Lauro e la comunicazione del Presidente Conte nell’emergenza: un fallimento pericoloso
Pubblichiamo la seconda parte, dedicata all’anarchia comunicazionale in atto, delle riflessioni dello scrittore Raffaele Lauro. Lauro ha insegnato, presso la LUISS di Roma, Diritto delle Comunicazioni di Massa, ha scritto saggi sulla comunicazione istituzionale e ha tenuto, a lungo, rubriche sulle nuove tecnologie digitali e i nuovi media, su due quotidiani nazionali (v. sito: www.raffaelelauro.it). Questo intervento segue il primo, al quale si connette, sull’anarchia istituzionale tra Stato/Governo/Organi straordinari per l’emergenza/Enti Locali/Sindaci, dovuta alla mancata predisposizione di un Piano Nazionale di controllo del territorio, coordinato con un Piano Nazionale di gestione del rischio sanitario. E neppure, in sostituzione, come richiesto da Lauro su questo giornale, delle Linee Guida Nazionali per la gestione del rischio, che avrebbero reso omogenei, coordinati ed efficaci gli interventi dei soggetti operanti, a livello centrale e periferico.
PANDEMIA. LA GESTIONE IMPROVVISATA E POCO PROFESSIONALE DELLA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE DA PARTE DEL GOVERNO CONTE HA PRODOTTO UN’ANARCHIA INFORMATIVA, UN DELIRIO MEDIATICO E UNA DERESPONSABILIZZAZIONE COLLETTIVA.
L’ANARCHIA COMUNICAZIONALE
di Raffaele Lauro
Un Piano Nazionale di gestione del rischio sanitario o, in sostituzione, come invocato in precedenza, almeno delle Linee Guida Nazionali per la gestione del rischio, obbligatorie, avrebbero vincolato, in un quadro generale, e reso omogenei gli interventi dei soggetti operanti su tutto il territorio nazionale, dal centro alla periferia, fin dall’inizio di questa tragedia del coronavirus. Al contrario, giorno dopo giorno, ci ritroviamo in pieno caos istituzionale, perché ogni soggetto va per proprio conto, a causa delle insufficienze di un governo, che è venuto meno ai suoi compiti più importanti: la tutela della salute pubblica e la salvaguardia del futuro civile, sociale ed economico del nostro paese.
Un pilastro non secondario di una strategia non confusionaria avrebbe dovuto essere, e non è stata, almeno finora, una gestione, unitaria, sobria, autorevole ed altamente professionale della comunicazione istituzionale, specialmente di fronte ad una emergenza di tale portata, con migliaia di vittime e di contagiati, in tempi di comunicazione diffusa e istantanea, tramite il web e i social media. Era una premessa questa, fondamentale ed ineludibile, per evitare il panico, per rendere immediatamente chiare ed efficaci le misure restrittive varate e per coinvolgere tutti i cittadini in un processo di responsabilizzazione collettiva.
LE TAPPE DI UN DELIRIO INFORMATIVO
Ci troviamo ormai in pieno delirio informativo, le cui tappe non si possono più sottacere:
– le sottovalutazioni iniziali del premier Conte (31 gennaio 2020);
– gli annunci improvvisati e inconcludenti dello stesso a reti unificate, autoreferenziali (la citazione di Winston Churchill!);
– le presenze falsamente rassicurati del premier in trasmissioni televisive di intrattenimento, persino in quelle più trash;
– le continue, contraddittorie e mortificanti prese di posizioni pubbliche dei ministri, in contrasto tra di loro, su questioni delicatissime, come se dovessero occupare, per forza, ad onta di ogni pudore, senso delle istituzioni, decoro e logica, il palcoscenico mediatico, in cerca di visibilità, come delle soubrette di avanspettacolo (con tutto rispetto per le soubrette!);
– le anticipazioni o la fuga di notizie, magari orchestrata, come se stessimo in un gioco, in un quiz, in un reality televisivo, sulle misure allo studio e, addirittura, su bozze di atti in corso di definizione o di approvazione, che hanno provocato, tra l’altro, resse nelle ferrovie, sugli autobus, nelle metropolitane e l’esportazione ormai conclamata del contagio dal Nord al Sud e nelle Isole;
– la sbornia quotidiana, a ogni ora del giorno e della notte, di onnipresenti partecipazioni radiotelevisive di medici, psicologi, psichiatri, virologi, impostori, santoni, attrici, attricette, con opinioni contrastanti e allarmanti, sulla pandemia e sul coronavirus, persino sulle reti del servizio pubblico radiotelevisivo;
– le immagini diffuse non selezionate di situazioni drammatiche, nonché gli appelli di responsabili istituzionali sui media e non nell’ambito degli stessi apparati istituzionali;
– i bollettini pomeridiani della protezione civile, con decessi, infettati e guariti, senza una logica statistica, che distinguesse le cause dei decessi, dapprima eccessivamente rassicuranti, dappoi eccessivamente drammatizzanti, riflesso delle incertezze del governo;
– la fogna mediatica, a cielo aperto, straripante e maleodorante, delle fake news, magari manovrate da servizi segreti stranieri, interessati a schiantare definitivamente l’Europa;
– l’emergere di teorie complottistiche, di opposta tendenza, con finalità di terrorismo psicologico, atte a disorientare e a subornare i cittadini;
– la diffusione sistematiche di link ingannevoli degli hater per infettare cellulari e tablet;
– gli annunci salvifici di cure imminenti, con farmaci non sperimentati, capaci di creare illusioni, disillusioni e distorsioni.
