Il turismo italiano col vento in poppa salva il Pil nazionale
di Luigi Poi
Senza andare lontano è sufficiente dare uno sguardo alla vicina Pompei dove i visitatori già nel 2022 erano poco meno di tremilioni (il triplo rispetto al 2021). Ora anche i numeri del primo quadrimestre del 2023 parlano chiaro: stiamo assistendo ad un boom nei termini di un aumento del 127% sullo stesso periodo del 2022 e addirittura in aumento rispetto al 2019 del 6%! Di conseguenza le casse dei botteghini della antica città romana, miracolosamente custodita dalle ceneri del Vesuvio, si riempiono del 162,5% in più rispetto al 2022 e del 6% sullo stesso periodo del 2019. E comunque buone notizie arrivano da tante altre località turistiche e dalle stesse grandi città storiche, non di meno dalla Penisola Sorrentina e dalla Costiera Amalfitana, Capri e Ischia, Napoli e dal Cilento. In Campania abbiamo una potenzialità di 6 milioni di arrivi e 21 milioni di presenze. Dal Ministero del Turismo si mostra soddisfazione perché oramai si consolida il contributo al PIL del 14% abbondante (senza tenere in conto il tanto sommerso). Infatti si punta a 130milioni di arrivi e 450milioni di presenze. E’ miele da raccogliere da parte dei tanti operatori del settore e da quelli dei comparti collegati. Ed è anche tanta manna per le casse dei comuni, regioni e Stato.
“Il grillo disse un giorno alla formica: il pane per l’inverno lo hai fatto!”
Del resto i primi segnali erano già arrivati con i dati nazionali (parziali) del 2022: “l’imponibile Iva di ristorazione e ricettività cresce con punte superiori all’85%, vola anche l’imposta di soggiorno che risulta in aumento del 194%“ (l’anno di paragone è il 2021).
All’inverso già nel primo trimestre dell’anno in corso si registra una stagnazione della produzione industriale. Ad aprile il manifatturiero fa segnare un calo del 7-8%. In fabbrica si produce di meno, lo scrive Il Sole 24 ore spiegando che “marzo, comunque, è stato un altro mese NO per le fabbriche italiane“. Il Centro Studi di Confindustria rileva la frenata degli investimenti nel 2023, solo lo 0,2% anche se non manca ottimismo per il 2024 con una previsione di + 2,0%. Anche l’ISTAT ci aggiunge del suo registrando un calo della produzione industriale con una media mensile tra lo 0,5% e lo 0,7%, complessivamente “una prevedibile contrazione del 3,2% rispetto all’anno precedente“. Eppure c’è una stranezza negli ultimi dati macroeconomici perché il Pil continua a crescere, “più che in altri Paesi Europei, e anzi di recente la previsione per l’intero anno è stata aumentata all’1,2%”. La “stranezza“ di cui parlano e scrivono alcuni economisti e opinionisti della Tv e carta stampata smentisce il vecchio assioma “senza industria non si cresce“, in quanto sono servizi e turismo a mantenere ben dritta e salda la barra dell’economia. Un specie di osmosi di solidarietà nazionale!
Durante la pandemia e l’anno successivo l’industria ha salvato i conti “tricolori“, ora sono le attività del terziario a far impallidire gli “amici“ europei che sono invece in affanno per calo degli ordinativi, inflazione e aumento del costo delle materie prime. Restano al palo essendo privi della forza di una gastronomia di grande attrazione e qualità come la nostra, carenti di un patrimonio monumentale, storico ed architettonico come quello italiano, sforniti di mare, cielo e terra “di cotanta bellezza da godere“ (come si scriveva una volta sui depliant turistici). Quindi “Tutto bene madama la marchesa?”. Non proprio. O, almeno, vale solo per i profitti di tutte le attività legate strettamente al turismo e quelle da esso indotte.
Del resto i dati statistici in materia economica sono spesso contraddittori e non omogenei; la strada giusta dovrebbe essere analizzarli in una visione complessiva e non isolatamente. Succede che, al di là degli addetti al lavoro, spesso vengono divulgati con la necessità di fare sintesi e per non allontanare i lettori poco disposti ad avventurarsi in letture specialistiche e presuntuosamente didattiche. Inoltre la linea editoriale cede a parametri di misura meramente statistici e matematici e quindi assistiamo a valutazioni alquanto diversificate. Tirare l’acqua al proprio mulino!
Basta una attenta rassegna stampa delle ultime settimane per permetterci queste considerazioni.
