Scoglio dell’Isca: tutto bene quello che finisce bene?
di Luigi Poi
“Non ascoltare e chiacchiere ddà gente, meglio na’cosa vista ca’ cient sentute!”
Forse il grande Eduardo avrebbe commentato in questo modo la vicenda della vendita del suo rifugio massese, “ l’isolotto” Isca che gli eredi di suo figlio Luca già dal 2020 hanno messo in vendita. Chiacchiere se ne sono fatte tante e del resto non erano evitabili. Sono notizie ed eventi che fanno clamore ! Anche per la cifra spesa per l’acquisto, oltre diecimilioni di euro.
L’Isca, insieme alla Vetara ed i tre “Galli” hanno sempre impreziosito lo scenario di quel tratto di mare che va dalla Marina del Cantone alle spiagge di Positano. Immaginare questo litorale senza i suoi “scogli“ sarebbe impossibile almeno per tutti quelli che qui vivono o che qui spendono le loro vacanze. Essi danno maggiore vivacità visiva e suscitano maggiore interesse culturale rendendo la vista meno monotona e ponendo ai visitatori ed i naviganti quesiti sulla loro storia. Inoltre sono sempre stati abitati da personaggi di spicco della cultura e proprio per questo sono stati preservati nella loro sostanziale integrità ed oggi hanno bella mostra nel mare del Parco Marino di Punta Campanella tra la costa massese e quella del golfi di Amalfi.
Un pezzo di roccia staccatosi chissà quanto dalla terra ferma, di circa 30mila metri quadrati con una lunghezza di appena duecentosettanta metri, in cui si nasconde la villa che a suo tempo fu edificata da Eduardo De Filippo con progetto dell’ingegnere Mario Pacifico, un personaggio non da poco, visto che gli era stata affidata la ristrutturazione di uno dei monumenti della cultura espressiva e rappresentativa napoletana, il teatro “San Ferdinando”. Dal 1949 De Filippo incominciò ad abitare questa “villetta”, in parte nascosta dalla vegetazione mediterranea e dalla coltivazione dell’ulivo, sottraendola ad attività illecite come il contrabbando o la pesca di frodo. Anche la caccia,nspecie nei periodi di migrazione delle quaglie, era una consuetudine su tutta quell’area sia in terra ferma che sugli isolotti.
Qui scrisse anche al cune sue commedie ed abitando l’isolotto fece amicizia con pescatori, ristoratori e commercianti sia di Nerano e Marina del cantone che di Monticchio che descrisse anche in un suo libro. Capitava anche che in uno stesso giorno andasse più volte avanti ed indietro in barca. Il suo ”buon ritiro” offriva spettacolo giorno e notte, fra la baia di Recomone e l’insenatura di Crapolla.
La denominazione “Isca” si è affermata proprio con la presenza (dal 1949) dell’attore ed autore teatrale napoletano, fino agli anni sessanta resisteva la denominazione “il Galluzzo”, forse per estensione del toponimo del mini arcipelago dei Galli. In realtà nel mare mediterraneo esistono altre località con lo stesso nome , come gli “isolotti“ di Isca di Amantea, il piccolo ed il grande, ed Isca sullo Ionio.
L’etimologia di Isca andrebbe ricercata nel termine latino di iscla oppure in quello greco di “ixos”.
Le chiacchiere sono cominciate quando la domanda dei figli di Luca ha incontrato l’offerta di due giovani imprenditori di Positano e si sono trasformate in polemiche condite da istanze ed esposti. Dibattito edulcorato da ambiziose proposte di acquisizione al patrimonio pubblico o da quelle più realiste e moderate della direzione del Parco marino ed dell’Archeoclub Lubrense.
