Il quadro dell’Arcangelo Michele nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie
Nell’ultimo “opuscolo” pubblicato per illustrare la bellezza della chiesa di Santa Maria delle Grazie a Sant’Agata sui due Golfi, stampato da Nicola Longobardi con i testi di Antonio Ferrara, risalente al 30 ottobre 1989 su volere di Don Nicola De Maria , alle pagine 52-53 possiamo leggere del quadro dell’Arcangelo Michele, situato a parete nella seconda cappella a destra dell’entrata principale. “Troviamo una tela con San Michele della fine del XVII sec. L’arcangelo, con una armatura azzurra e un manto rosso, brandisce una spada con la mano destra e preme il piede sinistro sul corpo di Satana che fuoriesce da rocce ardenti. Il dipinto è una parziale ripresa dell’analogo soggetto svolto da Luca Giordano in due momenti: il San Michele arcangelo ora a Vienna, databile alla metà del ‘600 ed il San Michele di Torino, databile 1660-62”. Premesso che si tratta di un dipinto di ottima fattura, bisogna comunque far notare che esso è firmato (G. Esposito) e quindi sicuramente non databile al XVII sec.; errore dovuto probabilmente al non aver notato la firma dell’autore in basso nella parte scura del dipinto. Inoltre avendo la Chiesa molti quadri del XVII sec., come la bellissima Madonna del Rosario attribuita a Giovanni Vincenzo Forlì datata 1622, si è ritenuto anche il dipinto dell’Arcangelo coevo. Sulla firma non ci sono dubbi come dalla foto che correda questo servizio e quindi trattandosi quasi sicuramente (agli esperti la conferma) di Gaetano Esposito, maestro di fine ottocento, anche la data deve essere spostata di due secoli in avanti.
Nel luglio 1991 nella interessante e preziosa raccolta di notizie tratte dai bollettini parrocchiali, dal 1925 al 1935, la maestra e scrittrice Elisabetta Aversa pubblicò questa utile notizia raccolta dal bollettino del marzo 1930. Il 5 febbraio di quell’anno in occasione della visita del Mons. Arcivescovo di Sorrento si procedette alla benedizione “della nuova cappella, dell’organo monumentale, della nuova sacrestia e del bel quadro di San Michele (quest’ultimo raffigura l’Arcangelo vittorioso su Satana, secondo l’interpretazione di Guido Reni. L’originale è conservato a Roma nella Chiesa di Santa Maria della Concezione)“. Evidentemente all’estensore della pubblicazione del 1989 sfuggì questo resoconto storico. Elisabetta Aversa si spinge romanticamente un po’ oltre! “Quadro di San Michele. Nella posa per la riproduzione si presentarono tre santagatesi: Margherita Celentano per il volto, Luigi Cilento per le gambe e Luigi Riccio di Graziello per Satana”! Per la verità il riproduttore, come si evince dal confronto fotografico, si attenne scrupolosamente ai lineamenti fisici ed alle fisionomie del Reni; forse si avvalse di questi modelli paesani per le proporzioni e per qualche particolare anatomico? La notizia è comunque un’altra conferma che si tratta di un dipinto dei primi decenni del novecento, anche se priva dell’ indicazione dell’autore. Come nessuna notizia viene fornita dal volumetto “Ricordo di S.Agata Sui Due Golfi e Deserto di Massa Lubrense- Stazione Climatica“ di Mons. Dott. Carlo Petrelluzzi, Parroco., anni trenta.
Dunque più che una “copia“ delle citate opere di Luca Giordano (Napoli , 18 ottobre 1634 – Napoli, 12 gennaio 1705 – uno dei principali esponenti della migliore tradizione pittorica del seicento ed in particolare della” scuola napoletana”) si riconferma la totale rassomiglianza (tranne qualche piccolo dettaglio) all’Arcangelo Michele di Guido Reni (Bologna , 4 novembre 1575 – Bologna 18 agosto 1642- tra i principali esponenti della scuola emiliana del XVII insieme al Domenichino ed al Guercino). E’ da tener presente che si tratta di soggetto molto utilizzato nella iconografia cristiana in tutte le sue forme d’arte. Nella pittura è sempre stato importante il riferimento alla raffigurazione del San Michele Arcangelo (angelo divino, messaggero e guida) di Raffaello del 1518 ancora oggi conservato nel museo del Louvre di Parigi. Sembra opportuno dare al lettore di “politicainpenisola“ la possibilità di un confronto con la foto dell’opera del Reni proposta qui a fianco. Se non fosse per la differente luminosità che dipende dallo stato di conservazione e dai lavori di restauro a cui entrambi i quadri sono stati sottoposti si potrebbero, almeno agli occhi più ingenui e meno critici, definire identici. Bisogna chiarire che il fatto che il quadro sia più “moderno“ nulla toglie alla sua ottima confezione pittorica e al suo valore sia veniale sia artistico. Infatti dovrebbe trattarsi di una opera di Gaetano Esposito (nato a Salerno nel 1858 e trovato morto suicida a casa di una sorella a Sala Consilina nella primavera del 1911). I quadri di quest’artista sono esposti nelle principali Gallerie Nazionali e musei italiani. Fu amico di Morelli e Mancini e gli è sempre stato riconosciuto il merito di aver cambiato i modi della ritrattistica ma nel contempo di essere sempre rimasto fedele alla tradizione napoletana della rappresentazione di vedute come i suoi maestri e colleghi Gigante, Morelli, Filippo Palizzi.
