L’Italia sul Baratro/Il Sogno populista, sfida alla coscienza democratica del Paese
I pochi, ma attenti lettori di questo diario politico hanno reagito con immediatezza all’ultimo pezzo, nel quale si paventava la messa a repentaglio della nostra sicurezza nazionale a causa della politica estera preannunziata dal futuro governo Di Maio-Salvini ormai in dirittura di arrivo.
Cioè un ribaltamento progressivo delle alleanze tradizionali, a partire dalla NATO, a favore di un avvicinamento alla sfera di influenza della Russia, inaugurato con la cancellazione unilaterale delle sanzioni nei confronti del Cremlino, non a caso accolta con grande e immediata soddisfazione da Vladimir Putin.
Le reazioni, tuttavia, sono state di segno opposto e, quindi, meritevoli di un approfondimento. Chi ha condiviso, in pieno, l’analisi e le conclusioni, con le inevitabili preoccupazioni per un isolamento dell’Italia rispetto alla tradizionale solidarietà atlantica ed europea, ha scambiato un legittimo, doveroso quanto motivato allarme, per qualcosa di ineluttabile, non solo sul piano ipotetico, ma della certezza, chiedendo addirittura consiglio se fosse stato necessario, quanto prima, riparare all’estero. Altri, di contro, non hanno condiviso la riflessione politica, giudicandola viziata da un eccessivo allarmismo, del tutto ingiustificato, da una cecità verso il “nuovo” che sta emergendo e da una sostanziale incapacità di cogliere il cambiamento radicale che si sta realizzando ad opera dei leader del M5S e della Lega, Luigi Di Maio e Matteo Salvini.
In poche parole un articolo-frutto avvelenato di un utilizzo di vecchie categorie della politica, ormai spazzate via dall’emergente scenario italiano che si muove in una direzione completamente antitetica rispetto a quella del passato, ancorché ancora indefinita!
Ai primi commentatori va raccomandato prudenza e, prima che acquistino i biglietti aerei per espatriare dall’Italia, invitarli ad attendere lo sviluppo degli eventi che matureranno nelle prossime settimane: dalle decisioni che assumerà il Presidente della Repubblica in materia di designazione del premier, di affidamento dell’incarico, di composizione della compagine governativa, di programma di governo, presentato in Parlamento (e sul quale il governo avrà ottenuto la fiducia!), nonché di reazione dei mercati finanziari e delle cancellerie degli alleati, europei e atlantici.
Ai censori, invece, entusiasti cantori della rivoluzione che avanza, abituali frequentatori dei forum sul web, bisogna proporre, con un notevole sforzo intellettuale, prescindendo dalla realtà e accantonando le “vecchie categorie della politica”, una prospettiva positiva e innovatrice dell’avvento (epocale) al potere dei populisti e dei sovranisti italiani. Non senza rinunziare a ricordare, tuttavia, che non si tratta di una grande prova di democrazia l’esaltare una votazione plebiscitaria sul contratto, effettuata on line, da meno di cinquantamila iscritti (M5S) o con una sottoscrizione di un modulo “orientato”, da parte di poche migliaia di sostenitori (Lega). Iniziative entrambe finalizzate più al sostegno dei leader che ad un serio approfondimento dei contenuti del contratto, con un ulteriore svilimento del ruolo del Parlamento e dei rappresentanti eletti.
IL “DE PROFUNDIS” DEL CENTRODESTRA E DEL PD
Non si può tentare di delineare la direttrice futura della politica italiana, in chiave populista e sovranista, senza recitare preliminarmente il “De profundis” del centrodestra e del PD.
Che l’alleanza tra la Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia avesse una valenza puramente elettorale, in relazione al “Rosatellum”, lo si era capito da tempo, confermata dalle polemiche pre e post-elettorali tra Salvini e Berlusconi, sopite, a tratti, soltanto per fini utilitaristici e contingenti. L’impostazione nazionale e nazionalista della Lega di Salvini e la tattica temporalizzatrice del “comunista padano” erano mirate ad un’annessione morbida e progressiva della nomenclatura forzista e dell’elettorato berlusconiano, anche tramite la proposta di un partito unico.
