Elezioni Politiche, il pragmatismo della mente e le ragioni del cuore
E così a breve andremo alle urne e agli italiani che vorranno esercitare il diritto di voto sarà dato di esprimere un consenso quasi sempre forzato per programmi di carta privi di concretezza, per coalizioni disomogenee che non li rappresentano, per partiti spesso liquidi anche perché fidelizzati ad un capopartito, per candidati sconosciuti e irraggiungibili dal destino in larga parte segnato. Non deve quindi sorprendere che in tale contesto l’appuntamento elettorale venga disatteso dalla maggioranza relativa della cittadinanza, perplessa su tutto, laddove una fetta cospicua di votanti è rappresentata da hooligans dei diversi partiti e da un limitato numero di elettori con interessi specifici fatti propri da forze politiche ben individuate. Mentre sorprendono le doglianze delle prefiche che sottolineano la disaffezione democratica senza aver mai fatto nulla per sottolineare l’importanza del bene comune quale matrice del più generale benessere dei singoli appartenenti alla collettività e la responsabilità connessa alla potestà di orientarne la gestione insita nel diritto di voto e lamentano la carenza di rappresentanza del popolo sovrano dopo aver votato quelle leggi che hanno eliso ai cittadini la stessa possibilità di manifestare, in maniera puntuale, la propria opinione e di scegliere liberamente e senza alcun vincolo i propri rappresentanti.
Una siffatta situazione, che comporta quale sua naturale ricaduta una generalizzata deresponsabilizzazione sull’oggetto e sulla finalità del suffragio, costituisce di per sé un vulnus per il corretto funzionamento del principio di rappresentanza e influenza indirettamente l’equilibrio istituzionale; ma nelle condizioni in cui attualmente versa il nostro Paese, in presenza di un contesto geopolitico che di per sé incide negativamente sulle stesse condizioni di vita del mondo intero mordendo in particolare le imprese più esposte e le famiglie più fragili, dopo decenni di dissennata gestione populistica della cosa pubblica che hanno indebitato lo Stato fino all’inverosimile alimentando per contro, attraverso dazioni ed omissioni di vario tipo, la formazione di nuova ricchezza privata sempre più accentrata in capo a privati, rischia di fungere da volano per disagi ancora più gravi di quelli razionalmente ipotizzabili in condizioni normali e da detonatore per esplosioni violente di rabbia sociale, ove non ci si renda conto per un verso della ineluttabilità dei disagi e per altro della necessità del ricorso alla solidarietà dei creditori internazionali.
E’ un dato di fatto che un paese che non ha indipendenza economica è un paese a sovranità limitata ed è pragmatico prenderne atto e comportarsi di conseguenza, nella consapevolezza che il risollevarsi richiede, più ancora che perseveranza e sacrifici, la perduranza della benevolenza attiva della comunità internazionale in grado di essere d’ausilio, che certo non si consegue con un atteggiamento sprezzante nei suoi confronti; da tanto non può che discenderne che in Italia, rebus sic stantibus, nazionalismo e sovranismo, apparentemente coincidenti, si muovono in realtà su piani divergenti.
Di certo la necessità di un comportamento pragmatico spesso non coincide con le ragioni del cuore o di una razionalità assoluta fine a sè stessa; ma la gravità della situazione, anche per la vigenza di un sistema elettorale che coarta il voto in schemi tipizzati che ne condizionano la concreta valenza, impone a chi avverte la drammaticità del momento una più pregnante assunzione di responsabilità a fronte delle possibili conseguenze traumatiche del risultato elettorale. Se è il caso di turarsi il naso, val la pena turarselo accentrando nei diversi collegi i consensi per il partito o la coalizione che, nel contrasto con il cartello sovranista, nell’uninominale ha la maggiori possibilità di vittoria.
Al riguardo è bene ricordare che negli ultimi tempi il prestigio di un uomo presso le Cancellerie europee ed occidentali ha espanso il rapporto fiduciario dell’Italia, che ha condiviso con Francia e Germania un ruolo trainante nel contesto continentale e che già si intravvedono le avvisaglie per la sua uscita di scena e il timore di un cambio di passo nella politica italiana nella ricostituzione dell’asse franco-tedesco per la reciproca assistenza in campo energetico e nell’avviso francese che per l’anno prossimo non potremo contare sull’energia elettrica fornitale dalle centrali nucleari d’oltralpe.
Quest’ultimo scorcio del 2022 preannuncia pioggia e temporali: per quanto possibile, è il caso quanto meno di predisporre un riparo.