Di chi dev’essere la Penisola Sorrentina, di chi ci vive o di chi ci viene in vacanza?
Di chi dev’essere la penisola sorrentina, di chi ci vive o di chi ci viene in vacanza? Trovare una risposta a questa domanda semplificativa delle scottanti problematiche che quotidianamente si affrontano tra contrapposti interessi, può aiutarci a individuare la direttrice lungo la quale muoversi per affrontare e magari risolvere alcune delle troppe criticità che soffocano la costiera privandola di qualunque prospettiva futura in termini di sostenibilità!
E’ chiaro che ci riferiamo non solo al problema del traffico e della mobilità, ma anche a quello della carenza di case per i residenti, l’accesso alle spiagge, la fruizione di servizi efficienti dalla raccolta e smaltimento dei rifiuti alla depurazione delle acque, alla sanità e così via. Insomma, prerogative considerate tali per i residenti e fino a un decennio fa addirittura date per scontate, ma che ormai già da tempo non lo sono più perchè subordinate agli interessi degli ospiti che in penisola ci vengono per turismo, per vacanza, anche solo per un tocco mordi e fuggi…
In una realtà socio-economica a turismo maturo, qual è appunto la Penisola Sorrentina, nel corso degli anni e in particolar modo nell’ultimo decennio si è assistito a un costante cambiamento di abitudini e consuetudini che hanno interessato intere categorie e settori di attività, in particolare nel privato, col risultato che il cambiamento si è concretizzato con notevole anticipo rispetto alla consapevolezza che di esso ha avuto la classe politico-amministrativa: ne è scaturita una vera e propria distonia che si misura nei diversi linguaggi adottati e con cui comunicano, con una differente scala di priorità in capo alla comunità rispetto alla politica.
La quale ultima si ritrova a governare territorio, comunità, economia con una mentalità, ancor prima che gli strumenti, inadeguata che produce uno scollamento in primo luogo relazionale e comunicativo impedendo l’interscambio di rapporti e il confronto con cui si possono affrontare quasi tutti i problemi che si condividono. C’è però da considerare anche un altro fattore: la crescente dequalificazione del personale politico oltre che della politica e di conseguenza dell’amministrazione della cosa pubblica: i risultati li abbiamo innanzi ai nostri occhi.
Neanche un evento tragico come la pandemia covid-19 è servito a risintonizzare su una stessa frequenza le parti in campo andando perduti due anni che potevano risultare preziosi, anzi decisivi, per cambiare registro e per varare un progetto innovativo per la Penisola Sorrentina senza il pressing della domanda turistica e che ponesse al centro del ragionamento la comunità locale nelle sue differenti formi espressive. Invece si è lasciato correre tutto invocando il ritorno alle condizioni pre-covid, cioè a un turismo di massa che nella stagione 2022 si sta concretizzando al di sopra delle aspettative e delle stesse capacità recettive dell’area. Con quale risultato? La ripresa degli affari del sistema imprenditoriale dell’accoglienza in tutte le sue forme da un lato, dall’altro il collasso delle comunità che intanto hanno subìto cambiamenti e condizionamenti assolutamente rilevanti, ma poco considerati da chi ha responsabilità di governo.
I social, ma non solo, esprimono il crescente disagio, anzi il vero e proprio malessere che affligge gli abitanti dei Comuni peninsulari che si accorgono come praticamente si è ripiombati in situazioni pregresse con problemi seri e irrisolti, anzi aggravati dalla cosiddetta ripresa post-pandemica.
Chi è nato, vive e lavora in Penisola Sorrentina si sente sempre più disadattato rispetto al contesto in cui svolge le sue ordinarie e straordinarie attività e avverte sempre più forte un senso di estraneità rispetto al proprio territorio fisicamente occupato da migliaia di turisti che si appropriano di spazi vitali sottraendo diritti e concorrendo ad aggravare una situazione di generale insostenibilità che sta producendo il fenomeno dell’emigrazione dalla propria terra, almeno di quelli che possono permetterselo o che non hanno alternative.
Sorrento, per esempio, non è più la città dei sorrentini e per i sorrentini con i suoi oltre 1700 B&B sorti come funghi e in continuo aumento al punto da trasformare la città in un albergo diffuso in aggiunta alle tradizionali strutture alberghiere. Un fenomeno che, insieme all’indotto, ha prodotto anche un altro effetto, di natura socio-economica: la formazione e affermazione di una imprenditoria di tipo familiare impegnata nelle politiche dell’accoglienza e della promozione turistica. Di conseguenza è in gran parte cambiata anche l’identità del sorrentino sul piano culturale.
Una città abitata-occupata dagli ospiti per gran parte dell’anno ha sottratto irriversibilmente al mercato abitazioni per i residenti che si sono trasferiti in altre realtà limitrofe o nell’hinterland metropolitano. Per i giovani neanche a parlarne di prospettive di vita in loco e quindi anche di lavoro, il che ci riporta al discorso sulla disponibilità di forza-lavoro per il comparto turistico che è destinato a crescenti sofferenze con tutte le ripercussioni che ne derivano sull’economia.
Le legittime aspettative di una mobilità sostenibile, di un’aria più respirabile, di spazi sui nostri lidi bandiera blu, di aree di parcheggio come pure pedonali e così via si sono trasformate da un diritto in rivendicazione e di conseguenza in un conflitto.
Di questo oggi deve ragionare la politica e chi amministra la cosa pubblica per scongiurare sia il rischio di ulteriormente approfondire il distacco dalla comunità, sia di compromettere il futuro stesso socio-economico di quest’area destinata inevitabilmente a soccombere in mancanza di un’inversione di rotta in grado di riprendere le redini del ragionamento e di intraprendere un percorso di cambiamento. Altrimenti è un fatto scontato che Sorrento e la Penisola Sorrentina saranno esclusivamente di chi ci viene in vacanza…e non si sa neanche fino a quando sic stantibus rebus!