Una targa commemorativa a ricordo dei fratelli Pietrocola
Giuseppe Pietrocola nato a Vasto il 14/11/ 1805 – morto a Massa Lubrense il 26 novembre 1889. Rettore della Regia Università Borbonica, anatomista, medico chirurgo e scienziato.
Floriano Pietrocola nato a Vasto il 03/05/1809 – morto a Massa Lubrense il 04/08/1899. Pittore di Corte, ritrattista e miniaturista di fama internazionale.
“Grido di dolore! Che cosa sarà di noi quando delle glorie nostre non resterà che il solo ricordo lontano?“.
Con questo epitaffio Emilio Monacelli, ideatore, direttore e editore della rivista settimanale “Istonio – Corriere della Domenica“ concluse il necrologio quando venne a conoscenza della morte di Floriano Pietrocola .
“La sera del 4 corrente (agosto 14-15, 1899) in seguito a malattia acuta, questo illustre figlio di Istonio, vecchio di anni ma giovane di cuore, è morto a Sant’Agata di Massa Lubrense. Come artista, Floriano Pietrocola, lascia dietro di sé un’impronta marcata e radiosa: i suoi celebratissimi ritratti in miniatura sono sparsi nei palazzi principeschi e nelle regge di tutta Europa”.
Un decennio prima, il 26 novembre del 1889, dalla stessa dimora salì al cielo il fratello Giuseppe, Rettore della Regia Università di Napoli (1857-1859), anatomista, chirurgo e autore di numerose pubblicazioni scientifiche. Rivestì anche un importante incarico politico come segretario interno del Consiglio di Pubblica Istruzione del Regno delle due Sicilie.
Entrambi figli di Emanuele e di Maria Clementina dei baroni Anelli, entrambi nati a Vasto ma presto trasferitisi a Napoli per motivi di studio. Floriano animato da sincero spirito democratico salutò con gioia l’arrivo di Garibaldi a Napoli, Giuseppe fu invece un fedele sostenitore della monarchia borbonica e fu additato dalla stampa al seguito dei garibaldini come “un borbonico di tre cotte“. Forse proprio perché temette vendetta o persecuzione si trasferì nella più sicura Penisola sorrentina, raggiungendo il fratello a Sant’Agata sui due golfi, in quel tempo tranquilla e panoramica frazione di Massa Lubrense.
In effetti Floriano già dalla metà dell’ottocento aveva scelto come sua dimora di lavoro e vacanza “la grandiosa casina del sig. Marchese D’Andrea, (ministro delle finanze del Regno), contigua alla Parrocchia. In oggi 1857 la tiene da più anni locata l’egregio pittore ritrattista sig. D. Floriano Pietrocola, che passa una metà dell’anno a Sant’Agata“ da – Un cenno sul villaggio di S. Agata ad un’ora sopra Sorrento di Carlo Merlo, stampato a Napoli nel 1857 – Ma quale era questa abitazione? Una parte della narrazione orale santagatese l’aveva individuata in una delle belle palazzine ottocentesche allora esistenti sul Corso, nei pressi della Chiesa, vicina alla villetta della famiglia Guardati, sulla stessa strada erano collocate le abitazioni e le proprietà terriere dei Sersale e del principe Ferdinando Strongoli Pignatelli. Ad una indagine più approfondita e con l’aiuto di Antonino D’Antonio abbiamo potuto accertare che la casa abitata dai Pietrocola era ubicata nella antica via Termine, con uno scenario panoramico di rara bellezza. Inoltre, temendo l’umidità, egli utilizzava entrambe le case della famiglia Casola, storica dinastia settecentesca di Parroci e medici. Secondo il periodo dell’anno, preferiva quella padronale più soleggiata nei periodi invernali e l’altra, a poca distanza, più fresca nei periodi estivi. Si ricorda ancora che ogni volta i trasferimenti di vettovaglie e di attrezzature di lavoro impiegavano tempo e fatica. Qui Floriano fu anche maestro di disegno dei fratelli Correale dal 1851 al 1854 e qui eseguì molti ritratti, spesso ad acquarelli, aventi come soggetto le belle ragazze locali, quasi tutte contadine o domestiche, nei loro tradizionali colorati costumi. Opere che ebbero molto mercato a Napoli come informava nel 1955, The Art Journal, giornale di critica d’arte stampato in Inghilterra. Poco più che ventenne si era trasferito a Napoli per decisione del padre che lo voleva avviare agli studi di giurisprudenza.
