L’emozione della canzone scritta da Raffaele Lauro per Lucio Dalla
di Vincenzo Califano
Quando Raffaele Lauro, domenica scorsa, ha inviato riservatamente a me, come ad altri suoi amici che lo hanno seguito da vicino in questi due anni dedicati al rapporto di Lucio Dalla con Sorrento e con il Sud, sono stato colto da sorpresa e da stupore. Dopo, riflettendoci a freddo, mi sono convinto che Lauro non poteva concludere questa sua straordinaria avventura culturale e di marketing territoriale in modo diverso, anche se il testo di una canzone su Dalla gli è stato insistentemente richiesto da un musicista.
Confesso che, fin dalla prima lettura, ho avvertito un’emozione profonda, ma rileggendo più volte il testo (un’autentica poesia dalliana) vi ho riconosciuto Dalla e ho compreso che, al di là dell’impatto emotivo, dietro i versi si rivela un sistema di valori profondi, filosofici, rappresentativi non solo dell’umanità del grande artista, ma della sua visione dell’uomo, del mondo e della trascendenza. Un testo molto impegnativo, non una canzonetta. Dopo cinque giorni, ho concluso, essendone stato peraltro diretto testimone durante le riprese del docufilm che esiste una stretta continuità, in Lauro, tra la narrativa, la narrazione per immagini e queste parole, destinate alla musica. Non so chi sia il musicista, né se la canzone avrà o meno successo. Tuttavia i versi mi hanno coinvolto emotivamente per cui giudico un vero privilegio che l’Autore mi abbia concesso di pubblicare, in esclusiva da subito, non solo il testo definitivo, ma anche un commento allo stesso destinato al compositore della musica.
Grazie, Raffaele, per questo gesto di amicizia e di fiducia! E in bocca al lupo, anche con la canzone!
UNO STRACCIONE, UN CLOWN
di Raffaele Lauro
Eri partito
padrone di niente,
uno straccione, un clown.
Dicevi
Io vado verso il niente,
sono uno straccione, un clown.
Era la tua vita
una vita da zingaro
guardavi la luna
parlavi alle stelle
il sole ti scaldava
uno straccione, un clown.
Ripetevi
questa è la mia vita,
una vita da zingaro,
sono uno straccione, un clown.
La luna ci guarda
le stelle ci parlano
il sole ci scalda
ma siamo noi,
siamo noi,
noi, noi, siamo noi
che guardiamo,
parliamo
e scaldiamo il mondo.
Refrain
Ci hai fatto ridere
ci ha fatto piangere
ci hai fatto innamorare
del mare profondo
degli angeli biondi
degli uccelli che tornano,
delle speranze,
sì, le nostre speranze
per quello che verrà.
Non ci bastavi mai!
Non ci bastavi mai!
Nella tua casa volevamo ritornare.
Le tue carezze volevamo ritrovare.
Non ci bastavi mai!
Non ci bastavi mai!
Nella tua casa volevamo ritornare.
Le tue carezze volevamo ritrovare.
Ora
che canti
sulla piazza più grande,
non (sei) più uno straccione o un clown.
Da quando
hai scoperto
cos’era quel niente,
non (sei) più uno straccione o un clown.
Là dove luccica solo l’eterno,
da quella terrazza del cielo,
su cui non tira mai il vento,
ci regali, ancora, parole d’amore.
La luna vi guarda
le stelle vi parlano
il sole vi scalda
ma siete voi,
siete voi,
voi, voi, siete voi
che guardate,
parlate e scaldate il mondo.
Refrain
Ci fai sempre ridere
ci fai sempre piangere
ci fai sempre innamorare
del mare profondo
degli angeli biondi
degli uccelli che tornano,
delle speranze,
sì, le nostre speranze
per quello che verrà.
Non ci basti mai!
Non ci basti mai!
Nella tua casa vogliamo ritornare.
Le tue carezze vogliamo ritrovare.
Non ci basti mai!
Non ci basti mai!
Nella tua casa vogliamo ritornare.
Le tue carezze vogliamo ritrovare.
Commento al testo per il compositore musicale
Il testo della canzone “Uno straccione, un clown” presenta parecchie novità, a partire dalla voce cantante, che, se anche fosse interpretata da una sola persona, esprimerebbe uno struggente sentimento corale, a carattere popolare, accentuato nei refrain, verso l’artista scomparso. Un coralità della gente comune. Dalla non viene mai nominato direttamente, ma si svela, da subito, attraverso il sapiente utilizzo di autodefinizioni e di espressioni, tratte fedelmente dal vocabolario di Lucio Dalla: straccione, clown, vita da zingaro, il senso della mia vita, io padrone di niente, io vado verso il niente, la luna ci guarda, le stelle ci parlano e il sole ci scalda.
La composizione si articola in due momenti temporali e si sviluppa su due piani esistenziali:
– il primo è rivolto al passato, dominato dal rimpianto e dalla nostalgia, con riferimenti alla poetica naturalistica e alla centralità dell’uomo nell’universo, intersecati con l’immanenza, cioè la vita terrena dell’artista, che diventa anche “attesa” dell’altro tempo e dove il termine “niente” va riferito al mistero della morte e della vita, oltre la vita;
– il secondo è rivolto al futuro, dominato dalla speranza e dall’immortalità dell’opera creativa di Dalla, intersecato, con poche parole significative, con la trascendenza, in cui è avvenuto l’incontro dell’artista con l’altra vita, con Dio, dove Dalla continua a cantare, angelo tra gli angeli, “sulla piazza più grande”, e continua a donarci, dalla “terrazza del cielo”, senza vento, le sue parole d’amore: l’amore per la bellezza della natura e la centralità dell’uomo, fonte di creatività, di poesia e di musica.
Il sapiente impiego, nei due refrain, dei tempi dell’imperfetto e del presente, un presente, comunque, rivolto al futuro (il patrimonio artistico di Dalla continuerà ad essere amato dalle nuove generazioni) accentua i due momenti esistenziali, portandone a compimento i significati, con specifici rimandi alle canzoni dalliane: il mare profondo, gli angeli biondi, gli uccelli che tornano, le nostre speranze per quello che verrà.
Allo stesso modo, il “non ci bastavi mai” e il “non ci basti mai”, o “le carezze“, enfatizzano, con le reiterazioni, il dolore per una vita creativa, spezzata anzitempo, che avrebbe recato altri doni, alla gente: doni di poesia, di amore, di bellezza, di cultura e di saggezza.
Similmente, il “volevamo” e il “vogliamo” ritornare alla “tua casa”, accentuano sempre i due tempi: laddove la “casa” esprime una metafora, che va dal sentimento dell’amicizia, al mondo poetico di Dalla, al ritorno alla propria “Itaca”, la Itaca terrena e la Itaca oltremondana, cioè la casa dell’Assoluto, la casa eterna.
I principali rimandi riguardano le seguenti canzoni di Dalla:
– Com’è profondo il mare
– Se io fossi un angelo
– L’anno che verrà
– Tu non mi basti mai
– Piazza Grande
– Caruso
– Itaca