Quel deficit cronico di legalità che alimenta i business camorristici
La notizia è di qualche giorno fa e volutamente non l’abbiamo commentata per verificare se dal mondo politico sorrentino e peninsulare si alzasse una qualche voce a proposito delle infiltrazioni camorristiche sul territorio e nell’economia locali. Lo spunto per riparlare di camorra l’ha fornito la proposta da parte del Comune di Sorrento di utilizzare un bene confiscato alla malavita organizzata – un appartamento – per i disabili, quindi con una finalità sociale così come avviene in tutti i casi di affidamento da parte dell’Autorità Giudiziaria di beni frutto di illecite attività. Si torna a scoprire così che la longa manus camorristica – in specie quella del clan D’Alessandro – fa affari in Costiera dove ormai sono anni che l’Antimafia, nelle sue semestrali relazioni sulla lotta al crimine organizzato, registra la piena operatività del crimine organizzato in quest’area tanto prossima a quella stabiese-vesuviana dove i clan camorristici che si contendono il controllo del territorio e la gestione di affari illeciti e legali sono qualcuno in più del solo clan D’Alessandro e contaminano la realtà socio-economica e quella politico-istituzionale quasi nell’indifferenza dell’opinione pubblica.
Qualche episodio di cronaca nera più o meno recente accaduto a Vico Equense è servito a ricordarci, ma solo per qualche giorno, che in fin dei conti la Costiera non è terra immune dal fenomeno camorristico: anzi potrebbe essere la “lavatrice” dei proventi illeciti posto in essere col riciclaggio di denaro sporco attuato sistematicamente alimentando, tra l’altro e da sempre, il fenomeno dell’usura che coinvolge trasversalmente la società peninsulare. Chi parla più di queste piaghe e denuncia il malessere che si genera nella comunità proprio per l’espandersi di questi fenomeni riuscendo a scrollarsi di dosso il mantello di un ipocrita perbenismo? Quasi più nessuno a dire la verità, eccezion fatta per l’ex Prefetto e parlamentare Raffaele Lauro e per l’ex consigliere comunale di Sorrento Rosario Fiorentino che non hanno mai dismesso l’impegno civico e culturale su questo fronte!
L’intellighenzia peninsulare, o pseudo tale, si è ormai dissolta mostrando l’assoluta incapacità di svolgere una qualunque funzione di stimolo intellettuale nei riguardi della società locale, in particolare di quella politica e quella imprenditoriale che maggiormente dovrebbero mantenere alto il livello di attenzione sul problema. La questione vera è che non si può più parlare di camorra secondo i canoni tradizionali del fenomeno: piuttosto della coesistenza sul territorio di diverse tipologie di camorre che vestono ben altri panni, controllando e condizionando la vita pubblica e privata del territorio e la sua economia in un deficit cronico di legalità sempre più percepito in termini di una nuova regola di convivenza sociale. Così si spiegano i troppi silenzi di una politica complice di questo nuovo sistema dal quale si alimenta e che provvede a sua volta ad alimentare. Eppure il fenomeno è ben conosciuto, le dinamiche sono note come pure gli attori di prima, seconda e terza fila visto che esistono anche rapporti riservati e molto circostanziati sullo stato dell’arte criminosa in Penisola Sorrentina. Nonostante tutto prevalgono logiche omertose! Le colpe della politica sono innanzitutto quelle di voler ostinatamente nascondere la verità in nome della salvaguardia di interessi che, a ben vedere finiscono con l’essere non soltanto quelli reali del territorio, ma quelli del malaffare che in esso prospera e di esso si alimenta in giacca e cravatta! In questo senso, occorre dirlo, cresce la sfiducia del Cittadino anche nei riguardi dei tutori della legge e della legalità che probabilmente ci mettono, più o meno volontariamente, anche del loro per non alterare questo delicatissimo equilibrio.
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