Lauro (Unimpresa): “Da Di Maio chiarezza su politica estera”
“Di scissioni, a sinistra, al centro e a destra, è costellata tutta la storia dei partiti politici italiani, una lunga e tormentata sequela di contrasti ideologici, di irriducibili convivenze e di astiose rivalità, tra galli e galletti nello stesso pollaio. Scissioni, quindi, variamente motivate, ma con risultati elettorali futuri, non confortanti per i leader o gli pseudo-leader, protagonisti delle stesse. Quest’ultima scissione, dal M5s, che ha avuto come assoluto protagonista Luigi Di Maio, ministro degli Affari Esteri, ancorché tacciata, more solito, di tradimento e di opportunismo personale, a salvaguardia del proprio tornaconto politico, con insulti sanguinosi da parte dei traditi, ha l’innegabile merito, a giudizio di Unimpresa, di fare chiarezza su tutte le ambiguità, in politica estera, che hanno caratterizzato il movimento grillino, nei confronti del governo Draghi”.
Lo dichiara il segretario generale di Unimpresa, Raffaele Lauro. “E risultato ancor più rilevante e inconfutabile, il merito di smascherare analoghe ambiguità, che si annidano, sul tema vitale della collocazione internazionale del nostro paese, nell’ambito degli altri partiti, nessuno escluso, della cosiddetta maggioranza di unità nazionale e delle litigiose alleanze di centro destra e di centro sinistra. Le nette abiure del suo passato fatte da Di Maio – spiega – sono una prova di coraggio intellettuale che, tuttavia, certificano: il fallimento di quel populismo&qualunquismo che ha nutrito e alimentato l’ascesa dei grillini, dal 2013 al 2018, e l’inconsistenza dei loro presunti valori ideali; il condizionamento populista sull’attività dei governi, a guida grillina, con disinvolte alleanze contrapposte e con le non-riforme; la fragilità politica della leadership di Giuseppe Conte e il declino, ormai inarrestabile, del movimento, che avrà la sua sanzione definitiva alle elezioni politiche del 2023. Quale sarà il destino politico futuro di Di Maio dipenderà da molte e imprevedibili variabili, dalla capacità di definire un progetto politico realista, concreto e credibile, al varo di una riforma elettorale proporzionale. In ogni caso, la sconfitta dei populisti del ‘vaffa’ di Beppe Grillo non risolve e guarisce la malattia ereditaria della nostra democrazia parlamentare. Sulle macerie del sistema politico sono in agguato e pronti a salire nuovi demagoghi e nuovi populisti, ancora più pericolosi dei precedenti”.