Diario Politico©Raffaele Lauro,  Piano di Sorrento

Fabrizio d’Esposito: “intervengo per lo stato pietoso in cui versa oggi Piano”

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Fabrizio d'Esposito
Fabrizio d’Esposito

di Fabrizio d’Esposito*

Caro Vincenzo,
sono ormai vent’anni che vivo e lavoro altrove e il trascorrere del tempo mi restituisce uno sguardo sempre più distaccato e oggettivo sulla mia terra natìa e in particolare sul mio paese, Piano di Sorrento. E’ come se a mano a mano la mia antica passione politica locale si fosse gelata del tutto per cedere il posto ad altri sentimenti e interessi, da custodire, vivere e alimentare quando ritorno. Faccio questa premessa per ricordare a me stesso che in tutti questi lustri, ben quattro, non sono mai intervenuto nelle vicende della cosa pubblica pianese. Se adesso lo faccio è per un motivo molto semplice: lo stato di degrado pietoso e per certi versi inspiegabile in cui versa Piano.

Al solito, ho fatto la mia fotografia del paese durante le due processioni nere del Venerdì Santo e ho visto una cittadina dai ritmi e dalle condizioni del peggiore Mezzogiorno d’Italia. Sono rimasto sbalordito dall’immobilismo e dall’impotenza di chi amministra. Sono sempre i dettagli a colpire un cronista e ho trovato incredibile il passaggio della processione in via Bagnulo tra le auto parcheggiate tranquillamente nelle strisce blu. Come è stato possibile non mettere i divieti di sosta per le ore del Venerdì Santo?

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Un degrado dicevo, caro Vincenzo, inspiegabile oltre che pietoso. Piano è un paese piccolo, il cui centro si sviluppa per pochi chilometri quadrati. E’ così difficile assicurare una qualità decente dei servizi in un fazzoletto delimitato da due arterie di media grandezza: via Bagnulo a nord, piazza Mercato e via delle Rose a sud? A tutti gli aspiranti consiglieri, assessori e sindaci consiglierei un esercizio propedeutico alle loro ambizioni. Prima di scrivere i loro slogan e programmi elettorali sarebbe opportuno che andassero tutti insieme a Punta Scutolo e si affacciassero da uno dei tanti e strabilianti belvedere panoramici. Da lì le dimensioni di Piano e della penisola si colgono ancora meglio e questo fa riflettere peraltro sull’assurdità di una costiera divisa in sei comuni (ma questo è un altro discorso). Ecco, quindi il punto: la qualità della vita è innanzitutto garantita dalla manutenzione puntuale e ottimale dei servizi essenziali. A partire dal traffico: ormai uscire con l’auto a Piano è una sorta di terno al lotto. Non sai mai come finirà. In questi due decenni da giornalista mi è capitato di raccontare centinaia di città o paesi italiani e ovunque ho scoperto che il benessere quotidiano dipende proprio dalle gestione ordinaria delle cose minime. Dopo, solo dopo vengono i grandi progetti e la visione del futuro. E qui faccio un’altra constatazione: il fulcro della penisola resta e resterà sempre Sorrento, per storia, per rango internazionale, finanche per un minor tasso di provincialismo (in merito suggerisco la lettura del bellissimo volume di Raffaele Lauro dedicato al rapporto tra Lucio Dalla e Sorrento). Illudersi di competere o uguagliare la capitale della costiera è solo orgoglio di campanile, utile talvolta a sperperare danaro pubblico come nel caso del premio appaltato alla famiglia Esposito.