Le strategie che erano divergenti, ora sono diventate totalmente inconciliabili, nonostante il governo di tante amministrazioni regionali e comunali in comune. Per cui si può ipotizzare, a titolo accademico, che nel caso fosse intervenuta una vittoria maggioritaria del centrodestra il 4 marzo, le divergenze sarebbero venute ugualmente alla ribalta. La ragione di fondo è costituita dalla dissoluzione del centro del sistema elettorale e dalla polarizzazione degli estremi. Di questo mutamento socio-economico non è rimasto vittima soltanto il “moderatismo” di Berlusconi, ma anche il disegno renziano del Partito della Nazione, che ha provocato una scissione a sinistra e la confusione attuale in cui si dibatte il PD dopo la più grave sconfitta subita dalla sinistra italiana, pre e post ideologica.
Il ravvedimento di Berlusconi, con la presa di coscienza definitiva del “tradimento” di Salvini, sulla base del contratto sottoscritto con Di Maio, l’assist della ricandidabilità e la scelta di una opposizione dura in parlamento e nel paese, nonché sui media aziendali, non lascia prevedere, comunque, recuperi significativi di consenso, con il tempo ormai divenuto un nemico implacabile. Anche la crisi “esistenziale” del PD appare, allo stato, irreversibile, aggravata dalla spada di Damocle di un’altra scissione e dall’arretramento fisiologico della sinistra tradizionale in tutti i paesi europei.
Il “De profundis” del centro destra e del PD, quindi, apre praterie sconfinate alle istanze dei populisti e dei sovranisti italiani.
IL GOVERNO DEL CAMBIAMENTO
Nonostante le frizioni delle ultime ore sulla premiership e gli esami presidenziali da superare, i due dioscuri andranno spediti nel governare del paese. Se il governo Di Maio-Salvini procederà con risultati tangibili, si trasformerà in un esecutivo di legislatura e attuerà il cambiamento tanto atteso. Se, al contrario, incontrerà difficoltà, provocato dai “nemici” europei, si dimetterà e chiederà le elezioni anticipate, presentandosi alle stesse come un’alleanza elettorale organica, o un’alleanza di fatto, con la tecnica della desistenza nei collegi uninominali, facendo così piazza pulita degli avversari e tornando a governare insieme, più forti di prima.
Nonostante le polemiche del passato e le difficoltà del presente, Di Maio e Salvini si sono convinti che la loro intesa governativa si potrà trasformare, in futuro, con la spartizione di centinaia di nomine di potere, in un’alleanza ancora più solida, basata su una reale e progressiva convergenza di interessi, collante insostituibile degli accordi politici. La spia rivelatrice di questa prospettiva “coperta” è scritta nel contratto, sotto forma di un impegno futuro alla non belligeranza elettorale, in caso di elezioni anticipate o nelle elezioni europee del 2019. Sono intuibili, fin da ora, quali continueranno ad essere gli obiettivi polemici sui quali i populisti apriranno il loro fuoco concentrico: il vecchio regime che non vuole morire, la casta, i privilegi, l’Europa, i nemici del cambiamento, cioè i “morituri” Berlusconi e Renzi.
IL SOGNO POPULISTA, UNA SFIDA ALLA COSCIENZA DEMOCRATICA DEL PAESE
Questa delineata prospettiva, sogno ambito di Di Maio e di Salvini, nonché dei loro proseliti, costituisce una sfida alla coscienza civile e democratica del nostro paese. Potrebbe non diventare, comunque, un’ipotesi del tutto irrealistica se continuassero gli errori della vecchia classe politica, la viltà del mondo dell’informazione, l’ignavia delle persone con responsabilità istituzionali e le pulsioni autodistruttive di una parte del corpo elettorale, specie giovanile, che ha perduto la fiducia nelle istituzioni democratiche, ha smarrito il senso della realtà e sta facendo precipitare, forse inconsapevolmente, il futuro dell’Italia nel girone dell’Apocalisse.