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“Vecchi e nuovi spettri per un mondo in bilico” di Raffaele Lauro. Anteprima

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Pubblichiamo, in anteprima esclusiva, per gentile concessione della GoldenGate Edizioni, l’articolo che conclude il quarto ed ultimo volume, sempre in formato digitale, del “Diario politico (2018- 2022)” di Raffaele Lauro, dal titolo “Vecchi e nuovi spettri per un mondo in bilico”, con la prefazione del giornalista Antonio Manzo.
Politica in Penisola ringrazia la casa editrice e l’autore per aver consentito di seguire, editorialmente, passo dopo passo, nell’arco di cinque anni, questa poderosa raccolta di commenti politici, economici e sociali (più di 1500 pagine). Un documento significativo, originale e attualissimo sulla storia recente dell’Italia, dell’Europa e del Mondo.
L’e-book sarà pubblicato on line la prossima settimana e, come i tre precedenti, sarà scaricabile gratuitamente dal sito web dell’autore (www.raffaelelauro.it) e dal nostro giornale on line!  Da parte nostra auspichiamo che l’intero diario di Lauro possa essere pubblicato, in futuro, anche a stampa, perché rappresenta, anche per i giovani, una testimonianza esemplare di libertà di pensiero e di espressione, di lucidità di analisi, di intelligenza politica e di profonda cultura, mai piegata ad ideologie di parte e sempre aperta ad un dialogo costruttivo.

In questo ultimo scritto di Raffaele Lauro, che merita una lettura lenta e attenta per carpirne il significato più autentico e le implicazioni a 360gradi che conseguono alle “scelte” di un’umanità vittima di sè stessa, impressiona non poco il concetto di “rinuncia al futuro” come implicita conseguenza del tragitto intrapreso dall’uomo del terzo millennio.
Una società che mette disinvoltamente in gioco il proprio futuro lascia davvero poco spazio alla speranza di un’inversione di rotta di cui, ahimè, non c’è traccia nello scritto di Lauro, analista disincantato, schietto e profondo di questo tempo dove smarrita appare la memoria, e con essa la consapevolezza, dell’estrema fragilità del nostro mondo che, indifferenti, continuiamo a violentare.
Considerazioni, quelle di Lauro, che impongono una reazione morale e culturale delle coscienze non ancora asservite a logiche disumane. Coscienze che sappiano perciò rivolgere lo sguardo a una nuova stella polare visibile però soltanto a chi coltiva il desiderio e la volontà di individuarla in tutto questo nero che ci circonda e ci confonde. ViC

 

di Raffaele Lauro

Con queste brevi considerazioni finali, concludo il mio diario politico (2018-2022), che raccoglie i miei commenti, in ordine cronologico di pubblicazione, nell’arco di cinque anni, anche nella responsabilità, dal 2020, di segretario generale di Unimpresa, sulla politica interna del nostro paese, compresa quella economico-finanziaria e sociale, nonché sulla politica estera, di fronte a uno scenario geopolitico mondiale, in perenne movimento e reso ancora più fragile, quasi pre-apocalittico, dalla guerra russo-ucraina, tuttora in corso. Facendo violenza al mio temperamento, assolutamente ottimistico, alla mia fede cristiana di redenzione dell’umanità, alla mia formazione storico-filosofica, ispirata da sempre ai valori della democrazia e della libertà, meglio delle libertà, e alla mia visione del mondo e della storia umana, fondata sulla dignità e sul rispetto della persona umana, senza distinzione di razza, di sesso, di religione e di censo, secondo uno dei princìpi fondamentali della nostra Costituzione repubblicana, sono rimasto prigioniero, come in una ragnatela di accadimenti negativi, del principio della realtà, da cui sortisce l’eloquente titolo di questo quarto e-book del diario: “Vecchi e nuovi spettri per un mondo in bilico”. Quali sono questi spettri che tormentano e angosciano questo tratto finale del mio cammino e mettono a repentaglio i miei sentimenti e le mie aspettative, sempre pregne di speranza e di attese positive per l’umanità?

