Diario Politico©Raffaele Lauro,  Italia

A proposito di informazione e di deontologia professionale…

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infoAll’indomani della pubblicazione del codice etico per gli eletti del Movimento 5 Stelle e dell’attacco di Beppe Grillo alla stampa, si sta sviluppando un nuovo dibattito sulla deontologia dei professionisti dell’informazione (i giornalisti) e sull’esigenza di tutelare l’opinione pubblica dalle “bufale” che circolano sulla rete e che vengono amplificate dai social in modo esponenziale. La politica non ha perso tempo tentando di cogliere l’occasione per imprimere una “stretta” al web che rappresenta ormai il suo “tallone d’achille“, ma anche la fonte prevalente di approviggionamento informativo da parte della gente che da tempo ha abbandonato la stampa tradizionale affidandosi sempre di meno ai media televisivi, in particolare ai TG. A che serve allora controllarli tutti se la gente se ne infischia, è il pensiero dell’ex premier Renzi! Un bel problema per la politica, soprattutto quella impersonata dal PD, che si sente sempre più esposta rispetto a un’informazione che da “verticale” è diventata “orizzontale” nelle modalità di trasmissione, ma anche nella formazione in sè, visto che tutti ormai sono in grado di trasformarsi in cronisti in tempo reale, testimoni di eventi che vanno addidirtura in diretta su facebook.

Per una certa sinistra abituata ad avere il monopolio dell’informazione, questo davvero è un problema serio! In poco tempo il mondo dell’informazione tradizionale e professionale si è ritrovato completamente spiazzato da questa vera e propria rivoluzione comunicativa e quindi stenta a trovare una strada che gli restituisca la propria funzione e il riconoscimento di quel potere che sembra essersi liquefatto davanti ai nuovi media, cioè ai social che hanno letteralmente soppiantato i media tradizionali nelle preferenze dell’opinione pubblica. Si è compiuta e sta continuando a compiersi una rivoluzione i cui effetti sono molteplici e possono anche essere contraddittori. Dopo i giornalisti che si sono ritrovati castrati nel loro ruolo, a farne le spese sono stati anche i sondagisti, come lo dimostrano i recenti esiti elettorali in Inghilterra e in Italia con i rispettivi referendum. Insomma i media tradizionali non riescono più a orientare la pubblica opinione con gli effetti che abbiamo sotto gli occhi.

Per la politica, già poco incline a comunicare in maniera trasparente, il problema è serio: ancora di più lo sono le implicazioni che ne derivano sul piano relazionale con l’elettorato rispetto al quale non ha sviluppato idonei linguaggi. E’ possibile recuperare il terreno perduto, restituire audience ai media tradizionali e proporre al mercato un’informazione che sia veramente tale nelle forme e nella sostanza per rispondere alle aspettative degli utenti in generale? Forse si, ma soltanto nel medio periodo e recuperando al sistema della comunicazione una deontologia professionale che ha letteralmente smarrita, in gran parte svenduta, forse cancellata dalla coscienza asservita com’è al potere e, a sua volta, dal potere pilotata e condizionata. Il crescente impoverimento culturale della società contemporanea e una scuola sempre più estranea e quindi incapace di instaurare negli studenti dei seri e corretti processi formativi, rappresentano l’altra faccia della medaglia: cioè la progressiva e dilagante incapacità dell’opinione pubblica di sviluppare attenzione e interessi diversi da quelli strettamente individuali riuscendo così a discernere il vero dal falso.

Le bufale circolano e proliferano ad uso e consumo di un pubblico fondamentalmente voyeuristico che viene alimentato anche da prestigiose testate giornalistiche che, nel perenne e ossessivo inseguimento di click per finalità commerciali, si sono smarrite in un mare magnum di “pornografia informativa” che non lascia margini di reale autodifesa al lettore. Ora, visto che l’Ordine dei Giornalisti svolge, per legge, i corsi di aggiornamento professionale per tutti i propri iscritti e che molti di essi riguardano proprio i temi della “deontologia“, questi servono a poco se non si riescono a produrre effetti conseguenziali sulla qualità dell’informazione prodotta a tutti i livelli. A parte il fatto che sono pochi i Giornalisti che, pur avendone l’obbligo, partecipano a tali corsi, il problema non è quello, come suggerito da Grillo, di sottoporre a una “giuria popolare” le notizie prodotte dai media per stabilirne l’autenticità. Piuttosto si tratta di recuperare a ciascuno il proprio ruolo e, quindi, al giornalismo quello di “guardiano” degli interessi generali rispetto all’operato di politici e governanti. (ViC)

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