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Giunto a questo punto, è il momento di affrontare la questione delle responsabilità politiche. Lo faccio in senso crociano, consapevole della lezione storicista del grande don Benedetto (il quale a Sorrento varò la vera svolta di Salerno, incontrando a Villa del Tritone il compagno Ercoli alias Palmiro Togliatti di ritorno dall’Urss stalinista). Per Croce la storia è verità, ma mai in chiave deterministica o metafisica. Da liberale vero sancì che il destino dei popoli risiede nel loro passato. Il mio punto di partenza è anche quello che mi ha dato lo spunto per queste note oziose ma appassionate. Nei giorni trascorsi nella casa paterna ho ritrovato e rispolverato la collezione di Peninsula, il mensile diretto dal nostro amato Lorenzo Piras. Ho messo da parte un numero decisamente storico, che risale al giugno e al luglio del 1993. Il Novantatré è stato un anno decisivo per Piano, così come per l’Italia. Aggiungo: un anno bellissimo perché finalmente assistemmo al crollo della Democrazia Cristiana, partito-Stato simbolo di poterismo e di corruzione. La Dc perse anche a Piano. Era il 6 giugno e la lista Insieme per Piano vinse per trentotto voti. Il fronte anti-democristiano riuniva repubblicani, socialisti, postcomunisti e postmissini. Una vera esperienza di salute pubblica. Ora che la polvere della storia si è posata su quella vittoria, mi accorgo, ahimé, di quanto fossero sbagliate le nostre previsioni e speranze, comprese quelle di Lorenzo che titolò in prima pagina su Peninsula: “La Democrazia Cristiana è affondata”. Occhiello: “Il risultato elettorale a Piano di Sorrento”.

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Invece no, caro Vincenzo, la Dc non affondò a Piano. Come dimostra la cronaca di questi giorni (per aggiornarmi su Piano leggo soprattutto il tuo sito), la chiave crociana per comprendere il degrado di oggi è in quel risultato elettorale del 1993. E non tanto per i soli 38 voti di scarto. Semmai per il nucleo democristiano che sopravvisse a quella bufera e venne eletto in consiglio comunale all’opposizione. Ho riletto i nomi nel commento di Piras e sono ben quattro quelli che ricorrono nella storia successiva, fino a oggi. Per un totale di ventitré anni: Salvatore Cappiello, Giovanni Iaccarino, Maurizio Gargiulo, Luigi Iaccarino. E se la storia è verità, allora l’analisi è lampante. A Piano la Prima repubblica non è mai finita, almeno nella sostanza. E’ vero, un tempo, c’era una vivacità politica irripetibile, in poche centinaia di metri quadrati: le sezioni Dc e Pri in piazza Cota, quelle di Pci e Pli in via Santa Margherita. Tutto questo non c’è più ma il vento nuovo della Seconda Repubblica non è mai arrivato a Piano. Non solo. Il crollo dei partiti e il mancato radicamento dei nuovi poli, da Forza Italia al Pd (a proposito ma esiste il Pd a Piano?), ha consolidato i giardinetti elettorali di quella classe politica dc del Novantatré. Personalismi e trasformismi hanno sopperito all’ideologia del partito pesante, tipica del secolo scorso. Questo è stato il nostro fallimento di Insieme per Piano, caro Vincenzo. Ossia avviare e far crescere una cultura politica alternativa al potere democristiano. Anzi, il colpo mortale a quell’esperienza venne da uno dei suoi esponenti più carismatici, Geppino Russo, che passò armi e bagagli all’avversario pur di fare il sindaco. Da quel momento in poi, la Dc tornò sotto mentite spoglie a essere il partito di maggioranza a Piano.

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Lascio volutamente in ultimo il giudizio sui due mandati di Giovanni Ruggiero. Non ti nascondo, caro Vincenzo, di aver salutato con entusiasmo e favore, seppur da lontano, la sua prima elezione a sindaco. Pensavo che un uomo nuovo della mia generazione, non compromesso con il passato dc e proveniente da un ambiente, quello parrocchiale segnato dal carisma di don Arturo Aiello, che ho riscoperto in una fase tragica della mia esistenza, potesse rappresentare una svolta. Il secondo Ruggiero e il degrado di Piano dimostrano che non è stato così. Piuttosto questa finta rivoluzione è stata un taxi comodo per tutti quelli, in particolare per i democristiani dispersi di qua e di là, che volevano continuare a perpetuare i loro orti e giardini. Perdipiù, non avendo cultura politica, Ruggiero non ha saputo o voluto governare la delicata questione della sua successione politica. Un politico moderno, messo alle strette, avrebbe fatto ricorso alle primarie. Ma il sindaco non è stato nemmeno un democristiano d’altri tempi. Ricordo per esempio, e lo ricorderai anche tu, che quando la Dc decise la fine del lungo regno di Antonino Gargiulo, Raffaele Russo, il vero dominus politico, aveva da tempo investito Gaetano Botta. Non c’è nulla da fare: la politica è sempre una scienza esatta, come ama ripetere il mio amico Paolo Cirino Pomicino. E questo vale anche per la dilettantesca classe dirigente venuta fuori nell’ultimo ventennio a Piano, democristiani a parte. Senza partiti e senza selezione, c’è solo spazio per cricche e lobby. E a nulla vale lamentarsi per la fatidica Bassanini che concederebbe troppo potere alla burocrazia. Una palla clamorosa. I funzionari sono forti quando la politica è debole. Figuriamoci poi cosa accade quando politica e burocrazia si sposano, come nel caso di qualche aspirante sindaco. Senza più sinistra, né destra, senza un’alternativa al metodo demcristiano, il pantano del centro è diventato la tomba di Piano. Spero, tuttavia, che le prossime elezioni non siano un funerale.