L’ITALIA IN BILICO

Il nefandissimo confronto elettorale della primavera 2018 è stato l’estremo punto di caduta trentennale di una crisi politico-istituzionale, della classe dirigente e dei partiti, cosiddetti democratici, scaturito dalla decadenza prima e, poi, dalla fine ingloriosa della prima repubblica. Un punto di caduta, dominato e inquinato dal populismo, dalla demagogia imperante e dalla demonizzazione degli avversari politici, che ha generato la XVIII legislatura, la più disgraziata di tutte le precedenti, con tre maggioranze di governo, pasticciate e contraddittorie, non soltanto incapaci di governare, ma neppure di prendere la benché minima consapevolezza dei problemi reali della comunità nazionale, flagellata da una pandemia mal governata e da un decadenza economica e demografica, con minacciosi riflessi sulla tenuta sociale. Ai valori della solidarietà, del vivere civile e del progresso si sono sostituiti i disvalori dell’egoismo, del familismo, del clanismo e di una cieca assuefazione alla presenza, allarmante, ancorché celata, nel tessuto vitale della nostra società, della criminalità organizzata e delle mafie, nazionali e di importazione. La prematura fine della legislatura non ha modificato la situazione, per cui la campagna elettorale dell’estate 2022, dalla composizione delle liste elettorali allo scontro sul terreno tra i contendenti, ha replicato, magari in peggio, lo squallido spettacolo precedente. I risultati elettorali, confermando un letale astensionismo record, hanno partorito un parlamento, quasi dimezzato, causa una pseudo riforma, anch’essa demagogica, una riottosa maggioranza parlamentare e un governo di destra-centro, presieduto da una donna (unica novità positiva!). Un governo di coalizione tripartitica che, fin dalla sua sofferta composizione alle prime decisioni assunte, in attesa della prova maestra della legge di bilancio e finanziaria 2023, ha rivelato, al di là della buona volontà della premier, incertezze, contraddizioni, improvvisazioni e compromessi, persino in politica estera, trappola mortale per un esecutivo. L’aspirazione a una stabilità dell’esecutivo, caratterizzata da responsabilità e da trasparenza, nonché da tempestività delle decisioni, nutrita alla vigilia e frustrata da questi esordi, minaccia di condannare, Dio non voglia!, a un esercizio provvisorio del bilancio, che affonderebbe il paese, strangolato dalla crisi energetica e da un’inflazione che marcia, su base mensile, ormai verso il 12%. A due cifre! Una catastrofe irrecuperabile, per le famiglie e per le imprese! L’Italia in bilico, appunto!

L’EUROPA IN BILICO

Le attese europeistiche, di chi si era nutrito, fin dagli anni di liceo, dell’insegnamento mazziniano, attualizzato da Altiero Spinelli e da Alcide De Gasperi, nonché da Ugo La Malfa e da Francesco Compagna, con la prospettiva di una vera unità politica del vecchio continente, sono andate completamente deluse, nonché mortificate, nell’attuale fase storica. La comunità, il mercato comune e l’unità monetaria avrebbero dovuto essere la premessa dell’unità politica, per combattere i risorgenti nazionalismi, i sovranismi e gli egoismi dei paesi fondatori dell’Unione Europea. La dottrina, prima l’unità economico-finanziaria e dopo quella politica, si è rivelata sbagliata. Allo stesso modo, la compiaciuta considerazione: basta essere un’Europa gigante economico, anche se nano politico. Tra la Brexit e la crisi energetica, provocata dalla Russa di Putin, si è capito, ahinoi!, quanto fosse fragile quel “gigante” dai piedi di argilla e come quel “nano” risultasse del tutto ininfluente sui nuovi equilibri geopolitici mondiali, caratterizzati dallo scontro imperialista tra le due superpotenze, quella decadente degli USA (e dell’Occidente) e quella emergente, con il suo imperialismo economico, nei cinque continenti, della Cina. Con un pericoloso assioma: le dittature vincono, le democrazie soccombono! Gli errori? Tanti: il burocratismo delle istituzioni europee, la lentezza nelle decisioni da assumere da parte di 27 paesi, la paralisi delle stesse per il diritto di veto, le politiche parallele dei paesi guida e fondatori, con le grandi potenze, i contrasti di interesse sulle politiche dell’immigrazione e sulle scelte di autonomia energetica dell’UE, eccetera. Non bastano i pochi risultati positivi in materia di prevenzione pandemica o un sofferto recovery fund, con il connesso Pnrr, per mascherare i limiti di una unione, stretta in una tenaglia e in bilico sul futuro. L’Europa in bilico, appunto!

