L’Italia sul Baratro/Il cannibalismo politico della Terza Repubblica
I commenti politici dei più importanti organi della stampa nazionale e delle reti radiotelevisive, nonché degli osservatori internazionali, hanno usato all’unisono tutte le espressioni più salaci, nel significato di sconcio, per rappresentare ai lettori e ai telespettatori l’andamento altalenante (le montagne russe del luna park postelettorale!) e le conclusioni (i demoralizzanti, quanto improbabili, spunti di riflessione di Maria Elisabetta Alberti Casellati!) del mandato esplorativo, affidato da presidente della Repubblica alla seconda carica dello Stato, con il compito esclusivo di verificare la compatibilità, politica e programmatica, di una maggioranza parlamentare tra il centrodestra, a guida Matteo Salvini, composto da Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, e il M5S, a guida Luigi Di Maio.
Non risulta possibile elencare l’intero repertorio “parodistico” utilizzato, ma restando all’essenziale dei termini: commedia, commedia dell’arte, commedia all’italiana; teatro, teatrino, teatruccio, teatro dei pupi; rappresentazione di burattini e di marionette; gioco, gioco infantile, doppio e triplo gioco, gioco tattico; fiera della vanità, delle illusioni, dell’incompetenza, dell’autoesaltazione, dell’insolenza e dell’arroganza; sceneggiata, messinscena, piazzata, un autentico San Carluccio (il regno teatrale della sceneggiata napoletana). Con tutto il rispetto, comunque, di queste forme storiche di teatro popolare!
I rituali sacrificali della prima repubblica, nella sua fase terminale, e quelli della seconda repubblica cadono nell’oblio rispetto alle gesta eroicomiche dei nuovi protagonisti della terza repubblica che appaiono dei piccoli e velleitari robin hood di provincia.
Purtroppo quelli definiti, nelle scorse settimane, su questo diario, i “ciarlatani” della campagna elettorale, prodighi di mirabolanti quanto inattuabili promesse con le quali sono riusciti ad irretire e ad illudere gran parte dell’elettorato italiano, hanno dato, nel corso delle due consultazioni quirinalizie e, in particolare, di quella esplorativa, uno spettacolo dei loro rapporti, delle loro proposte di governo e delle loro prospettive politiche molto prossimo all’oscenità, caratterizzato da un sconcertante cannibalismo politico!
A partire dalle gaffe istituzionali che gli italiani, anche quelli che invocano un radicale cambiamento del ceto politico, mal tollerano:
– la prima: “il barbaro del Nord” giustifica la sua assenza al primo incontro con la presidente Alberti Casellati, da lui stesso officiata al vertice del Senato della Repubblica, con un banale impegno in Sicilia (capirai che impegno, manco avesse dovuto incontrare Putin alle falde dell’Etna!);
– la seconda: “l’abatino del Sud”, neo baciapile delle reliquie di San Gennaro, si presenta con un’ora di ritardo all’appuntamento a Palazzo Giustiniani, con l’altrettanta banale giustificazione di aver dovuto approfondire la proposta cinquestelle (capirai che novità sono emerse dalla nuova proposta!).
In democrazia la forma costituisce un elemento fondamentale dell’assetto istituzionale, per cui se queste gaffe fossero state studiate come segnali del preannunciato cambiamento, come rottura dei formalismi, si possono già immaginare quelle che potrebbero emergere nei rapporti internazionali, tali da fare impallidire i “cucù” e le “corna”, esibite in passato da Silvio Berlusconi. Non si osa neppure commentare l’esibizione televisiva, su La7, della “camicia sudata” di Matteo Salvini: una volgare goffaggine capace di far dimenticare tutti i ”vaffa…” di Beppe Grillo.