* Giornalista de “Il Fatto Quotidiano”

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Grazie Fabrizio per l’acuto e bel contributo che hai voluto regalare a me e ai lettori di questo blog perchè il senso di questo spazio è anche, e forse soprattutto, quello della riflessione utile a sollecitare un confronto culturale, intellettuale sulla politica del nostro tempo. Confronto che però manca proprio per le ragioni da te così ben evidenziate e il prezzo di tutto ciò lo paga (e non può essere diversamente) il Paese divenuto incapace di ispirare un protagonismo nuovo e dirompente come solo in parte lo fu nel 1993. Credo che ciò sia dovuto al fatto che ci si è quasi completamente assuefatti al clima dominante e non v’è più traccia di quella capacità di indignarsi che un tempo si traduceva nella ricerca dell’impegno diretto per tentare di cambiare il corso delle cose. Oggi è tutto e solo opportunismo, carrierismo e smania di potere e ciò priva anche di interesse l’imminente competizione elettorale rispetto alla quale c’è poco da stare allegri visto il rischio serio di mancare la grande opportunità che le elezioni offrono per cambiare registro. Al peggio non c’è mai fine, purtroppo, e sono convinto che non abbiamo ancora toccato il fondo!

3 commenti

  • antonio volpe

    Vorrei prendere spunto dalle sempre acute riflessioni dell’amico Fabrizio d’Esposito, giornalista de “Il Fatto quotidiano”, pubblicate sul blog “Politica in penisola” diretto da Vincenzo Califano, per aggiungere qualche mia impressione sull’attuale situazione politico- amministrativa di Piano di Sorrento.

    Purtroppo le mie facili previsioni, all’indomani della vittoria plebiscitaria della lista Ruggiero alle ultime elezioni comunali (75% dei consensi contro l’altra lista capeggiata da Giovanni Iaccarino che racimolò soltanto il 20% dei voti) si sono avverate. Il giorno dopo la vittoria quel poco di buono che la precedente amministrazione guidata dallo stesso Ruggiero aveva realizzato si è sciolto come neve al sole e le lotte intestine per la successione hanno caratterizzato cinque anni di immobilismo e disamministrazione del bene pubblico. Non me ne vogliano gli attuali amministratori ma proprio nulla, dico nulla, di quel faraonico programma “Piano Futura” è stato portato a compimento(e qualcuno direbbe “ e meno male!”).

    Ciò che è mancato è stato un governo del paese, dico un governo e non la gestione quotidiana delle emergenze che pure ha fatto quasi sempre acqua … Non è un giudizio impietoso, incattivito per qualche motivo personale ma un pacato bilancio che tanti cittadini esprimono quotidianamente.

    Cosa è mancato a questa maggioranza che pure ha raccolto il 75% dei consensi ?

    Non certo i numeri per governare, prendere decisioni ed andare avanti col programma elettorale presentato agli elettori …. ma quel senso della responsabilità nei confronti del bene pubblico, quel senso dello Stato che gli uomini della prima vituperata repubblica avevano, quell’orgoglio di essere cittadini di Piano di Sorrento, depositari di una storia , di una tradizione, di una cultura ….. Scomparsi i partiti, è scomparsa quell’appartenenza ad una visione sì “ di parte” ma comunque depositaria di un modello di città, di società che un tempo guidava le azioni dei pubblici amministratori.

    Oggi abbiamo venti consiglieri ognuno con il personalissimo modo di “disamministrare” , ognuno legato al suo orticello di voti, ognuno legato ai suoi particolarismi, agli interessi di bottega, di famiglia, di clan, di serbatoio di voti clientelari,una visione miope, una politica da piccolo cabotaggio, dal fiato corto, una politica deleteria che non sa risolvere né i grandi né i piccoli problemi quotidiani del cittadino.