Si potrebbe continuare a documentare questa orrenda overdose di info, nella quale gli italiani sono stati precipitati, e questo abisso ansiogeno, in cui sono caduti, quando sarebbe bastata una guida, una fonte autorevole e credibile che avesse ristabilito tempestivamente la verità, confutando le tesi più aberranti. Tutto ciò avrà, purtroppo, delle conseguenze devastanti sull’approccio psicologico dei cittadini anche nella auspicabile ripresa delle attività produttive e lavorative.
DALLE “CATILINARIE” ALLE “CASALINARIE”
Con tutto il rispetto per Cicerone, autore delle celebri orazioni pronunciate in Senato contro Catilina (63 a.C.), le “Catilinarie”, queste deficienze, almeno la maggior parte di esse, che hanno prodotto un’anarchia informativa, un delirio mediatico e una deresponsabilizzazione collettiva, potrebbero essere intitolate le “Casalinarie”, in quanto imputabili al padrone della comunicazione istituzionale del capo del governo, ingegnere Rocco Casalino.
L’ultima perla di questa anarchia comunicazionale si è verificata sabato notte, 21 marzo, con l’annunzio, per le 22.30, in edizione straordinaria e a reti radiotelevisive unificate, di un nuovo “Discorso alla Nazione” del cosiddetto “Avvocato del Popolo” (anche la principessa Diana si sarà rivoltata nella tomba!). Gli italiani terrorizzati si sono sintonizzati in attesa del nuovo “verbo contiano”! Hanno atteso un’ora, dico un’ora, finalizzata strumentalmente a far salire la tensione, il pubblico, lo share, gli ascolti. Quasi un altro gioco, un altro reality, orientato ad aumentare il gradimento del premier, già al 71%, da lasciar trapelare, come puntualmente avvenuto, due giorni dopo: mezzo milione di follower in più, evviva Conte, bravo Casalino! L’obiettivo propagandistico è stato raggiunto! Un’altra “casalinaria” delle tante, dunque, orchestrata da Casalino, il principale, ma non l’unico, responsabile dell’anarchia in atto. Non da solo, certo, ma con la complicità di molti, una minoranza per fortuna: giornalisti, corrispondenti, direttori di telegiornali, di giornali e di rete, annidati specie nel servizio pubblico e ansiosi di fare carriera nel ventre del potere, anche se ormai boccheggiante e al suo requiescat.
Resterà memorabile, nella storia del TG1, il duetto imbarazzante tra la conduttrice del telegiornale e il corrispondente da Palazzo Chigi, impegnati a intrattenere il pubblico in attesa del “Salvatore della Patria”, rievocando, tra loro, con effetto magnificatorio, magari involontario, i precedenti interventi televisivi di Conte.
Poi, alla fine, ecco apparire, in diretta Facebook (un’altra anomalia!), l’avvocato Giuseppe Conte, il signor presidente del Consiglio del Ministri, sorridente, rassicurante, dal tratto signorile, sempre elegante, senza pochette (come mai?), chiamato, nel 2018, a ricoprire il prestigioso incarico su designazione di un comico genovese, oggi vigliaccamente chiuso nel silenzio. Un non eletto in Parlamento che sta espropriando, nei fatti, lentamente, passo dopo passo, il Parlamento dei suoi poteri costituzionali.
Il Re Travicello delle origini, diventato, in due anni, il Re Tentenna per sopravvivere (governativamente parlando!) e che ora aspira a diventare, sulle macerie del nostro paese, il Re Leone, con orizzonti istituzionali ancora più ambiziosi. Cosa ha proclamato, dunque, l’avvocato Conte al popolo italiano angosciato?
