Sul fronte della sanità tramonta l’idea dell’unione dei comuni peninsulari?
“La notizia ha del sensazionale, non accadeva dai tempi dei Vicerè spagnoli!“ (da Sireon pag. 15 da febbraio in edicola). Qual è la notizia? Il ricorso al TAR (vicenda Ospedale Sant’Agnello) inoltrato da 4 comuni Massa Lubrense, Meta, Piano, Sorrento che si aggiunge a quelli avanzati dalla Regione Campania, dal Direttore dell’ASL Napoli 3 Sud e dal commissario ad acta preposto alla realizzazione dell’opera. Alla faccia dell’unione dei Comuni o del Comune unico! “Arri, arri cavallino porta il carico al mulino; il mulino è rovinato, il mugnaio si è impiccato!“
Per la verità è tutta la sanità del Sud che in questi giorni è al centro dell’attenzione critica dell’informazione e delle associazioni dei consumatori e dei malati e dalle stesse organizzazioni scientifiche. La buona sanità, tranne le dovute eccezioni, pare proprio negata ai cittadini del Meridione d’Italia. Ne hanno parlato e scritto tutti in quest’ultimi giorni dopo che sono stati pubblicati gli ennesimi sconfortanti dati in materia sia da Save the Children che da Svimez, ma la situazione è nota anche perché spesso pagata sulla pelle di tanti di noi. I dati sono obiettivi e c’è poco da discutere. E’ una sonora sconfitta per le regioni del Sud, per chi le amministra, per la burocrazia sanitaria. Curarsi da patologie gravi a due passi da casa è un privilegio dei Lombardi, dei Romagnoli, dei Veneti ma non per i malati del Sud che si vedono costretti a far valigia, con tutti i disagi e le spese del caso; e non vale solo per gli interventi ma spesso anche per i controlli.
A parte la discriminazione tra Nord e Sud non è da tacere anche la discriminazione tra chi si può permettere il viaggio e gli oneri economici ad esso collegati e chi ha il conto in banco che langue. Un esempio efficace riguarda l’insidioso tumore al seno. Un terzo delle donne che vive nella bella Calabria sceglie di operarsi in un ospedale della Lombardia. Secondo Save the Children, che fa un confronto tra le “Due Reggio”, chi vive nella Reggio emiliana può scoprire di avere una patologia grave presso una struttura sanitaria della propria città ed in notevole anticipo rispetto a chi vive nella “Reggio” del Sud. Eppure la spesa pubblica pro-capite non è la causa di questa discriminante; esempio calzante? In Lombardia 2.084 euro pro-capite più o meno come in Sicilia 2.091. E nemmeno la risorsa umana fa la differenza, vai a Milano o a Parma e ti trovi di fronte un bravo medico nato e cresciuto nel Mezzogiorno d’Italia almeno fino agli studi universitari. La differenza sta nella qualità della spesa e degli investimenti, nella migliore selezione del personale, in un maggior riconoscimento dei meriti e degli studi. Dispiace per la politica meridionale quella di oggi e tutta quella dagli ultimi trent’anni ma “CARTA CANTA”! E come giustamente scrive Andrea Capocci (fisico, docente e scrittore) su Il Manifesto dell’8 febbraio la conseguenza di questo squilibrio di tempi e di efficienza finisce col “toccare i cittadini costretti a compensare di tasca propria le carenze del servizio pubblico”.