La sua opera più conosciuta ha come soggetto il “Palazzo Don’Anna a Posillipo”. Se fosse così dobbiamo presumere che il quadro della Chiesa di Sant’Agata dovrebbe risalire all’inizio del novecento. Anche se poco conosciuto resta intatta la sua bellezza, la perfetta tecnica e la perfezione riproduttiva del capolavoro del Reni. La figura di Satana, prostrato e sottomesso al suolo e il corpetto dell’armatura sono praticamente lo specchio dell’originale. Nel 2000 con la fondamentale e generosa sponsorizzazione di Nicola Di Martino, “patron“ della farmacia Due Golfi e oggi affermato imprenditore nel campo farmaceutico insieme ai figli Saverio e Raffaella, e sotto il controllo della sovraintendenza di Napoli (delegato alla dottoressa Maietta) i quadri della Chiesa furono oggetto di un salvifico lavoro di restauro e riportati alla loro più lucente bellezza. I restauratori provenivano da uno studio specializzato di Via Crispi a Napoli e anche ai loro esperti occhi il quadro di “Esposito” fece il suo effetto. Dai documenti che gentilmente il dott. Di Martino ci ha messo a disposizione abbiamo la conferma che non è una opera del diciassettesimo secolo, ma manca ogni indicazione sull’autore. Infatti dalla scambio di corrispondenza tra la Soprintendenza e il parroco di Sant’Agata sui due Golfi Don Salvatore Starace e il generoso benefattore (il nostro farmacista sborsò sessanta milioni – negli anni 2000-2001 erano una consistente cifra – riservatamente e senza mai richiedere riconoscimenti e gratitudine) veniamo a conoscenza di due importanti informazioni. Il San Miche Arcangelo “è risultata esser una copia contemporanea e non è stata sottoposta a rifodero“ e La Madonna della tazzina, olio su tela, è effettivamente da attribuirsi a Francesco De Mura (Napoli 21 aprile 1696 – Napoli 19 agosto 1782). Inoltre la Soprintendenza per il patrimonio artistico di Napoli, all’epoca ben retta dal professore Spinosa, provvide a consegnare il certificato (13 settembre 2001) di regolare esecuzione per il recupero di cinque opere pittoriche vedi documento a margine di questo scritto.
Il benefico salvataggio di questo patrimonio artistico forse è passato troppo sotto traccia e senza il dovuto plauso. Sarebbe stato saggio e giusto dare più informazioni su questa operazione sia per rimembranza storica, sia per far meglio percepire che, oltre all’incredibile e meraviglioso capolavoro dell’ altare di Dionisio Lazzari, la Chiesa vanta altre opere d’arte ed infine per prendere atto che il farraginoso iter burocratico che condiziona anche il campo della cultura può essere superato quando si ottiene il munifico intervento di un imprenditore illuminato. La storia è piena di questi episodi di munificenza e liberalità grazie ai quali in uno con la bravura e la genialità artistica italiana ci possiamo vantare di tanta bellezza e di tanta ricchezza che tutto il Mondo ci invidia.
Chi commissionò e pagò l’opera di G. Esposito? All’epoca le Chiese erano affollate e le offerte generos ! Oggi le chiese sono sempre più vuote, solo un italiano su 5 frequenta le funzioni religiose e il 31% non è mai entrato in un luogo di culto cattolico). E’ effettivamente l’artista Gaetano Esposito a cui ci siamo riferiti? Quanto fu pagato? Chi scelse il pittore? Interrogativi interessanti e meritevoli di approfondimento! Il Presidente dell’archeoclub Lubrense, altro massese benemerito, Stefano Ruocco, a breve coinvolgerà alcuni studiosi di pittura dell’ottocento per l’identificazione definitiva dell’autore della bella opera di pittura religiosa. Purtroppo “il mondo ricompensa più spesso le apparenze di merito che il merito vero – Francois De La Rochefoucauld“.