I migliori anni della nostra vita…anche con Franco
Apparve Franco, per la prima volta, e tipo una di quelle apparizioni mariane che danno luce e allegria, nel vialetto della confraternita accanto al vecchio ospizio. Aveva una motocicletta, i capelli come il cantante dei Gipsy Kings (copyright Mario Russo il biondo) ed era l’inizio degli anni novanta. Cominciò così la nostra lunga avventura con lui. E quando dico nostra mi riferisco a me, Michele Gargiulo e Francesco De Simone detto il Brigadiere. Questa foto di noi quattro era la formazione tipo di ogni sogno accarezzato da una banda di amici. Vivere la vita come le zingarate leggendarie di “Amici Miei”. E questo abbiamo fatto per almeno un decennio, con l’integrazione a volte, in ordine sparso, del già citato Biondo, di Giosuè Perrella e del buon Tony Guarracino.
Abbiamo condiviso la congrega e le processioni nere, le scorribande notturne in una penisola deserta e fredda, le partite del Napoli a Fuorigrotta, le trasferte in Puglia per i fuochi d’artificio, le campagne elettorali. Ma soprattutto abbiamo condiviso la tavola, in ogni momento e in ogni situazione. Generoso come pochi, non ci diceva mai no. Una volta stazionò in un ristorante noto della marina metese, il nostro quartier generale all’epoca, dalla mattina alla sera. Era andato lì a pranzo con la famiglia, finì, venne a prendere noi e ritornammo lì per un’altra maratona gastronomica. Parlava, Franco, e per questo lo chiamammo Bla-Bla. Ma lo accettava solo da noi. Se altri si rivolgevano a lui così faceva delle sfuriate.
Franco lascia in eredità a noi fortunati che siamo stati suoi amici una galleria sterminata e memorabile di aneddoti. Come quelli legati al suo lavoro di marittimo. Era un esperto direttore di macchine e il suo esordio fu il racconto mitico delle palme sul rio delle Amazzoni che pagò milioni di lire di tasca sua e che i familiari dell’armatore non volevano rimborsargli perché volevano che le segasse nel bel mezzo della foresta amazzonica. Oppure ancora la simulazione per rifugiarsi a bordo nel bunker anti-pirati, per non parlare della quarantena a bordo a causa della Sars, malattia infettiva che comparve qualche anno fa. Ecco, anche quando la situazione era drammatica o comunque seria, il nostro esorcismo collettivo era la dissacrazione e l’ironia. Su tutto e su tutti, compresi noi stessi. Da maestro dei tamburi delle processioni nere ci torturava nella sua Volvo con continue registrazioni del ritmo e delle rullate, che lui accompagnava, come se non bastasse, anche con la voce. Non dimenticherò mai, poi, la commozione che provò quando ascoltò il tema del film su Schindler all’uscita della processione: “Ho pensato a mio padre violinista”.
Amava la famiglia e il lavoro, Franco, ed era un uomo di sinistra, profondamente antiberlusconiano. E qui non posso non menzionare il suo legame fraterno con Raffaele Esposito, il candidato sindaco di Podemos. Sarà triste non vedere Franco in giro per Piano a fare campagna per lui. Una volta si candidò anche, soprattutto per fare un favore a me e Giosuè, ai tempi dell’amministrazione di Insieme per Piano. Mio padre e mio zio Mario mi chiesero la disponibilità di Giosuè per un posto in lista, allora priore. In congrega valutammo che non era opportuno candidare il priore e pensammo a Franco, se non altro per chiudere la questione e non parlarne più. Andai da mio padre con lui e gli dissi: “Questo è Franco e rappresenta i Neri”. Franco cominciò la conversazione con un lungo racconto sulle parentele in comune e molti episodi dell’adolescenza condivisi con papà.
Scrivo queste righe in concomitanza con il funerale che si terrà a Piano. Non ci sarò per motivi di lavoro e mi dispiace, ma so che Franco è sempre con me per quello che abbiamo vissuto insieme. Quando giovedì mattina Michele mi ha chiamato e mi ha dato la notizia ho subito pensato a una canzone di Renato Zero, “I migliori anni della nostra vita”. Non ho dubbi in questo grande momento di dolore: i migliori anni della nostra vita appartengono anche a Franco. Lassù in cielo, sono sicuro che farà con il Padreterno come quella volta con Tony a tavola, quando voleva fargli assaggiare a tutti i costi il limoncello e Tony non voleva. “Sient, sient quanto è buono. Comme no vuoo’, t’aggia ritt che è buono, sient sient”. E così via per cinque interminabili minuti. Adesso avrà l’eternità a disposizione. Che la terra ti sia lieve. Addio Franco, per il momento.
PinP si associa al dolore della Famiglia e degli Amici per la scomparsa del caro Franco d’Esposito di cui conserviamo il fraterno ricordo di un’indimenticabile stagione d’impegno civico ricordata da Fabrizio.
Un commento
Nietta d'esposito
Le sorelle di Franco , Nietta e Mariangela d’Esposito ringraziano commosse gli amici e la redazione di politica in penisola