Non è mancata la solita ideologia del “dagli ai cattivi” che trova sempre un megafono e che vorrebbe sempre la prevalenza del pubblico sul privato, confermandosi lo stucchevole perbenismo ambientale che considera le casse dello Stato come le mammelle della “mucca Italia” a cui è sempre conveniente attaccarsi, senza rendersi conto che la mucca è oramai esausta. Non sappiamo se si è tentata la ricerca del solito cavillo urbanistico per far sigillare tutto, rifiutando per principio la strada migliore che è quella dell’osmosi tra buona imprenditoria e buona cultura, della salvaguardia attiva e della tutela regolamentata.
Dopo che il Ministero di Franceschini non è intervenuto e preso atto dell’evidente disinteresse del Ministero della transizione ecologica ad acquistare l’Isca , i due compratori Positanesi, Giacomo Cinque e Riccardo Ruggiti, sono diventati proprietari a tutti gli effetti ed il contratto dovrebbe essere diventato valido erga omnes.
Ma l’Italia è sempre l’Italia e qualche Magistrato può sempre svegliarsi “storto“ e cambiare le carte del gioco.
Con piacevole sorpresa i due titolari hanno, motu proprio e saggiamente, preso contatto con il presidente dell’AMP Punta Campanella per dichiarare la propria disponibilità alla collaborazione che potrebbe anche prevedere un minimo di fruizione pubblica. Appena possibile ci dovrebbe essere un incontro sia col giovane presidente del Parco Marino, Lucio Cacace, sia con il presidente dell’Archeoclub Lubrense, Stefano Ruocco.
Del resto storicamente bisogna riconoscere e rimarcare che tutti gli isolotti in questione sono sempre stati proprietà privata e che nessuno si è mai lamentato e nessuno ha mai contestato la corretta gestione di questi magnifici “scogli” e che anzi si deve riconoscere che sono stati curati, difesi, mantenuti puliti, sottratti alla speculazione edilizia ed alle mani pubbliche ed alla potente burocrazia sempre in agguato o per sistemare qualcuno o per trarne benefici indiretti. Del resto questa soluzione è quella che realisticamente e meglio evita lo stravolgimento dei danni determinati all’ eco-sistema dal turismo mordi e fuggi, altrimenti detto turismo di massa.
E’ un poco come quelli che si lamentano dell’inquinamento acustico ed atmosferico della piana da Meta al Capo di Sorrento, del caos del traffico e degli ingorghi, dell’invivibilità di chi sfortunatamente abita su quella direttiva stradale e poi si oppongono ad una mobilità alternativa ed alla stessa soluzione di parte dei mali che sarebbe la Funivia Colline–Mare che da sola eliminerebbe oltre il 40% delle macchine che ogni giorno, finito la pandemia, si riverseranno sul Corso Italia e strade di Sant’Agnello, Piano e Meta per non parlare delle decine di bus che caricano i turisti per portarli al porto o ai punti di raccolta per le escursioni a Pompei, Vesuvio , Ercolano e Napoli.
“La politica dei divieti , come ampiamente dimostrato dalla storia conduce solo all’abusivismo ed allo sperpero indiscriminato delle risorse territoriali. In buona sostanza non è utile vietare ma è utile programmare (e solo dopo vietare)”. Sergio Brancaccio-Le Coste in Penisola, Napoli 1992.
Insomma la politica dei “NO” non sia più una regola la programmazione diventi la regola. E per quando strettamente ci attiene non possiamo più rimandare una pianificazione che superi “i ristretti limiti comunali“ e che va dalla mobilità interna alle vie di ingresso ed uscita, dal recupero di edifici storici, al restauro urbanistico, dal recupero del verde e da un freno all’abbandono degli agrumeti alla organizzazione di una efficiente e costante manutenzione delle strade. Mentre dovremmo essere tutti d’accordo sulla “esigenza di un maggiore e più efficace controllo del territorio per la salvaguardia dell’ambiente. L’architettura, ancor più che l’urbanistica dovrà assumere pertanto una funzione determinante per rendere migliore la convivenza” – Massimo Nunziata.