Economie sblianciate per il Sud…Come per la Penisola Sorrentina
di Luigi Poi
“Il più ferace (fecondo) suolo sotto il più dolce clima” (V.Cuoco )
“Un paese per cui Dio esaurì la sua opulenza di creatore” (Petruccelli della Gattina)
Sono solo due delle tante definizioni riportate da Francesco Compagna nel suo libro “La questione meridionale“ ( 1963-1965 ) e chiaramente si riferiscono al Sud d’Italia così come lo vedevano storici, economisti e studiosi dopo l’unificazione d’Italia. Queste due definizioni potrebbero benissimo adattarsi alla Penisola Sorrentina o comunque a tutta l’aria che va da Stabia fino a Massa Lubrense. Come può considerarsi estremamente profetica la conclusione a cui giunse il meridionalista napoletano che da Napoli, nel 1965, scrisse: “E’ un grande errore proporre uniformi interventi straordinari che oltre a falsare la realtà storica ed a pretendere di curare con i medesimi rimedi mali diversi, induce ad una dispersione di mezzi che si risolve in definitiva a danno del mezzogiorno”. Lamentava inoltre un problema che ancor oggi persiste e che si è ampliato anche grazie ad internet, “cioè il gigantismo di poche grandi imprese a cui fa riscontro il nanismo di molte piccole e piccolissime imprese”. Sull’ara funebre del “gigantismo” si sono immolate centinaia di migliaia di esercizi commerciali (quelli che garantivano luce, vita e sicurezza alle strade cittadine ed ai piccoli abitati) colpiti impietosamente (e non difesi dallo Stato) dai giganti del commercio on line e dai Centri commerciali. L’effetto è sotto gli occhi di tutti.
Le affermazioni del professore Compagna sono ancora oggi di attualità e se ne è discusso (e come!) nel dibattito sulla ripartizione dei fondi europei. Proprio in quegli anni l’autostrada del Sole che unì Milano a Napoli e costruita a tempo record (altro che Cinesi ) intensificò non solo l’industrializzazione tra la Capitale e il Capoluogo Campano ma favorì lo sviluppo turistico, fino ad allora solo di poco peso economico e riservato ad élite, di località come Capri, Sorrento, Amalfi; ma solo Roma, Firenze e Venezia raggiungevano punte eccezionalmente alte di visitatori grazie all’esposizione del loro grande patrimonio artistico e monumentale. Mentre “tutto il Sud al di là del Cilento ed al di là della mitica piana di Eboli restava ancora segregato dal punto di vista topografico“ e quindi anche economico. Oggi, cinquant’anni dopo, il Sud ha camminato bene in alcuni settori come quelli turistico, gastronomico ed anche della produzione agricola. Ed ancora resiste, ad esclusione del comparto della ricettività, nonostante i danni del Covid sul tessuto sociale ed economico. Al recente convegno “Cibus 2021” tenutosi a Parma tra il 31 agosto ed il 3 settembre sono stati sviscerati i positivi dati economici “dell’agrifood industry “ Italiana che oramai vede il traguardo dei 50 miliardi di export per l’anno in corso ed il settore alimentare ed il suo indotto manifestano un tasso positivo di crescita di oltre il 6,50% e tutto il fatturato della produzione potrebbe arrivare a quota 154 miliardi, un successo nonostante siano venuti meno gli ordinativi del settore alberghiero.
Anche il mondo dell’agriturismo ha mantenuto e sta ora recuperando le perdite del 2020. L’industria,quella manifatturiera in particolare, respira aria di ripresa; da Cernobbio, il tradizionale appuntamento del Forum Ambrosetti, si pone l’accento sui consistenti segnali di un netto miglioramento della produzione e con essa dell’occupazione. Insomma la navicella tricolore non è naufragata, anzi ha resistito alle onde minacciose della pandemia. Chiaramente non tutti i settori economici mantengono il passo, in fondo è stato (ed in parte ancora lo è) come una guerra: c’è chi ha vinto e chi ha perso.
A completamento delle buone notizie si aggiunge che oltre 23 milioni di Italiani sono andati in vacanza nei mesi estivi. Una estate parzialmente positiva trainata dalla domanda interna assestatasi a +21% di presenze ma per l’assenza dei turisti stranieri registra ancora un -34% con una mancanza di 65milioni di pernottamenti UE ed extra UE. “Rimane e si teme anche per il 2022) la crisi del turismo organizzato dalle agenzie di viaggio e dai tour operator internazionali“ fonte Il Sole 24 ore. Settore che paga pesantemente lo spostamento di parte della domanda (quella al di sotto dei 50 anni) verso portali internazionali di prenotazione.
