I sei sindaci dicono si all’Unione dei Comuni. Ora però si tratta di istruire correttamente l’iter procedurale
La notizia che i sei sindaci peninsulari hanno sottoscritto un documento unitario col quale dichiarano l’intento e la disponibilità a costituire, ai sensi di legge, l’Unione dei Comuni della Penisola Sorrentina è stata generalmente ben accolta dall’opinione pubblica che individua in questa formula amministrativa la strada maestra per affrontare e risolvere i problemi più scottanti del territorio e che sono generalmente condivisi tra le diverse municipalità.
Voci dissenzienti o critiche per il momento non se ne sono sollevate, così come dalle cosiddette parti sociali, dal mondo associazionistico imprenditoriale e culturale non si sono registrate valutazioni o prese di posizione. Nè le opposizioni consiliari hanno commentato questa importante decisione ad eccezione dell’ex sindaco di Piano di Sorrento, Vincenzo Iaccarino, che ha presentato un’interpellanza al sindaco Salvatore Cappiello per aver chiarimenti sull’operazione e soprattutto per appronfondire alcuni aspetti amministrativi prima che la bozza di statuto venga sottoposta al voto dei consigli comunali.
Dopo l’intesa di oltre dieci anni fa fra tutte le amministrazioni peninsulari con relativa approvazione da parte dei consigli comunali delle deliberazioni per realizzare un nuovo Ospedale a Sant’Agnello, quello dell’Unione intercomunale è senza dubbio l’atto politico più rilevante che porta la firma degli attuali primi cittadini: Lorenzo Balducelli (Massa Lubrense), Massimo Coppola (Sorrento), Piergiorgio Sagristani (Sant’Agnello), Salvatore Cappiello (Piano di Sorrento), Giuseppe Tito (Meta) e Giuseppe Aiello (Vico Equense).
Il documento sottoscritto individua anche i settori la cui gestione verrà trasferita al nuovo ente: mobilità e servizi di trasporto pubblico locale; servizio raccolta, trasporto smaltimento e riutilizzo dei rifiuti solidi urbani; demanio comunale e marittimo; servizi sociali e servizi alla persona; protezione civile; pianificazione e programmazione urbanistica e del territorio; marketing territoriale. Di questi i servizi sociali e alla persona sono già stati affidati all’Azienda Speciale Consortile per la Gestione dei Servizi costituita fra i comuni.
Gli altri settori individuati, ai quali se ne potranno aggiungere anche degli altri, mettono in gioco partite importanti attualmente in capo alle singole amministrazioni che dovranno rivoluzionare le rispettive macchine amministrative per garantire la funzionalità degli uffici del costituendo ente cui sono trasferite le competenze, non solo, ma anche le risorse finanziarie e professionali. Insomma con l’Unione cambierà il volto delle municipalità e anche il rapporto con l’utenza che, per i settori trasferiti, dovrà rivolgersi all’Unione e non più al Comune di residenza. Una sfida sicuramente impegnativa se si considera che di solito le Unioni intercomunali riguardano piccole realtà, anche al di sotto dei mille abitanti, che non potendo disporre di personale, strumenti e risorse per soddisfare le esigenze dell’ente trovano nella formula dell’Unione la strada per colmare lacune e deficienze e per essere più vicine al fabbisogno delle comunità.
Nel caso della Penisola Sorrentina parliamo di comuni importanti in termini di numero degli abitanti, tutti sopra la soglia dei 5mila previsti come tetto massimo per costituirsi in Unione con qualche deroga per i comuni maggiori. Le più recenti modifiche di legge rendono fattibile la costituzione delle Unioni fra i comuni maggiori, cioè più densamente popolati, ma bisogna preliminarmente valutare la fattibilità e la convenienza dei singoli enti a trasferire determinate competenze all’Unione tenendo presente che anche le corrispondenti risorse finanziarie (in entrata e in uscita) passano all’Unione col risultato di svuotare di funzioni e di risorse i singoli municipi. L’altro problema riguarda l’impiego delle risorse finanziarie che, ovviamente, riguardano l’intero territorio dell’Unione dove esse dovranno essere impegnate. Per questo un preliminare confronto pubblico con tutti i soggetti sociali, sindacali, economici è importante per cogliere e far cogliere il senso della svolta e le sue implicazioni.
La cessione di sovranità amministrativa richiederà anche una nuova tipologia di amministratori locali le cui competenze e responsabilità sono destinate a cambiare e soprattutto a qualificarsi. Il prossimo passo dovrebbe pertanto riguardare il confronto nei consigli comunali trattandosi di trasferimenti di competenze che sono in capo al consiglio (stando anche le implicazioni che ne conseguono su bilancio e finanze degli enti) e quindi è necessario acquisirne l’indirizzo al fine di correttamente inquadrare il problema. Successivamente, riuniti tutti i rilievi e le proposte eventualmente emerse, incaricare congiuntamente un professionista amministrativista e un esperto di contabilità pubblica affinchè procedano alla stesura della bozza di statuto dell’Unione che, proprio in quanto bozza, dovrà essere oggetto del preventivo esame e quindi dell’approvazione da parte dei singoli consigli comunali.
Questo per garantire al nuovo ente una funzionalità ed un’efficacia amministrativa utile a imprimere l’auspicata svolta nel governo del territorio peninsulare.
Un commento
Pasquale Castellano
La gestione dovrebbe essere dei sei sindaci con alcuni consiglieri di ciascun Comune, i funzionari dovrebbero essere gli stessi di quelli attualmente in carica prevedendo nel tempo, senza traumi una riduzione degli addetti. Non dovrebbe essere necessaria un’apposita sede oppure di dimensioni ridotte. L’obiettivo non deve essere quello di creare un carrozzone ma di maggiore efficienza ed economia di scala. I singoli cittadini dovrebbero beneficiarne in termini di riduzione della spesa e di migliori servizi. Occorre tranquillizzare la cittadinanza che non ci saranno costi aggiuntivi come è successo per altri accorpamenti di cui stanno pagando il prezzo salato.