Campania,  Sant'Agnello

In Penisola si deve respingere ogni logica omertosa se si vogliono emarginare i criminali

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Claudio d’Esposito

Che cosa differenzierebbe la Penisola Sorrentina da quelle realtà mafiose dove l’omertà regna sovrana e ostacola qualunque processo di tutela della legalità incentivando così comportamenti criminali ai danni della comunità? Fuor di dubbio la prontezza di denunciare all’autorità giudiziaria vicende riprovevoli di cui si è stati testimoni a tutela della vittima e del diritto. La violenta aggressione patita da Claudio D’Esposito, presidente del WWF Terra delle Sirene, da parte di un noto imprenditore edile con precedenti penali per associazione camorristica, è servita ad alzare il velo su due problematiche: la crescente presenza e ingerenza nella vita socio-economica peninsulare di esponenti della malavita organizzata, in secondo luogo il timore di chi ha assistito all’aggressione ad adempiere al dovere civico della testimonianza per paura di subire ritorsioni da parte del responsabile dell’aggressione! I tanti messaggi indirizzati a Claudio testimoniano la partecipazione collettiva a un dramma che avrebbe potuto avere esiti anche tragici, ma quello che, almeno finora, manca è la disponibilità degli spettatori di quanto accaduto a Sant’Agnello di rendere testimonianza all’autorità giudiziaria per consentire alla Magistratura di perseguire e punire chi si è reso responsabile di tale vile comportamento.

Se in Penisola Sorrentina oggi si respira aria di timore per le possibili ritorsioni che questo personaggio potrebbe mettere in atto nei confronti di chiunque osi denunciarne il comportamento, allora le autorità politico-amminsitrative in primis hanno il dovere di interrogarsi sulla gravità di una situazione che di fatto assimila la terra del mare e dei limoni a un qualunque comune dell’hinterland camorristico, mafioso, ‘ndraghetista dove coprirsi gli occhi e tapparsi le orecchie è la regola. La manifestazione di solidarietà che le associazioni hanno indetto per il 4 aprile a Sorrento è la prova che esiste una società civile ancora sensibile  e disponibile a scendere in piazza per dire no a qualunque forma di violenza. Ma non basta, perchè se c’è una parte della comunità che ha paura di fare il proprio dovere, vuol dire che il sistema-paese in cui viviamo è ben diverso da quello che crediamo sia e che proponiamo come modello.

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