IL MONDO IN BILICO

Negli ultimi tre anni di pandemia, ai cui effetti, di per sé già sconvolgenti, si sono sommati, in questo 2022, ormai agli sgoccioli, quelli ancor più devastanti prodotti dal neo-imperialismo russo e dalla guerra russo-ucraina, mi sono rifugiato spesso nella rilettura critica dell’opera del politologo statunitense Francis Fukuyama: dal saggio del 1992, “The End of History and the Last Man” (La fine della storia e l’ultimo uomo) all’ultimo, del 2022, “Our Posthuman Future” (L’uomo oltre l’uomo), passando per il saggio-chiave del 1999, “The Great Disruption” (La grande distruzione). Fukuyama mette in guardia, avendoli constatati, dai grandi cambiamenti sociali, indotti dalle nuove tecnologie mediatiche e dai nuovi mezzi di informazione telematica, nonché, a riguardo sempre della “fine” della storia, dagli sviluppi della moderna biogenetica, dell’eugenetica e della robotizzazione tecnologica. Tema affrontato nel primo romanzo, “Il progetto”, della mia “Trilogia della Vita, dell’Eros e della Morte” (1997). Al centro delle sue riflessioni sul rapporto tra i cambiamenti sociali e i regimi politici, domina la difesa delle democrazie liberali, che garantiscono l’affermazione dei diritti fondamentali dell’uomo, prevalendo così sui totalitarismi, destinati tutti a rovinosamente perire, come sono stati sepolti il nazifascismo e il comunismo. Purtroppo, come analizzato di recente, il mondo è dominato, oggi, prevalentemente, in termini demografici ed economici, nonché di controllo delle materie prime, da regimi totalitari e autocratici, che fanno strame dei diritti umani e delle libertà individuali. Di contro, le democrazie liberali risultano minoritarie, non solo in termini demografici, economici e territoriali, ma avviate a una irreversibile decadenza, insieme con tutta la cultura dell’Occidente. Simbolo di questo crescente predominio, anche culturale, è la Cina post comunista, che fa del suo imperialismo, economico, commerciale e territoriale, lo strumento per affermare il suo dominio sul mondo. Alla mannaia cinese si somma l’ideologia dei consiglieri di Putin, propagandata a sostegno del neo-imperialismo russo. Ideologia che trova la sua matrice nella missione morale della Russia di distruggere l’Occidente corrotto, minacciando di fare ricorso persino all’arma atomica! Missione morale che osa giustificare finanche gli eccidi di massa di civili indifesi, le torture e gli orrendi crimini di guerra! In questo difficile tornante della storia umana, la cui fine sembra non più puramente ipotetica o astratta, domina un diffuso sentimento collettivo di paura, di angoscia e di rinunzia al futuro, dove anche un missile caduto, intenzionalmente o per errore, in territorio NATO, potrebbe provocare una guerra nucleare totale e la fine della storia, senza risparmiare neppure “the last man”, l’ultimo uomo! Un mondo in bilico, appunto! QUO VADIS, MUNDUS?

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