L’ULTIMA PERLA
Un’altra predica inutile, zuccherosa, propagandistica, autoassolutoria e manipolatoria! Questo signore non è uno statista! Uno statista dice la verità, tutta la verità e, poi, può chiedere sacrifici al suo popolo! Ma l’avvocato Conte continua a non dire la verità! Continua a mentire al popolo italiano, specie sul futuro, con appelli retorici che cadono nel vuoto! Non ha il coraggio di riconoscere gli errori commessi! Si porterà sulla coscienza altre migliaia di morti. I suoi provvedimenti, a singhiozzo, inseguono la crisi, ma non la prevengono, non la risolvono. Non poteva capitare al nostro paese una disgrazia più grande: avere al timone del paese, in una tempesta senza precedenti, un personaggio del genere. Annuncia, nottetempo, misure immediate di chiusura delle attività produttive non essenziali, senza avere in mano un provvedimento scritto, definito, approvato, firmato e almeno comunicato al Parlamento. Getta, di nuovo, nella confusione tutto il paese, in particolare gli imprenditori e quanti erano i destinatari diretti del provvedimento.
Lo stesso scenario del precedente provvedimento: bulimia autoreferenziale, superficialità, irresponsabilità, ignoranza e violazione delle regole, anarchia comunicazionale. Protesta domenicale di Confindustria, revisione della bozza di decreto, elenco interminabile delle deroghe, firma domenicale del provvedimento, ma rinvio applicativo, per le imprese interessate, delle misure a mercoledì 25 marzo.
Una tragicommedia all’italiana, mai vista prima, nella storia della Repubblica!
PER UNA CORRETTA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE IN CASO DI RISCHIO SANITARIO
Al fine di evitare che le tante anime belle, ormai numerosissime, che ancora si lasciano irretire dalle “prediche contiane”, comincino a starnazzare, come le oche in Campidoglio, si riporta un decalogo elementare, reperibile su qualsiasi manuale di gestione del rischio sanitario, in caso di epidemia o, addirittura, di pandemia, su come avrebbe dovuto o dovrebbe essere gestita – almeno si spera! – la comunicazione istituzionale, in un frangente come il nostro:
1) coinvolgere, da subito, la popolazione, cioè la parte più interessata alla comunicazione del rischio sanitario e alla prevenzione dal contagio;
2) inquadrare le informazioni nel giusto contesto, e con chiarezza, per essere recepite dalla popolazione tutta;
3) fornire, da parte di una sola fonte istituzionale, supportata da scienziati credibili, informazioni specifiche e contestuali, evitando la frammentarietà e un linguaggio tecnicistico, al fine di farsi comprendere da un pubblico generale, non competente nella materia;
4) curare la qualità delle informazioni, che, oltre ad essere tempestive, trasparenti, semplici e coerenti, devono interpretare i timori, le angosce e le paure della popolazione per comunicare, in modo efficace, il rischio del contagio e i comportamenti individuali da osservare;
5) evitare atteggiamenti troppo rassicuranti, che rappresentano una delle trappole nella comunicazione del rischio, alternandoli ad atteggiamenti drammatizzanti, forieri di sfiducia, demotivazione e ansia, alla lunga non più gestibili;
6) comunicare con metodo e in base ad una strategia chiara, in chiave psicologica e sociologica, gli obiettivi da conseguire e la tempistica degli stessi;
7) utilizzare, in maniera corretta e costruttiva i social media, promuovendo la condivisione e un attivo coinvolgimento dei cittadini, impiegando gli stessi media, da parte della fonte istituzionale, per smentire fake news, trappole infettanti, messaggi distorsivi, terroristici, illusori o destabilizzanti, quando divenuti virali sul web;
8) indurre, con l’autorevolezza della fonte, il dibattito politico e quello scientifico al senso di responsabilità, evitando strumentalizzazioni, bagarre, conflitti, che potrebbero distorcere la percezione del rischio da parte della popolazione;
9) destinare risorse adeguate alla struttura, attivando competenze professionali adeguate, anche in materia statistica, per realizzare un programma di comunicazione istituzionale chiaro, corretto ed efficace;
10) analizzare quotidianamente, attraverso società specializzate, l’impatto della comunicazione istituzionale sulla popolazione, al fine di rilevare eventuali criticità ed operare le tempestive correzioni. Un antico adagio sorrentino, interprete popolare del mito di Icaro, recita: quando le formiche vogliono morire, mettono le ali!
Qualcuno avvertisse il presidente Conte e i suoi collaboratori!