Logicamente ognuno secondo la propria visione politica prende spunto da questi indicatori che mostrano un Paese spaccato in due per sostenere che l’Autonomia Differenziata peggiorerà la situazione oppure che è il toccasana per ripristinare un accettabile bilanciamento e meglio riequilibrare i livelli di prestazione. Certo è che al momento l’aspettativa di vita al Meridione è più bassa di 1,5 anni. Roberto Volpi (Statistico) su Il Foglio, già nel decennio scorso aveva studiato con attenzione e spremuto bene le meningi per spiegarsi il motivo del divario per giungere alla triste conclusione : “ecco dunque dove sta il problema! In quasi tutto il mezzogiorno la sanità è gestita come peggio non si potrebbe“. “I servizi di prevenzione e cura al Sud sono più carenti, minore è la spesa pubblica sanitaria, maggiore la distanza da percorrere per ricevere assistenza, sopratutto per le patologie più gravi“ da La Gazzetta del Mezzogiorno del 7 febbraio u.s. E si aggiunge un dato significativo riguardante il tasso di mortalità per tumore : “9,6 per 10mila abitanti per gli uomini del Sud, 8% per quelli del Nord. E’ cresciuto il divario per le donne: 8,2 al Sud meno del 7 al Nord”. E a proposito di “verba volant, scripta manent sed facta valent” La Repubblica ha alzato il tiro intitolando “Sanità, Campania maglia nera: è la peggiore del mezzogiorno, pazienti in fuga per curarsi!” Ed ha impietosamente insistito “Si fugge dal Sud e dalla regione per curarsi, in particolare se si è colpiti da una patologia oncologica ma in generale il turismo sanitario (verso il Nord) è una realtà in crescita” (Tiziana Cozzi , docente e scrittrice – 8 febbraio ). Una volta si diceva “Prendi e porta a casa“. Ma del resto i dati snocciolati da Svimez e Save the children sono talmente inconfutabili e talmente demoralizzanti che nemmeno il fuoco amico può difenderli. Si potrebbe addirittura aggiungere che non solo fuggono i pazienti ma scappano anche i giovani medici (i cosiddetti cervelli) che vogliono far valere il proprio impegno e le proprie qualità sottraendosi al cattivo costume delle spintarelle e delle raccomandazioni. Chiaramente sempre con le dovute eccezioni.
Il massiccio investimento di capitali privati nel settore sanitario meridionale (un buon business che ha attirato l’attenzione e l’interesse di grandi gruppi finanziari) riuscirà, come è successo in alcune realtà del Nord, a creare competizione e quindi a migliorare l’offerta del servizio sanitario? Anche qui pareri discordanti e disomogenei! Certo nessuno può negare i tempi lunghi delle liste di attesa, la lentezza delle procedure di autorizzazioni, l’eccesso della burocrazia amministrativa e la carenza degli operatori sanitari, medici e infermieri, sia in prima linea (dove al Sud abbiamo anche il record di aggressioni al personale dei pronti Soccorsi) che nei reparti altamente specializzati. Anche i tempi (decenni se non ventenni) per la realizzazione di strutture adeguate, efficienti, all’avanguardia sono fuori da ogni plausibile, giustificabile ed accettabile logica sia morale che economica. Ed a tal riguardo noi in Penisola Sorrentina ne sappiamo qualcosa. La notizia messa in testa a questo scritto è stata attentamente esaminata da Antonino De Angelis sul mensile Sireon, numero di febbraio 2024.
I limiti della politica sorrentina, le rivalità, le criticità ambientali, i problemi della viabilità, i tempi lunghi della giustizia amministrativa, gli interessi di campanile, le divergenze di opinioni della stessa cittadinanza hanno determinato un guazzabuglio, anzi il guazzabuglio per eccellenza. L’obiettivo di realizzare finalmente una sanità efficiente in Penisola è mestamente tramontato ed è finito tragicamente nel colpo di scena finale dei ricorsi al TAR regionale! E conoscendo i tempi lunghi della giustizia amministrativa (altro bubbone della nostra Nazione) sarà difficile vedere la luce in fondo al tunnel. “A questo punto ci poniamo una domanda: si sono chiesto, i sullodati Sindaci, quale sarà fra venti anni lo stato della salute in Penisola sorrentina, quando le attuali strutture, già oggi in crisi, saranno ridotte allo stremo? (Antonino De Angelis, idem). E soprattutto perché rinunciare, per beghe di campanile ed altre miserie della vita politica, ai notevoli progressi della medicina e alla utilizzazioni di strumenti scientifici, macchinari ed attrezzature che fanno la differenza e salvano tante vite umane? Chissà se si fosse tentata la via di un referendum popolare per gli abitanti da Vico a Massa e Positano con un quesito netto: nuovo mega ospedale o ristrutturazione dei presidi già esistenti sul territorio? Il Popolo spesso ha più buon senso e lungimiranza dei suoi rappresentanti.