti di vista. Quell’area politica non può includere tutti se non a costo di allontanare ulteriormente gli elettori che non cercano l’alternativa alla Meloni in un’alleanza eterogenea e ambigua!

Alessandro Di Battista

Per quanto riguarda la leadership del centro-sinistra è necessario che la scelta sia frutto di un’analisi approfondita e senza pregiudiziali che proponga uno dei due maggiori leader o anche un terzo purchè rappresentativo dello schieramento e interessante sul piano elettorale e quindi mediatico al punto giusto. Recuperare alla causa personaggi come Alessandro Di Battista che rappresenta un bacino elettorale che l’attuale M5S non intercetta. Costruire l’alternativa organizzando una macchina elettorale articolata e radicata sui territori partendo dall’analisi scientifica dell’assenteismo e su come è possibile recuperare alle urne  chi non ci va più. Su questo occorre investire anche risorse finanziarie, in particolare da parte dei 5Stelle che anzichè continuare a “donare” parte dei loro compensi al popolo – che poi non li vota neanche – ne facciano un uso appropriato per colmare i deficit comunicativi di cui soffrono. Se si continua a tergiversare e non si riesce a costruire una piattaforma politico-programmatica interessante e credibile sul piano della fattibilità, allora vuol dire che questo centro-destra non sarà sconfitto  se non da sè stesso per il logorio del governo e quando i danni  che avrà prodotto saranno, ahimè, irreversibili.

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