Prese abitazione al vico Ascensione, a Chiaia, al numero civico 4. Ma ben presto rinunciò all’aspirazione di praticare l’avvocatura e si dedicò anima e corpo alla pittura. In questa scelta fu incoraggiato dal Maestro Costanzo Angelini, (Santagiusta – Aquila 22/10/1760 – Napoli 22/06/1853) docente presso la Real Fabbrica di Capodimonte e Soprintendente del Museo Borbonico. Per quelle strane combinazioni di incrocio di vicende di vita e di storia, il figlio di Angelini, Tito, famoso scultore ed accademico, fu presente anch’egli a Sant’Agata sui due Golfi nella metà dell’ottocento perché incaricato della perizia e della attribuzione del capolavoro di Dionisio Lazzari, l’altare prezioso seicentesco della chiesa di Sant’Agata. Non ci sono tracce di un incontro tra i due artisti che certamente si conoscevano sia perché il padre fu insegnante di Floriano sia perché quest’ultimo viveva per lunghi periodo dell’anno proprio nella villa dei Casola di cui faceva parte Giovanni Battista, parroco, che “arricchì la Chiesa di sant’Agata con opere d’arte quali il quadro della Madonna con la tazzina (attribuito a De Mura) e più tardi, nel 1945, con l’altare maggiore dei Padri Girolamini di Napoli“ ( Beatrice Casola ).
Dunque Floriano si specializzò in miniature e le sue opere ebbero subito successo e gli diedero fama internazionale. I suoi lavori sono esposti a Madrid, trattasi di due pregevoli ritratti di Maria Carolina di Borbone delle Due Sicilie e della sorella Maria Amalia. Altri suoi quadri sono conservati a Copenaghen, museo Thorvaldsen, a San Pietroburgo – museo dell’Ermitage a Londra – The National Army museum. La sua notorietà varcò i confini europei, infatti è stato ritrovato un set di sette medaglioni raffigurante una intera famiglia statunitense, New England, 1837. Molto ammirato un acquarello di altissima qualità raffigurante l’arciduchessa Adelaide di Ausburgo Lorena, già regina di Sardegna del Casato di Savoia, realizzato nel 1858. A Napoli , tra l’altro, si può anche trovare il bel ritratto di Maria Sofia di Baviera, sorella della più celebre l’imperatrice Sissi ed altre opere sono presenti sia al Museo di San Martino che a Palazzo Reale. Educò il figlio Roberto alla stessa arte tanto che alcuni rinomati ritratti come due miniature in avorio di Vittorio Emanuele II e di Garibaldi sono attribuiti a quest’ultimo. Attratto dalla bellezza della Penisola Sorrentina si trasferì a Sant’Agata sui due Golfi prima solo per il periodo estivo e poi definitivamente. Qui si dilettava a ritrarre le giovinette del luogo, suo il celebre quadro “la Contadina di Massa Lubrense “e non da meno “La bella Raffaella“ (moglie del pescatore Aniello o’ zuoppo).
Il fratello Giuseppe fu uno dei maggiori rappresentanti della Cultura Napoletana, che raccoglieva scienziati, medici, anatomisti, inventori e letterati. La facoltà medica contava i migliori professori come Salvatore Tommasi e Salvatore de Renzi. Giuseppe Pietrocola si fece apprezzare per le sue qualità di anatomista, di chirurgo, di divulgatore scientifico tanto da avere il top dei riconoscimenti dell’epoca come il Rettorato universitario e quello politico di Segretario interno del Consiglio di Pubblica istruzione del Regno delle due Sicilie. La già nota ed autorevole rivista “Lancet“ – edita a Londra – in un resoconto dell’8 giugno del 1892 lo definì un indubbio luminare: “for many years one of the chief of the neapolitan school“. Angelo Terminiello, sempre alla ricerca di notizie ed informazioni sulla nostra storia, ha individuato nel cimitero di Santa Maria della Neve la sepoltura dello scienziato.
Insomma i fratelli Pietrocola, ognuno nel suo settore, rappresentarono il meglio delle arti e delle scienze dell’ottocento napoletano e non solo. Un onore per la comunità massese, per gli abitanti dell’allora grazioso villaggio di Sant’Agata, averli avuti come concittadini. Di entrambi va segnalato il giusto ricordo per impedire la dimenticanza! La memoria storica di una comunità si conserva e si narra, essa è un nesso fondamentale tra passato, presente e futuro. Avvenimenti e uomini che hanno reso lustro ad un Paese vanno sempre ricordati per evitare che l’ombra dell’oblio avvolga e cancelli la storia dei luoghi ed il merito degli uomini illustri e di valore. Una targa è poca cosa? Non è vero, già lungo il percorso da Via Termine, via Pagliaro di Santolo a via Olivella sono presenti targhe a Salvatore Di Giacomo e Francesco Pepere, e presso l’albergo Iaccarino si ricordano G.N. Douglas e Gaetano De Sanctis. Aggiungere quella dei Pietrocola sarebbe un doveroso recupero di conoscenza del passato ed un invito al rafforzamento dello spirito storico di una comunità che attualmente sembra allo sbando, capace di perdere o lasciare degradare, in poco più di un trentennio, tutti i suoi punti di forza, culturali ed ambientali.
Si ringraziano Giorgio Pietrocola e Beatrice Casola per la loro disponibilità e le importanti informazioni fornite.