Da “Il Quotidiano del Sud“ apprendiamo che il Meridione è il “nuovo motore di lavoro e industria“, addirittura con una grande crescita dell’occupazione e in grado di attrarre capitali internazionali. Specificando che mentre “la Germania affossa la situazione dell’industria Europea, l’economia italiana cresce più di tutti grazie alle esportazioni extra-europee ed ad un boom di turismo e servizi con il Sud“. Inoltre il Sud può rappresentare “un grande hub del Mediterraneo“ e quindi in grado di favorire investimenti di capitali internazionali. Per quanto riguarda l’occupazione, dimenticando il grande esodo dei giovani verso il nord e per i più qualificati anche verso nazioni straniere in corso da decenni, si annota che per il primo trimestre del 2023 su 474mila nuovi occupati in Italia con lavoro stabile (a tempo indeterminato) “il 55.3% (262.000) riguarda il Mezzogiorno con un tasso di crescita occupazionale (4,4%) più del doppio rispetto alla media nazionale -+ 2,1% ”. Non gli fa da sponda il “Corriere del Mezzogiorno“ che, facendosi forte della pagella annuale ISTAT, boccia alcune regioni meridionali, in particolare la Campania, che giacciono “in fondo alla classifica per speranza di vita, spesa sanitaria, smaltimento rifiuti, occupazione e reddito familiare”. Addirittura il Centro Studi Confcommercio, nella “Nota sulle economie regionali“ pubblicata il 7 giugno, scrive: “il prodotto interno lordo del Mezzogiorno aumenterà quasi tre volte MENO rispetto al Nord (+ 0,5% contro +1,4% ) e ci saranno REGIONI A CRESCITA ZERO: Calabria e Sardegna rispetto invece alla Lombardia che cresce +1,7%. La Campania si attesterà sul dato-Sud + 0,5%. Si acuisce , insomma, il divario Nord-Sud , anche per effetto del calo demografico che a fine anno vedrà la popolazione italiana ridursi di quasi un milione di persone rispetto al 2019 , la metà solo nel mezzogiorno”.
UBI EST VERITAS?
Anche il “Il Sole 24 ore“ non fa da eco al QN tenendo presente che le regioni del Sud vedono un reddito familiare di poco meno di 27mila euro rispetto alla media nazionale di circa 33mila. In questo concorda Il Corriere che evidenzia che Campania e Calabria sono “le regioni dove la diseguaglianza, misurata in termini di concentrazione del reddito, è più elevata“, aggiungendo che la povertà relativa (reddito familiare disponibile al di sotto della soglia di povertà) si concentra in particolar modo nel Sud (20,8 %). Al di là delle problematiche regionali il fattore determinante resta la crescita del Pil Nazionale. Quindi la contraddittorietà dei dati di riferimento, produttività, investimenti, costo del denaro, inflazione, debito pubblico, credito bancario (questa’anno le imprese hanno pagato un interesse passato dal 1,4% al 4,5%), i consumi delle famiglie, indice produzione industriale destina all’export, occupazione non sembrano dare una immagine certa e solida.
Insomma bianco e nero, aspettare è consigliabile anche perché siamo solo a metà del 2023. C’è ancora l’incognita del costo delle materie prime stando una guerra in corso a rischio espansione e considerato le tensioni in medio Oriente, la ribellione delle banlieue francesi, l’intensificarsi dei costi di una immigrazione inarrestabile. L’inflazione cerca ancora di alzare la testa e la sig.ra Lagarde, convinta assertrice degli interessi economici Franco-Germanici, erroneamente insiste nell’aumentare il costo del denaro (per di più annunciato pericolosamente con grande anticipo), provvedimento che scoraggia gli investimenti e mette in difficoltà anche le famiglie e le imprese che devono ricorrere a mutui o che hanno contratto mutui a tasso variabile; inoltre alla distanza incide negativamente sui Paesi che hanno un eccessivo debito pubblico. Anche perché troppa immondizia è stata nascosta a lungo sotto il tappeto e “non c’è bacchetta magica per farla sparire“ a meno che non vengano introdotti “strumenti atti a contenere ed a eliminare le varie forme di speculazione che imperversano liberamente sui mercati“ M.Lettieri e P.Raimondi ( 6 febbraio 2023 – Italia debole ).
Unico punto di convergenza e di concordia resta dunque la positiva performance del turismo su cui la speculazione internazionale e i provvedimenti “anti Italia“ della burocrazia Europea (fratelli coltelli) poco riescono ad incidere.
“L’ennesima dimostrazione del valore strategico di un comparto su cui si versano fiumi di belle parole ma in concreto pochissime risorse“ V. Messina – Presidente di Assoturismo Confesercenti.
Egoisticamente guardando al nostro orticello, in conclusione, possiamo solo essere lieti che la nostra area storicamente dedita all’attività turistica, grazie soprattutto alla felice mano del Supremo Artefice o di chi per Lui e alla sapienza dei nostri avi, potrà mettersi al sicuro con gli introiti del turismo, della gastronomia, del commercio e di quel che resta dell’artigianato. Ma illuderci che questa fase virtuosa dell’economia turistica possa farci da scudo da future turbolenze geopolitiche o da crisi finanziarie internazionali come quella del 2008 è un errore da zero sul quaderno dei compiti. Le previsioni più attendibili sostengono che nel 2023 a Sorrento si conteranno circa 800.000 arrivi, con la esclusiva caratterizzazione che oltre l’80% di essi saranno stranieri, cosa che ci differenzia da tante altre località campane. Questo periodo di prosperità per le casse private e pubbliche rischia di allontanare l’interesse a migliorare (qualità vita, convivenza comunità locale – visitatori, efficienza dei servizi pubblici, snaturamento, etc.etc.) e non stimola a mettere mano a tutti quei problemi che bene conosciamo e che non vale nemmeno più la pena di continuare ad elencare.