Se le preoccupazioni dei grandi meridionalisti del dopo guerra era quella che il Sud andava industrializzato in molte sue aree in quanto il problema era il divario economico con le aree industriali del Nord e la disoccupazione. Da alcuni decenni ci è stata una inversione di tendenza, puntando sul binomio cultura –turismo e su una agricoltura di qualità. Una scelta vincente, nonostante il peso del fisco e della burocrazia, se non avessimo incontrato il perfido e misterioso virus con gli occhi a mandorla.
Sempre da Cernobbio si evidenziano i maggiori vantaggi per il Sud di una efficiente politica di transizione energetica ed ecologica ma solo se contemporaneamente riusciamo a sganciarci dall’asfissiante ragnatela burocratica e se si migliora tutto l’apparato pubblico compreso il personale politico da cui bisogna pretendere competenza, professionalità, capacità decisionale. Qualità che possono emergere se si elimina l’alibi della schizofrenia legislativa e della mannaia della magistratura. Il Governo Draghi ha promesso interventi ad hoc in questo senso, staremo a vedere. Al momento registriamo solo un poco edificante ed incoraggiante provvedimento che dovrebbe riguardare tutti i dipendenti e dirigenti delle numerose “Autorità“ che beneficerebbero di un consistente aumento in busta paga, da tener presente che i presidenti di queste istituzioni pubbliche indipendenti si avvantaggiano di un compenso parificato a quello del Capo dello Stato. Ed “io pago“ urlava Totò tra il serio ed il comico.
Per quanto riguarda il Sud bisogna convincersi che l’offerta culturale ed ambientale in uno con una produzione agricola di qualità ed una gastronomia di pregio possono aiutare a rimuovere la stagnazione economica ed a dar fiato ad una economia in debito di ossigeno (non solo a causa del Covid) ed anche in grado di creare occupazione sana e produttiva ed aggiungere ricchezza. Intanto nella distribuzione di fondi del piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) il Governo Draghi ha messo sul piatto della bilancia 6 miliardi di euro a beneficio del settore turistico culturale. Tra gli interventi finanziabili anche quello della riqualificazione dei borghi e la digitalizzazione ed innovazione di tutto il comparto legato alla componente turistico culturale. Saranno i nostri governanti regionali e comunali in grado di approfittarne? Intanto una buona occasione potrebbe materializzarsi per il comune di Massa Lubrense favorita dalla designazione della frazione di Sant’Agata sui due Golfi a diventare il borgo più bello d’Italia. Iniziativa organizzata dalla trasmissione di RAI “alle falde del Kilimangiaro” e, indipendentemente dall’esito del concorso, la pubblicità diretta ed indiretta potrebbe far osare a presentare qualche progetto per la valorizzazione ambientale e il recupero di edifici storici ed antichi itinerari pedonali, magari costellati lungo il percorso da depositi, mostre e mini musei.
Rimanendo a cose ed avvenimenti che più ci sono a cuore anche la nostra Bella Penisola deve fare le scelte giuste, ripensare il suo futuro, rivedere l’assetto amministrativo dei cinque comuni (sei se consideriamo anche Vico Equense), smettere col lassismo ed il disinteresse di fronte alla catastrofe dei servizi trasporto, in particolar modo della Circum (è inammissibile che località visitate da centinaia di migliaia di turisti ed ammirate in tutto il mondo debbano usufruire di servizi disastrosi, dannosi per l’ immagine turistica e punitivi per i numerosi pendolari).
Si potrebbe pensare di utilizzare gli introiti della tassa di soggiorno come occasioni di investimenti in depositi archeologici, esposizioni, escursionismo, recupero del patrimonio artistico e monumentale, di rivalorizzare tutte le risorse ambientali e naturali ancora intatte, di progettare una mobilità alternativa meno inquinante e meno legata alle “4 ruote”. Ed ancora: calcolando che dal 1980 ad oggi sono state sottratte al paesaggio ed all’indirizzo agricolo, per la maggior parte superficie agrumaria, circa 1350 ettari di terreno necessiterebbe iniziare un veloce processo di recupero di spazi abbandonati ed edifici da ristrutturare in modo da venire incontro alle esigenze di edilizia pubblica e privata senza manomettere altro territorio. Bisognerebbe anche cercare di rivalorizzare ed incentivare l’artigianato di qualità riportando i laboratori di ceramiche ed intarsio nelle nostre strade e spazzando via locali di gastronomia scadente che nulla hanno a che vedere con la gloriosa e celebrata dieta mediterranea ed eliminando o almeno contenendo i negozi di paccottiglia cinese che mortificano artigianato e manifattura made in Italy. Alla fine del 1990 si contavano decine di botteghe artigiane che davano vita a vicoli e stradine e che erano una vera attrazione per il turismo e occasione di reddito e lavoro per circa 250 famiglie. I laboratori della tarsia sorrentina, ma anche quelli della lavorazione della ceramica erano anche uno sbocco per gli studenti che si diplomavano presso l’Istituto d’arte ed espletavano la benemerita attività di apprendistato .
