Non si ferma la protesta del mondo agricolo…In gioco il futuro del settore e gli interessi dei consumatori
La protesta del mondo agricolo continua e il 15 febbraio invaderà Piazza del Campidoglio dove sono attesi oltre ventimila agricoltori provenienti da ogni angolo del paese per rivendicare i propri diritti alla sopravvivenza praticamente a rischio con le politiche nazionali ed europee sia per quanto concerne la concorrenza degli altri paesi e delle restrizioni della PAC (politica agricola comune), sia per le politiche green che limitano l’esercizio dell’impresa favorendo implicitamente chi queste regole non ce l’ha e non le rispetta. Insomma la rivoluzione verde covava nel ventre molle di un Paese che, complice il mondo della rappresentanza sindacale della categoria, si è allontanato sempre di più da quelli che sono i reali problemi quotidiani dei produttori agricoli vessati dalla grande distribuzione che impone le regole del gioco e paga il prodotto a un prezzo inferiore a quello che costa ai coltivatori.
Situazione insostenibile insieme a tutte le altre contraddizioni e deficienze di un settore alle prese con infiniti altri problemi, come per esempio la “strage delle bufale” dovuta alla brucellosi che, come hanno dimostrato inchieste giornalistiche, ha distrutto un patrimonio bufalino e con esso ridimensionato l’oro bianco (la mozzarella di bufala) eccellenza agroalimentare campana. Senza dimenticare la “peste suina” che, a macchia di leopardo, coinvolge diverse regioni italiane, Campania inclusa, creando altrettanti problemi di ordine sanitario animale e umano. Come non considerare gli scempi provocati sui terreni agricoli utilizzati come discariche legali e illegali con forti ripercussioni sulle produzioni peculiari come le actinidia (Kiwi), pescheti etc… L’inquinamento delle falde acquifere che alimentano i terreni, gli sversamenti industriali illegali.
Insomma un comparto vitale che dà da mangiare al paese ma vive una crisi cronica sempre più grave, non si sente più rappresentato dalle organizzazioni tradizionali anch’esse contestate e considerate funzionali al sistema politico. Per questo sono nate nuove sigle, i produttori si sono autorganizzati e non riconoscono gli accordi che il Governo sigla con le organizzazioni professionali. La protesta continua e rischia di farsi sempre più vigorosa perchè in gioco c’è la sopravvivenza dell’agricoltura italiana anch’essa colonizzata dalle multinazionali e da politiche europee che ne cancellano l’identità e la peculiarità fatta di eccellenze e di prodotti unici.
Tutto in nome di un’omologazione agroalimentare che danneggia non solo i produttori, ma anche i consumatori sempre più vittime di un sistema commerciale che impone le proprie regole anche a danno della salute. Una miscela esplosiva, una patata bollente nelle mani del ministro Lollobrigida chiaramente inadeguato a fronteggiare quest’emergenza sociale, economica che procede fuori dai binari che la politica predilige e che gli agricoltori contestano fortemente. C’è bisogno di riscrivere le regole del gioco, di riformare il mondo della rappresentanza che non risponde più alle logiche della categoria e che assolve ad altre funzioni sicuramente poco congeniali all’azione sindacale. Rivedere i “numeri reali” di questa rappresentanza è un passaggio obbligato perchè da essi dipendono le scelte che si andranno a fare. Gli agricoltori stanno mettendo a nudo una realtà che per troppo tempo è vissuta di rendita sulle loro spalle e sulla loro pelle. Oggi dicono basta e pretendono risposte coerenti con le loro aspettative: intanto si diano risposte concrete a livello nazionale ed europeo perchè in questa materia il ruolo dell’UE è fondamentale e bisogna saperci ragionare facendo valere il peso dell’agricoltura italiana una volta prima in Europa per produzione e qualità.