C’è una responsabilità dei “residenti” in Penisola di fronte al caos. La politica ha creato una “società del bisogno”
Si continua a dibattere dei grandi problemi che affliggono la Penisola Sorrentina, dal traffico automobilistico all’inquinamento del mare, dalla crisi della Circumvesuviana alle criticità degli Ospedali del territorio (a proposito, a Vico Equense lunedì 22 agosto sera è stata indetta una nuova manifestazione per sollecitare la riapertura del Pronto Soccorso) e così via. Si leggono, sui social ma anche su blog e siti di giornali oltre sulla stampa locale, commenti e analisi che originano anche polemiche vivaci come quelle scaturite dall’intervista ad Agorà dell’imprenditore turistico Paolo Durante cui oggi dà ulteriore credito Luigi Mauro, commercialista ed ex amministratore comunale ed esponente del PD sorrentino. Il quale tutto sommato riconosce a Durante di aver centrato il problema perchè ci sono responsabilità dei residenti se certe situazioni sono fuori controllo e non si possono imputare tutte le colpe al turismo.
A criticare fortemente le dichiarazioni di Durante sono stati tre opinionisti che non rinunciano ad alzare la voce non per spirito polemico, ma esibendo dati e riflessioni tecniche: ci riferiamo a Gaetano Mastellone, Raffaele Attardi e Antonino De Angelis che hanno ampiamente argomentato sul tema. Ora se una colpa va ascritta ai residenti sicuramente c’è quella di non aver mai, o quasi mai, impressa una svolta seria e duratura alla politica e all’amministrazione pubblica di questo territorio col risultato che, in un modo o nell’altro, a tirare le fila del sistema sono sempre gli stessi attori con rincalzi “squadrati e allineati” che per nulla concorrono a invertire rotta.
Basta guardare per esempio a Piano di Sorrento dove nel 2021 son tornati ad amministrare politici che hanno fatto il bello e il cattivo tempo negli ultimi 30 anni e che sicuramente non hanno dato grande prova di capacità ed efficienza. Ovunque chi ha tentato di cambiare qualcosa è stato isolato e marginalizzato perchè a prevalere sono gli interessi di una casta variegata e trasversale (cui si sono iscritti d’ufficio anche tanti funzionari della pubblica amministrazione) del tutto indifferente ai temi della legalità e costantemente protesa al compromesso a spese della comunità per cui la gestione della cosa pubbica è direttamente funzionale alla conservazione e perpetuazione del potere.
Se il sistema fognario è quello che è lo si deve a chi negli ultimi 40 anni ha governato, da Roma in giù, finanziando mastodontici investimenti che è lecito supporre siano rimasti sulla carta o siano stati fortemente ridimensionati nella fase attuative rispetto alle progettualità originali, a dispetto dei finanziamenti erogati e saldati: tanto nessuno si accorge del tipo di intervento che viene fatto sulla rete fognaria sotterranea, nè chi è preposto ai controlli li esercita. Quello che è la Gori lo sanno anche le pietre della strada e c’è stata una generazione di amministratori pubblici che con questa società ci è andata a braccetto, altri che hanno beneficiato di lucrose prebende e appalti mentre i guasti sulla rete idrica restano quasi quotidiani e il depuratore di Punta Gradelle, opera partorita in un arco di tempo quasi quarantennale, per quanto efficiente in condizioni normali, cioè d’inverno, è totalmente inadeguato a reggere l’urto di una decuplicazione delle presenze con gli effetti inevitabili che ne conseguono.
Rispetto alla casta di governo in questi anni è emersa sempre più marcatamente l’assenza di un’opposizione amministrativa all’altezza del ruolo e veramente determinata a fare il proprio dovere. Le eccezioni confermano la regola! Si tratta di un grave vulnus democratico perchè svolgono un’azione di supplenza, sul fronte dei controlli e della denuncia, poche associazioni del territorio col risultato che le elezioni amministrative si risolvono puntualmente in giri di poltrone tra gli stessi soggetti, spesso assimilando anche gli oppositori più innocui per escluderli definitivamente dal gioco.
Si tratta di responsabilità collettive di non poco conto, se ci si riflette, al di là del numero di auto possedute e circolanti che sono la conseguenza dello sviluppo imposto da una società dei consumi e globalizzata i cui limiti oggi li stiamo scontando e dalla quale siamo incapaci di difenderci.
C’è quindi bisogno di reinventarsi una nuova classe dirigente, ma è un’esercizio complesso assai (oltre che lungo nel tempo) soprattutto perchè il potere dominante ha creato una “società del bisogno” che scoraggia e disincentiva la partecipazione in nome del perseguimento di obiettivi e interessi individuali altrimenti negati.
Se analizziamo tutte le problematiche con cui quotidianamente ci confrontiamo di fronte alle superiori e oggettive responsabilità abbiamo il dovere di aggiungere anche la nostra piccola percentuale di responsabilità che, moltiplicata per tutta la popolazione residente, è chiaro che ha una propria rilevante consistenza. Questo è forse il senso dei ragionamenti di Durante e di Mauro, ma limitatamente ad alcuni aspetti sociali del problema perchè sull’aspetto economico sono entrambi persone di business e come tali portatori di interessi, ancorchè legittimi, non condivisibili al 100%.