Purtroppo normative troppo restrittive e poco incoraggianti, la concorrenza di altri Paesi, la produzione in serie hanno danneggiato irrimediabilmente la storica, rinomata e pregiata tarsia ed anche quella artistica della ceramica.
Stesso effetto negativo ha subito l’agricoltura che si pregiava del limone di Massa e degli aranci sorrentini che negli anni settanta riusciva anche ad esportare gran parte della propria produzione oltre oceano. La polverizzazione fondiaria, la concorrenza della Spagna, Grecia, Marocco, Israele ed altre nazioni, il peso del fisco, la mancanza di norme sanitarie severe nei Paesi concorrenti, lo scarso profitto per gli ultimi agrumicoltori hanno costretto a recitare il de profundis .
In effetti il limone “Sorrento IGP“, coltivato da Meta a Massa Lubrense , caratterizzato “da forma ellittica e con polpa di color paglierino” e buccia di spessore medio trova ancora un soddisfacente mercato nella produzione del liquore “limoncello” (molto imitato in tutto il mondo) in parte consistente venduto in loco ed in gran parte destinato alla esportazione. Una produzione che si può azzardare attestata intorno alle 4 milioni di bottiglie. Stima al ribasso perché sfugge al “calcolo” buona parte di quella prodotta nei piccoli laboratori, nelle pasticcerie e nei ristoranti e venduta al minuto. Produzione, quest’ultima, compromessa dalla mancanza di visitatori stranieri, uno dei tipici effetti negativi che colpisce l’indotto quando il turismo marca visita. Con l’aggravante che parliamo di una filiera economica che va dalla coltivazione alla produzione ed alla vendita tutta generata all’interno della Penisola Sorrentina.
Già da tempo quasi scomparsa la noce sorrentina che faceva solida concorrenza alla “malizia” avellinese, entrambe con buon mercato per il sapore gradevole e la consistenza del frutto , ben utilizzabile anche dalla industria dolciaria.
Resiste l’olivicoltura grazie all’aumento della domanda determinata dalla dieta mediterranea. Resiste anche la coltivazione del pomodoro che ha sbocco sul mercato locale sia della ristorazione che del consumo familiare. Si incrementa quella del pomodoro insalataro, in particolare la qualità “cuore di bue“ cugina di quella siciliana e ligura, la cui coltivazione ha trovato un microclima favorevole sulle colline Vicane e da Montechiaro ai Colli di San Pietro, Colli di Fontanella, Sant’Agata sui due Golfi. Pomodoro che trova la sua sublime esaltazione nella famosa “insalata caprese”.
Ironicamente possiamo sorridere pensando che esista un programma alternativo e lungimirante ma che stia chiuso in una cassaforte di cui si è persa la combinazione. La realtà e la verità sono che da troppo tempo la navigazione a vista, il prevalere di interessi clientelari locali, la pigrizia culturale, la sfiducia ed il disinteresse delle cittadinanze, l’esodo di talenti impediscono di alzare lo sguardo verso il futuro, di avere una idea in grado di dare un nuovo volto alle cittadine sorrentine e creare occasioni di nuove tipologie di lavoro, di cullare la speranza dei giovani. Si sta determinando un pericoloso immobilismo.
Già la terribile crisi finanziaria degli anni 2008-2013 ci aveva spiegato che se non si cambia percorso e non si realizzano programmi di territorio “over“ comunali e progetti utili, dinamici, innovativi, senza sperpero di denaro pubblico, piegandoci esclusivamente ad allattare fino allo stremo la mucca del turismo avremmo sfiancato il territorio e le comunità che ci devono vivere ed al primo intoppo tutto o quasi tutto si sarebbe messo in discussione.
Il Covid ha confermato quelle paure ed ora qualche isolato mea culpa, senza nemmeno battersi il petto tre volte così come previsto dalla liturgia religiosa, non rincuora mentre preoccupa la serena e civile convivenza ed anche le difficoltà della “millennial generation”, quella priva di raccomandazioni e di appartenenza a famiglie con disponibilità economiche e di potere, che prima o poi potrebbero presentare un conto salato. “ ‘O juorno venarrà ca ‘e pecurielle faciarranna tremmà vuosche e ffureste!” A. Manna.
Per questo chi ha voluto responsabilità amministrative non commetta l’errore “di colui che non ha fatto niente perché poteva fare poco” (Edmund Burke).
“L’inizio è sempre la parte più importante lavoro” (Platone).