Se da queste “macerie formali” si passa a quelle “sostanziali”, il terremoto post elettorale risulta ancor più devastante e il futuro ancor più confuso tanto che l’ansia collettiva si sta trasformando rapidamente in angoscia mentre, dopo quarantacinque giorni di farsa, l’attendismo dei mercati finanziari comincia a venir meno, come risulta dal preavviso del Fondo Monetario Internazionale al futuro governo italiano, chiunque lo presieda e da qualunque maggioranza possa essere sostenuto.
I MONITI DEL FMI
La stretta sugli interessi da parte delle banche centrali, conseguente all’elevato livello raggiunto dall’indebitamento pubblico globale (164 mila miliardi di dollari, nel 2016), sta mettendo a rischio la crescita economica mondiale. La previsione di una leggera crescita anche per l’Italia, nel 2019, quindi, non va considerata in maniera assoluta, ma relativamente agli altri paesi europei: il nostro paese rimane ancora il fanalino di coda.
Da qui le raccomandazioni inequivocabili del FMI:
– mettere ordine nelle finanze pubbliche con il taglio della spesa primaria corrente;
– fare una politica economica “neutrale” cioè senza deficit;
– modificare la politica fiscale tassando (di nuovo) gli immobili (la casa), le ricchezze (la patrimoniale) e i consumi (aumento dell’IVA), per sostenere le fasce sociali più deboli, per aumentare gli investimenti e per ridurre il carico fiscale sui fattori produttivi;
– consolidare l’enorme debito pubblico, ponendolo su “un solido percorso discendente”.
Pur non volendo rispettare alla lettera le ricette consigliate (o dettate?) dagli economisti di Washington, le velleità di spesa contenute in tutti programmi elettorali sarebbero ridotte al lumicino, almeno nella misura del 90%. I nuovi leader italiani del sovranismo e del populismo e i vecchi leader consunti del passato terranno in non cale queste raccomandazioni? Orbene, in pochi mesi ci troveremo in una condizione ancor più fallimentare del 2011, con tutte le conseguenze del caso.
Oltre a sbranarsi tra di loro, in tal modo, i cosiddetti leader della terza repubblica, prigionieri delle loro origini politiche, delle loro presunzioni di pseudo-vincitori e delle loro avventate dichiarazioni, cannibalizzeranno anche il popolo che li ha eletti.
IL CANNIBALISMO SALVINI-BERLUSCONI
La ribadita unità del centrodestra, dopo i comizi conclusivi tenuti in Molise da Salvini e da Berlusconi, appartiene ormai al novero delle barzellette da “transatlantico di Montecitorio”, quelle che non fanno ridere neppure i gatti. In effetti il veto assoluto di Di Maio ad una maggioranza organica centrodestra-M5S e le espressioni impiegate da Berlusconi nei confronti dei cinque stelle (antidemocratici, impreparati, pericolosi, inaffidabili, arroganti, sfaccendati, disoccupati in cerca di sistemazione e inidonei persino a pulire i servizi igienici di Cologno Monzese) hanno dissolto non solo l’ipotesi di un governo dei cosiddetti vincitori delle elezioni, ma anche il disegno strategico di Salvini di procedere dolcemente, per tappe successive, alla cannibalizzazione di Forza Italia e alla liquidazione della leadership di Berlusconi, passando di vittoria in vittoria elettorale, fino ad un partito unico della destra, avanzato dal forzista (?) Giovanni Toti. Resta da vedere se, dopo l’affermazione leghista in Molise e il prevedibile successo in Friuli-Venezia Giulia, “il barbaro del Nord” deciderà di consumare subito il parricidio di Berlusconi e di procedere all’annessione, con conseguente transumanza verso la Lega di parlamentari, sindaci, assessori e consiglieri, regionali e comunali, di Forza Italia.
