A breve Sorrento “chiude” in attesa della Pasqua… Ma si può ragionare all’unisono?
di Luigi Poi
Tra pochi giorni Sorrento e tutta la Penisola che porta il suo nome vedrà chiudere molti esercizi commerciali e turistici (purtroppo qualcuno per sempre) per poi riprendere l’attività un paio di settimane prima di Pasqua. E’ il tradizionale letargo delle cittadine con vocazione prettamente turistica specie se la stragrande maggioranza dei visitatori proviene dall’estero. Ad onor del vero è parso ed è stato già fatto notare che per queste festività molti alberghi sono rimasti chiusi, non tanto e non solo quelli di periferia e delle cittadine circostanti, ma anche in pieno centro. La concorrenza di Napoli pesa! E pesa ancor di più quando si vive di una economia essenzialmente basata su un sistemo produttivo e occupazionale monocorde, cioè incentrato su una netta prevalenza di una sola offerta produttiva e occupazionale: appunto il turismo. E’ chiaro che bisogna incominciare a pensare come volare più alto, come abbandonare sterili campanilismi, come trovare nuove e coraggiose soluzioni per risolvere annosi problemi, come puntare su moderne e innovative vie di trasporto nettamente e specificamente orientate a far scomparire dalle strade parte dell’inferno di auto che purtroppo ci caratterizza negativamente, come spendere con buon senso e con precisa finalità il ricavato della tassa di soggiorno resistendo alla tentazione di sprecarlo per acquisire clientela elettorale.
Le centinaia di migliaia di visitatori che arrivano da tutto il mondo grazie anche al buon funzionamento dell’aeroporto di Capodichino (che tra l’altro nel 2024-2025 sarà collegato alle principale rotte viarie e ferroviarie) hanno, ancora una volta, mostrato lungo tutto il 2023 tanta pazienza e spirito di sacrificio sopportando stoicamente il cattivo funzionamento della Circumvesuviana, il disastroso servizio di trasposto su gomme verso la Costiera Amalfitana, i disagi dell’overtourism, l’inquinamento atmosferico ed acustico, gli intasamenti del traffico dalle gallerie e in particolare dalla Chiesa di Meta per tutto il corso Italia (mezza carreggiata della Meta – Amalfi impegnata come parcheggio!).
Manca una unica visione di futuro per tutta la Penisola Sorrentina da Vico a Massa Lubrense!
Cosa buona e giusta che alcune associazioni (Confcommercio Sorrento, Confindustria e Atex Penisola Sorrentina) della imprenditoria turistica si sono responsabilmente accordate per rappresentare unitariamente le proprie proposte e i propri suggerimenti. Ma come si fa a dialogare con sei amministrazioni comunali con obiettivi e posizionamenti politici diversi e divergenti? Ancora cosa buona e giusta è stata la rielezione di Costanzo Iaccarino alla presidenza Regionale di Federalberghi, ma le redini del gioco restano nelle mani della politica e della burocrazia locale e regionale che non hanno mai avviato seri e concreti progetti per risolvere gli innegabili, storici e arcinoti malanni del nostro territorio e le sue cronache deficienze che, pur essendo sotto gli occhi di tutti, non sembrano trovare spazio nei disegni e nella progettualità di chi “comanda“.
Un esempio per tutti: le misure del PNRR per lo sviluppo di fonti di energia rinnovabili e la disponibilità di investimenti legati alla transizione ecologica. Cioè l’obiettivo di promuovere lo sviluppo sostenibile di comunità locali, nei territori sia rurali che di montagna, le cosi dette GREEN COMMUNITIES (importo a disposizione da allocare 135milioni). Fondi che in Campania sono andati ad otto comunità montane e in Italia a ben 33 Unioni di Comuni con importi che variano da un massimo di 4.300.000 a un minimo di 2.000.000. Tanto per dire che l’Unione dei Comuni è oramai una istituzione che altrove funziona e serve bene le proprie cittadinanze.
