In memoria del dottor Paolo Castellano
Pubblichiamo il ricordo-testimonianza del dottor Paolo Castellano scritto da Vincenzo Califano per il settimanale Agorà dell’8 Maggio 2021.
“La storia umana e professionale di Paolo Castellano va oltre il racconto che se ne può fare con un articolo commemorativo, perché merita di essere conosciuta e apprezzata nella sua semplicità e altrettanta complessità di cui rendono testimonianza le decine e decine di messaggi, i ricordi e le parole che, come un fiume in piena, stanno accompagnando la sua dipartita.
E’ stato vittima del mostro col quale stiamo combattendo da oltre un anno una lotta impari e che, a dispetto di quello che ci raccontano in tv o scrivono sui giornali, quando aggredisce sul serio fa male, molto, molto male. Chi, come Paolo, era un soggetto molto esposto per il suo lavoro di medico ospedaliero e per di più con una sopraggiunta fragilità a dispetto dell’imponenza che la sua persona non lasciava intravedere, avrebbe dovuto egoisticamente rinunciare a svolgere il suo lavoro per un po’, abbandonare i propri pazienti, l’ospedale e l’ambulatorio in modo da ridurre al minimo i rischi per sè stesso.
Anche il vaccino cui si era sottoposto, come tutti i sanitari, non gli ha creato quell’alone di protezione di cui aveva assolutamente bisogno per continuare a essere il Paolo che tutti conosciamo, il dottore sempre pronto e disponibile a correre in soccorso dei propri pazienti per alleviarne le sofferenze con una terapia mista: fatta di abilità chirurgica, di terapie adeguate e di una massiccia dose di genuino umorismo che ne facevano un personaggio in grado di infondere la speranza anche negli ammalati più gravi che a lui si affidavano con fiducia assoluta.
Quel mostro spietato che subdolamente si è insinuato nel suo organismo ne ha sbaragliato le residue difese per impossessarsi di lui e per trafiggerlo a morte in un lasso di tempo brevissimo. Non gli ha risparmiato quella sofferenza e quel tormento che colpiscono chiunque si ammali di covid iniziando una lotta disperata per respirare e per sopravvivere, fino all’estremo tentativo meccanico di scongiurare una fine che, ahimè, era invece già scritta in quel personalissimo libro della vita che ci accompagna e che sfogliamo, giorno dopo giorno, senza sapere quale sarà l’ultima pagina.
Quella pagina per Paolo è arrivata il 3 maggio scorso, a 59 anni d’età, con una vita davanti che avrebbe potuto e voluto trascorrere gioiosamente con la moglie Cristina e con i suoi adorati figli, sempre al servizio del prossimo condividendone la sofferenza. Ma sempre con un sorriso sulla bocca e con una parola di speranza quasi urlata al cospetto degli ammalati che seguiva, quasi a volerli scuotere da quello stato di rassegnazione che spesso accompagna la malattia e la rafforza.
Paolo era una persona buona e come tutte le persone buone, al di là delle apparenze, era una persona indifesa, capace di lottare con la forza che gli derivava dalla sua educazione e formazione, dalla consapevolezza delle sue capacità di medico, dalla conoscenza e dall’abilità nel saper intervenire all’interno della meravigliosa e complessa macchina che è il corpo umano che per lui aveva pochi segreti abituato com’era a spaziarci per estirpare il male e per restituire salute e gioia di vivere.
La vita di Paolo è stata la vita di un medico, appassionato di motocicletta, ma soprattutto del suo lavoro per il quale ha sempre dovuto lottare in un mondo che troppo spesso non riconosce e non premia il merito, ma l’appartenenza, l’affiliazione: l’essere persona di tizio o di caio in quell’universo della politica che Paolo ha sempre guardato da lontano, con diffidenza, conoscendo i rischi insiti nell’omologazione al sistema, ma anche le rinunce che si devono sopportare per continuare ad essere uomini e medici liberi!
Il suo avvicinarsi alla politica, piuttosto all’esperienza amministrativa a Sant’Agnello quando il sindaco Sagristani gli offrì di candidarsi nella sua lista alle elezioni del 2018, non è stata la scelta di chi alla fine si adegua al gioco. Piuttosto una sfida per valutare su un campo di cui si sentiva completamente estraneo in che misura avesse potuto godere di un consenso elettorale da parte dei suoi concittadini e pazienti.
Una specie di prova per valutare se, con una candidatura, avesse raccolto voti di stima per quello che quotidianamente faceva come medico e portare così la voce dei più deboli, dei più fragili in quei consessi civici dove troppo spesso i problemi del cittadino, quelli più seri e quotidiani non hanno diritto di cittadinanza.
Quando mi spiegò la ragione per la quale avrebbe accettato di candidarsi e mi chiese cosa ne pensavo gli risposi: “caro Paolo, non hai bisogno di questo esperimento per valutare se la gente ti vuol bene, ma fai bene a provare perché l’Amministrazione ha bisogno di persone nuove e perbene come te… Anche se non so per quanto tempo resisterai, perché i riti e i tempi della politica non combaciano con la tua concezione di vita e con la tua professione. La gente vuole il Paolo medico, non il Paolo consigliere e assessore. In ogni caso avrai il mio massimo sostegno“.
Quante volte abbiamo discusso di politica, di malasanità, di una sanità troppo poco attenta ai bisogni reali della gente, di una sanità autoreferenziata dove sguazza la politica e i sanitari ne diventano ostaggi, spesso anche complici! Il racconto che Paolo faceva delle esperienze vissute in prima persona ne facevano emergere un livello di insoddisfazione, un’amarezza, dovuta all’impossibilità, pur con qualche rara eccezione, di trovare interlocutori credibili e sensibili per riuscire a cambiare il corso della politica sanitaria nel nostro territorio. Presto si accorse che anche sedere in consiglio comunale con questo obiettivo era tempo sprecato: l’immagine che alla fine conserviamo di lui resta quella del medico, del chirurgo, dell’amico sempre pronto a risolvere i problemi con sicurezza e tempestività, mai suggestionato dal denaro, pronto a regalare un sorriso e una pacca sulle spalle!
Questo Paolo mancherà a tanti, a troppa gente che nelle sue mani si sentiva al sicuro, quasi protetta, nutrendo speranza anche quando non ce n’era! La sua morte prematura, traumatica e nella solitudine di una terapia intensiva lontano dai tanti affetti familiari e amicali, è stato un prezzo salatissimo, incomprensibile che ha pagato per essere una persona buona al servizio degli altri.
Quando, agli inizi del suo ricovero, ancora abbiamo potuto chattare, mi ha chiesto alcune informazioni sulla mia pregressa esperienza in ospedale nella “lotta per respirare“. Ne avevamo già parlato altre volte, eppure in quel momento tornava a chiedermi della maschera d’ossigeno e delle cure che mi avevano prestato, lui medico in quel momento bisognoso solo di conforto: quello che lui ha dato a tanti, e anche a me, e che a lui invece è stato negato.
Paolo merita di essere ricordato per essere stato un autentico testimone di una vita dedicata al prossimo. L’Amministrazione di Sant’Agnello e il Sindaco Sagristani potranno rendergli onore dedicandogli una strada o un luogo del suo paese nativo affinché non se ne perda la memoria e il suo esempio possa incoraggiare, soprattutto i giovani, a vivere la propria vita con altruismo”.