Sanità Ospedaliera in Penisola: giusto discuterne, ma senza alterare la realtà dei fatti!
L’altro giorno abbiamo pubblicato due interventi in materia di sanità di Gaetano Mastellone e Raffaele Attardi che, a prescindere da qualunque considerazione, hanno il merito di riaccendere i riflettori su uno dei temi di più scottante attualità a livello nazionale e locale su cui non si registra sufficiente attenzione da parte delle autorità amministrative e politiche del territorio, tanto più all’indomani della “crisi” provocata dal problema “ospedale unico“.
Innanzitutto in materia di salute/sanità il discorso non si esaurisce, almeno per quanto riguarda l’area peninsulare, nella soluzione di questa vertenza amministrativa-giudiziaria il cui esito, allo stato, non è possibile prevedere! In questo senso l’intervento di Mastellone pone l’accento sull’emergenza sanità che, già critica, si aggrava ulteriormente per le politiche di governo che riguardano da un lato i tagli alla spesa sanitaria (3 mld di euro in meno) e la riforma cosiddetta dell’autonomia differenziata che oggettivamente compromettono il diritto alla sanità, e quindi alla salute, del mezzogiorno d’Italia, già registrandosi una “migrazione sanitaria” dal Sud al Nord per l’inadeguatezza dell’offerta locale che grava sulle casse dello Stato, attraverso le Regioni, nell’ordine di 12 mld di euro l’anno, soldi che vengono rimborsati alla regioni del nord dove vanno a curarsi i pazienti-migranti del sud. Questo prescindendo da eccellenze sanitarie e ospedaliere campane che, nel mare magnum dell’inadeguatezza dell’attuale SSN, vengono offuscate dallo storytelling sulla malasanità oggetto anche di speculazione politica ad uso e consumo elettorale: quasi che bastasse cambiare il timoniere regionale per trasformare la situazione o, meglio, la narrazione socio-sanitaria campana che, e qui ci colleghiamo all’intervento di Attardi, fino al dicembre 2019 è stata in regime di commissariamento governativo per dieci anni, cioè amministrata direttamente dallo Stato attraverso commissari al posto della classe dirigente regionale.
Per quale ragione? Per la folle spesa sanitaria e soprattutto per le sistematiche e miliardarie ruberie poste in essere ai danni delle Asl campane, inclusa la Napoli 3 Sud. In questa situazione i direttori/commissari che si sono succeduti hanno assolto a una specifica mission: ridurre drasticamente la spesa per uscire dal commissariamento nazionale, politica che è stata attuata con tagli drastici di servizi, chiusure di reparti, blocco delle assunzioni di medici e infermieri. Nello stesso tempo sono state congelate le risorse finanziarie nazionali che sarebbero spettate alla Campania per garantire parità di trattamento e assistenza ai cittadini, risorse che ogni giorno il presidente Vincenzo De Luca ne rivendica il diritto a incassarle e perciò incalza il Governo che “fa orecchio da mercante“, aggravando una situazione che di per sè è già fortemente critica. Se a ciò aggiungiamo che a distanza di tre mesi (Febbraio 2020) dalla fine del commissariamento governativo è scoppiata la pandemia covid-19 ci rendiamo conto di come si è dovuta affrontare, insieme all’esigenza di ripresa della sanità pubblica, questa calamità socio-sanitaria in Campania: senza risorse e soprattutto senza personale.
Attardi nella prima parte del suo intervento inquadra la problematica relativamente alla situazione che porta alla costituzione degli Ospedali Riuniti della Penisola Sorrentina così come spiega le ragioni per cui nelle due strutture, dove si dovevano svolgere attività differenziate, si è poi finiti col duplicare alcune reparti e servizi con le inevitabili disfunzioni che ne sono conseguite in termini di efficienza, di risorse umane, professionali e finanziarie. Il suo ragionamento prende poi un’altra piega quando passa a ragionare del progetto del nuovo Ospedale a Sant’Agnello per il quale (come fanno tutti i detrattori a prescindere del problema) sorvola disinvoltamente sulle ragioni che hanno ispirato l’intera classe politico-amministrativa peninsulare, col supporto di quella regionale dell’epoca e di parlamentari nazionali, nel prospettare la realizzazione del nuovo ospedale la cui ubicazione fu congiuntamente e unanimamente individuata nella sede dell’attuale distretto sanitario 59, già ospedale “M. Lauro” e, essendo frutto di un lascito al comune, destinato per volontà dei proprietari a diventare un ospedale a servizio dell’intera penisola sorrentina (basta consultare gli atti). Attardi spiega che l’insostenibilità delle due strutture sta alla base della scelta di trasformarli in “ospedali riuniti” e questo risponde alla necessità di far quadrare i conti e i numeri come prescritto dalla riforma che, se attuata tout court, avrebbe portato alla soppressione dei due ospedali con accorpamento a Castellammare di Stabia, quindi per un’utenza complessiva di circa 150mila abitanti sufficiente a giustificare una determinata struttura con altrettanti servizi e dotazione di personale.