Conforta, grazie al cielo, che le nostre problematiche non hanno scoraggiato i visitatori ma che, come scritto, da La Repubblica a fine anno (riferendosi anche al “boom“ di Napoli), possano nel tempo e piano, piano erodere i numeri di questo successo. “Possiamo supporre ottimisticamente che questo flusso duri sempre, in qualche modo si autoalimenti e sostenga nel tempo. O, con maggiore realismo, dobbiamo essere consapevoli che la fortuna prima o poi può evaporare!“ In effetti non si tratta di “fortuna“ come comunemente intesa, ma come buona ventura o ancor meglio come provvidenza, cioè quella sorte benigna di aver ereditato un patrimonio unico di ricchezza artistica e culturale e un paesaggio che, pur ferito e colpito duramente, è ancora in grado di suscitare meraviglia, stupore e apprezzamenti. Non da meno possiamo includere, in questo caso grazie a centinaia di validi artigiani ed imprenditori della ristorazione, una tradizione gastronomica di primo piano. Un fenomeno, per la verità, nazionale ed intenzionalmente riconosciuto. A decretarlo è anche “TasteAtlas, l’Atlante del Gusto che nella sua classifica sancisce “Italians do better“ e pone l’Italia al primo posto seguita dal Giappone e dalla Grecia.
Con soddisfazione si apprende che la Campania trionfa, con il primo posto tra le regioni con il cibo migliore al Mondo. Queste le sue eccellenze: pizza, mozzarella di bufala, parmigiana, sugo alla genovese, mozzarella in carrozza, linguine ai frutti di mare, provolone del Monaco e , udite udite, limoncello di Sorrento.
Nella classifica dei primi dieci piatti di pasta più conosciuti e apprezzati dai buongustai di tutto il pianeta ben nove sono italiani: pappardelle al cinghiale, linguine allo scoglio, pesto alla genovese, pasta alla carbonara, tagliatelle e lasagne alla bolognese, pasta alla gricia che occupano saldamente le prime sette posizioni. Insomma a tanta bellezza e grandezza del patrimonio monumentale, archeologico e artistico che può essere visto non solo con gli occhi ma anche con la mente e sentito col cuore si somma anche il piacere del gusto! Chiaramente e inconfutabilmente il pezzo forte resta sempre il potente e universale patrimonio culturale tramandatoci dall’impero romano, dalla Chiesa cattolica e dai Principi e dalle Signorie del Medioevo e del Rinascimento firmato da grandi geni come Leonardo da Vinci, Michelangelo, Brunelleschi, Raffaello, Caravaggio, Botticelli, Tintoretto e tanti altri. Grandiosità e magnificenza che ci è servita non solo per affermarci nel campo culturale ma anche come crescita dell’economia turistica e per attuare migliori dimensioni della vita civile e sociale.
Ciò nonostante la nostra nazione non è posizionata tra i primi Paesi al mondo con più musei, da noi le strutture museali sono solo 3.200; la Germania che non può vantare una tradizione artistica e una raccolta di reperti archeologici come la nostra ne conta 6.200.
Eppure i visitatori dell’Italia al 75% la scelgono per il patrimonio artistico ed archeologico (punto di forza qui da noi la vicina Pompei), alto anche il gradimento degli stranieri per le bellezze naturali e per la cucina mediterranea. Cucina e prodotti della filiera gastronomica, agricola e vinicola che hanno contribuito non poco all’affermazione del made in Italy e di conseguenza al mantenimento del PIL e al successo dell’export tricolore. Ma sono tanti i ritardi e le manchevolezze che vedono corresponsabili la politica, la GOP (Grande Onnipotente Burocrazia), le decine di migliaia di leggi, ordinanze, regolamenti, vincoli che hanno impedito o rallentato nei decenni la realizzazione di opere pubbliche e anche l’esplosione di autonomia e libertà delle Comunità locali nella gestione, conservazione ed esposizione del proprio immenso patrimonio artistico ed archeologico .
“ ‘A cera se struje e ‘a prucessione nun cammina“!
Abbiamo ancora tempo per recuperare, per avviare un percorso di sburocratizzazione e per uscire dal groviglio legislativo (15.500 provvedimenti di legge con circa 160.000 norme, la Francia ne conta 7.000, la Germania 5.500, nel Regno Unito 3.000)? E noi in Penisola riusciremo a superare il campanilismo municipale, a volare alto, ad affidare la progettazione del territorio a grandi urbanisti, a migliorare nella capacità di intercettare fonti di finanziamento riflettendo e decidendo come una grande e sola comunità dalle pendici del Faito alle insenature di Crapolla e Sant’Elia?
Un commento
Antonino De Gregorio
Grande Luigi