Le ultime provocazioni antiberlusconiane di Salvini (la pazienza perduta, la volontà di scendere in campo in prima persona, pretendendo un pre-incarico, e la totale avversione al “Teorema Letta”) e i disperati quanto tardivi tentativi di autodifesa di Berlusconi, lasciano intravedere un’imminente resa dei conti: uno show down definitivo tra i due (ex) alleati, tra il giovane leone rampante dagli atteggiamenti demagogici, sempre più marcatamente para-fascisti, e il vecchio leone umiliato, costretto a difendere con i denti la sua eredità elettorale e la sopravvivenza delle sue aziende dai prevedibili attacchi futuri dei cinque stelle. A quel punto, in caso di vittoria del primo, potrebbe, come d’incanto, risorgere dalle ceneri il governo sovranista Di Maio-Salvini, guidato da capo politico del M5S e con un programma di compromessi che tacitasse e mascherasse tutte le loro contraddizioni e le loro contrapposizioni, in politica estera e in politica economica.
IL CANNIBALISMO DI MAIO-SALVINI
Gli ultimi eventi hanno testimoniato come le comunicazioni telefoniche tra i due “bari” del celebre murale del Caravaggio, forse a causa dei dialetti impiegati (il lombardo e il napoletano), che non hanno funzionato a dovere. Incomprensioni, fraintendimenti, rassicurazioni e colpi di scena che hanno portato allo “sputtanamento” di Di Maio di fronte alla vociante platea grillina del “Colosseo digitale”, con l’ipotesi, formulata e poi nascosta, dell’accettazione di un appoggio esterno di Forza Italia e di Fratelli d’Italia. Uno “sputtanamento”, aggravato dalla sentenza palermitana sulla trattativa Stato-mafia che ha trasformato definitivamente Berlusconi, agli occhi dei puristi e degli ortodossi del movimento, nel “male assoluto”, epiteto tombale già lanciato dal fratello-coltello di Di Maio, Alessandro Di Battista. In realtà i due personaggi, Di Maio e Salvini, hanno le stesse caratteristiche psicologiche (l’alta considerazione di se stessi, l’autoreferenzialità, il capismo spiccio e brusco, che tanto piace all’elettorato debole, la vocazione alla presa del potere senza il consenso maggioritario dell’elettorato, il delirio di onnipotenza, che nasconde quello di impotenza, nonché la fuorviante convinzione di essere portatori di un disegno rinnovatore e salvifico per il nostro paese, un misto di illusionismo e di visionarietà) che, nell’immediato, potrebbero favorire una loro alleanza strumentale, ma nel medio termine li porterebbe a dilaniarsi tra loro. A cannibalizzarsi a vicenda.
LA SAPIENZA DI MATTARELLA
Su questo scenario di disfacimento della politica italiana si staglia solitaria, a salvaguardia delle istituzioni democratiche, la limpida figura di Sergio Mattarella, una delle poche scelte azzeccate di Matteo Renzi, a dispetto di Berlusconi, nutrita dall’antica saggezza della moderazione, del rispetto e dell’equilibrio, di matrice democristiana, le cui decisioni, dopo settimane di stallo, sono attese dopodomani. Darà un nuovo incarico esplorativo al presidente della Camera o un pre-incarico a chi lo pretende al grido farneticante: farò, provvederò e risolverò tutto io, o me o le elezioni? Prevedibilmente propenderà per la prima scelta, perché deve sgombrare necessariamente il campo da tutte le ipotesi di maggioranze impossibili, compresa quella M5S-PD, spazzando via tutti gli alibi del cosiddetti vincitori e dei vinti, prima di procedere con una scelta non tecnica, ma politico-istituzionale, a carattere emergenziale, che interromperebbe anche il cannibalismo interno al PD.
L’unica soluzione, allo stato possibile!
Onde evitare che i populisti demagoghi, per giustificare il loro fallimento, di fronte alle loro truppe accecate d’odio e per tentare di lucrare ancora consensi sul piano elettorale, possano puntare le loro artiglierie polemiche sull’ultimo baluardo rimasto, il Quirinale, cannoneggiando l’antica residenza estiva dei Papi.