Per scongiurare questa eventualità sindaci e consigli comunali dell’area, inclusa Positano, cominciarono a lavorare alla progettazione di massima di una struttura che rispondesse alle esigenze del territorio e che potesse scongiurare la perdita dei due ospedali, entrambi inadeguati a soddisfare le esigenze di una moderna sanità ospedaliera peraltro in un territorio dove al numero dei residenti si sommano per 8 mesi l’anno quelli dei turisti col risultato di moltiplicare in modo esponenziale la domanda di assistenza dalla primavera all’autunno. L’eventualità che questo progetto, o sogno, si realizzasse era molto remota e di questo ne erano tutti consapevoli: in primis la giunta regionale di centro-destra guidata da Stefano Caldoro che supportò la nascita e l’incubazione del progetto anche con atti formali assunti a prescindere dalla indisponibilità delle risorse finanziarie. Un progetto che sembrava destinato a restare nel cassetto dei sogni (forse per questo nessuno degli attuali oppositori all’epoca non si espressero sull’argomento) e che invece cominciò a prendere forma e sostanza e che l’amministrazione-De Luca succeduta a quella di Caldoro si ritrovò tra le mani, ma non l’accantonò pregiudizialmente!
Questo è un dato importante, sul piano politico, perchè Attardi come altri opinionisti od oppositori del progetto spacciano l’operazione ospedale unico come un’imposizione del governatore De Luca e non già per quello che è: la soddisfazione di una domanda proveniente dal territorio e ribadita unanimamente fino al momento in cui sono stati resi disponibili alla Regione Campania i fondi nazionali per la sanità ospedaliera che erano stati congelati e che assommano a 1 mld e 150milioni di euro circa. Denaro da investire per ricostruire la rete ospedaliera campana, scelta che è stata operata dalla Giunta e che interessa una ventina di realtà ospedaliere. Il finanziamento del progetto ospedale unico nasce da qui, dalla ribadita volontà dei proponenti, enti locali e asl napoli 3 sud, di realizzare il nuovo ospedale a Sant’Agnello. In questo contesto l’opera assume il valore di un intervento strategico di riassetto della sanità territoriale, in ossequio ai nuovi indirizzi nazionali e agli accordi Stato-Regione, per cui gli attuali nosocomi di Sant’Agnello e Sorrento, se realizzato il nuovo ospedale, andranno ad assumere una funzione di ospedali di comunità con una mission socio-assistenziale differente da quella squisitamente ospedaliera. Nelle more l’Asl ha varato alcuni interventi significativi per assicurare, nel periodo di transizione, servizi adeguati come per esempio la nuova rianimazione, la nuova ortopedia e si parla anche di una nuova medicina.
Se si prescinde da tutto ciò come si può parlare, da parte degli addetti ai lavori, degli amministratori locali, degli operatori sanitari, dei cittadini stessi di una futura sanità peninsulare? Intanto a Castellammare di Stabia in estate prenderanno il via i lavori per la costruzione del nuovo ospedale nel sito delle nuove terme, una struttura destinata a diventare un polo sanitario ospedaliero strategico cui ovviamente guarda benevolmente il Comune di Vico Equense che ha tutto l’interesse a veder realizzato questo ospedale che è molto più prossimo alla città rispetto a quello di Sant’Agnello. Per questo motivo continua a richiedere (pur sapendo di non ottenerlo) il potenziamento del “De Luca e Rossano” assecondando un’altra narrazione strumentale ad uso e consumo politico interno e che spiega le ragioni della mancata costituzione al Tar dell’Amministrazione equense, nonostante la stessa sia stata tra i proponenti dell’ospedale a Sant’Agnello.
Sull’avvenuta costituzione in giudizio innanzi al Tar (ad adiuvandum dei ricorsi di Asl, Commissariato e Regione Campania) da parte degli altri Comuni è evidente che ne avevano l’obbligo proprio perchè co-proponenti e co-interessati, avendolo peraltro ribadito nella famosa lettera inviata in extremis al sindaco di Sant’Agnello per dissuaderlo dall’intento di bocciare il progetto. Lettera sottoscritta anche dal sindaco di Vico Equense che però ha scelto di farsi da parte: ci sia consentito non certo per benevolenza nei confronti del collega santanellese, ma per comprensibile opportunismo politico. Sic stantibus rebus prepariamoci a emigrare almeno a Castellammare di Stabia non appena sarà pronto il nuovo ospedale e quando ormai i nosocomi peninsulari avranno tirato le cuoia per la buona pace di una sparuta, ma rumorosa minoranza.