    Viabilità, scuola, commercio, turismo, pulizia e decoro delle strade, salvaguardia dell’ambiente, della risorsa mare, degli spazi verdi, tempo libero dei giovani, valorizzazione dei beni comunali…..in nessuno di questi ambiti si avverte una impronta da parte di chi pur ci amministra a nome del popolo da vent’anni a questa parte.

    Certamente lo strapotere dei funzionari è un dato di fatto che però, come giustamente fa notare Fabrizio d’Esposito si è accresciuto per il vuoto, il baratro lasciato da parte di una classe politica che ha del tutto rinunciato a governare. Per obiettive deficienze, per incapacità di saper incidere sulle sorti del paese. E diamo per scontato la buona fede di tutti.

    Ma a volte ci chiediamo se sempre sia stata buona fede, ignoranza, incapacità personale di essere buoni amministratori.

    Credo sia venuto il momento che quella classe di amministratori – pensionata anzitempo per dare spazio ai giovani – quel gruppo di onesti e capaci amministratori che nel 1993 diede una svolta a Piano di Sorrento, dopo lunghi anni di opposizione iniziati nel 1983, quando la DC vinse per poco più di un centinaio di voti conquistando il 16° seggio contro i 14 dell’opposizione tra cui c’erano 6 repubblicani, 4 socialisti, un socialdemocratico, un liberale, un missino ed un comunista, dia un proprio contributo per uscire da questo pantano istituzionale. Se non ora quando?

    A quel tempo questo gruppo condusse una opposizione compatta ma costruttiva, riuscendo poi nel 1993 a sostituirsi per poche decine di voti (38) alla vecchia DC. Seguì una breve ma intensa “primavera carottese”, guidata dal Sindaco Enzo Nastro . Purtroppo quella esperienza politico amministrativa durò poco perché – come spesso accade nelle vicende umane, troppo umane- l’ambizione personale di qualche consigliere portò alla disgregazione di quella compagine che pur divisa ideologicamente aveva trovato una unione nella mission di dare una svolta a Piano di Sorrento.

    E’ seguito un lungo periodo di restaurazione, di ritorno allo status quo ante.

    Ora ci ritroviamo nella stessa necessità di dare una svolta a Piano di Sorrento. L’esperimento di rottamare frettolosamente una classe politica ritenuta vecchia è miseramente fallito. Lo spartiacque ed il discrimine anagrafico adottato dallo stesso Ruggiero( o da chi gli suggeriva tale strategia) per scegliere i componenti della sua lista ha dato scarsissimi risultati. Purtroppo la gioventù non sempre può sostituire l’esperienza.

    Si sente il bisogno di un Risorgimento carottese dopo quasi vent’anni di amministrazioni dal 1997 al 2016 che hanno riportato l’orologio della storia indietro. Un tempo Piano di Sorrento era un punto di riferimento per l’intera penisola sorrentina per la sua vivacità non solo economica ma anche politico amministrativa.

    Nell’arena politica è stata gettata una nuova classe di amministratori pubblici che purtroppo, dopo vent’anni, ha dimostrato il suo punto debole. Una classe gettata sugli scranni consiliari senza alcuna preparazione politico amministrativa, senza alcuna disciplina di partito, senza valori ed idee anche grazie a nuovi sistemi elettorali che hanno distrutto quel collaudato sistema di selezione delle classi dirigenti che con tutti i suoi limiti dava però i suoi frutti in termini di affidabilità, esperienza, capacità gestionali.

    Oggi – col sistema della preferenza unica- ogni consigliere si sente padrone dei suoi 200-300-400 voti come un piccolo feudatario padrone dei suoi servi della gleba e tutti si sentono legittimati a poter- prima o poi – succedere al proprio sovrano in virtù di una forza numerica e basta. Ma non siamo nel medioevo, le leggi sono cambiate, le esigenze del paese sono mutate e l’etica del bene comune è un orizzonte ineludibile per chi desidera assumersi l’onere di amministrare le sorti di una comunità, dove le risorse sono sempre più scarse, la tutela ambientale sempre più un dovere nei confronti delle future generazioni.

    Gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da una lotta senza precedenti da parte di ciascun candidato sindaco per scegliere i compagni di cordata e tutto si è risolto in un giuoco al massacro, cinico e crudele nel distruggere l’immagine dell’uno o dell’altro contendente; le liste si sono composte e ricomposte alla ricerca spasmodica di pacchetti di voti attribuiti a ciascun candidato consigliere , considerati proprietà privata , o patrimonio ereditario di ciascun consigliere. I voti dei cittadini presuntivamente attributi a ciascun candidato (sindaco o consigliere) sono stati mercanteggiati, sommati, sottratti in incontri segreti senza che i cittadini stessi fossero messi a corrente di tutte le trame e le trattative sottobanco consumate a loro insaputa e sulla loro pelle.

    Sarebbe stato più onesto e trasparente prevedere delle primarie per scegliere una rosa di candidati sindaci

    Così non è stato.

    Spariti i partiti che selezionavano la classe dirigente tutto è diventato più nebuloso e sempre più i cittadini sono rimasti estranei a giuochi indecifrabili, a strategie inconfessabili che hanno solo mortificato l’intelligenza del libero elettore.

    Passaggi di casacca immotivati, cambi di schieramento indecifrabili,tutto è servito solo ad allontanare sempre più la gente dalla politica. Anzi il giudizio dei più è quello di considerare orami la politica una cosa sporca, un affare di pochi individui che “la fanno perché hanno i loro interessi personali da difendere “.Alla faccia della democrazia, del governo del popolo.

    Chiuse le sezioni di partito, sempre più deserte le adunanze dei consigli comunali, il dibattito politico non interessa più nessuno, tanto meno i giovani sempre più allergici all’impegno politico, visto come “il male assoluto”.

    Così non era una volta, quando la voglia di partecipazione trovava i suoi canali e le sue possibilità di manifestarsi. Oggi si avverte un tale distacco tra cittadini e classe politica che veramente viene da chiedersi a che serve eleggere un consiglio comunale, a che serve eleggere un sindaco. Lasciamo che siano i funzionari pubblici a portare avanti la pubblica amministrazione.

    Oggi conta più un dirigente di un ufficio tecnico che un Sindaco.

    Il cittadino che deve risolvere un problema si reca direttamente dal funzionario. Il politico eletto non conta quasi più nulla.

    E nessun serio e preparato professionista ha voglia di candidarsi. E quei pochi che vorrebbero farlo sono considerati con un certo fastidio sia dagli stessi funzionari che da quella cricca di quei pochi politicanti che vivono oramai di politica e da anni non lavorano più per “fare i politici”.

    Ma “fare il politico” non dovrebbe essere una professione, non dovrebbe essere un modo per campare ma solo un servizio che gratuitamente e momentaneamente il libero cittadino offre alla propria comunità.

    Una volta c’era la corsa a candidarsi e c’erano più candidati che posti in lista.

    Ora è il contrario e chi si candida quasi sempre ha un proprio interesse personale da tutelare.

    Un vecchio politico mi ha confidato: “Ai giovani dico non mettetevi in politica, pensate a studiare e a trovare un lavoro onesto, chi fa politica oggi rischia di andare in galera , non vi conviene”.

    E intanto – aggiungo – i politicanti ringraziano.

    Citazione finale…..

    I sette pericoli per l’integrità dell’uomo sono:

    1. la politica senza principi;
    2. gli affari senza moralità;
    3. la scienza senza umanità;
    4. la conoscenza senza carattere;
    5. la ricchezza senza lavoro;
    6. il divertimento senza coscienza;
    7. la religione senza sacrificio;
    8. i diritti senza responsabilità.

    Gandhi

  • Michele Maresca

    L’amico Fabrizio ha scritto che vive lontano da Piano da circa 20 anni, ma spero che viva comunque in Italia perchè, da acuto osservatore quale è, si sarà accorto che le cose sono peggiorate non solo e non tanto a Piano, ma in tutto il nostro Paese. E’ scomparsa la DC e con essa tutti gli altri partiti che, nel bene o nel male, rappresentavano degli ideali o quantomeno un gruppo di appartenenza. L’Italia è diventato un paese per vecchi, ed una piccola città di provincia come Piano, ancor di più. I giovani, immersi nel loro mondo virtuale di social network, sono sempre più lontani dalla politica. Quando ero al liceo partecipavo ad assemblee di istituto molto frequentate e partecipate, dove a volte si arrivava alle mani per sostenere le proprie idee. Oggi le assemblee sono diventate solo un pretesto per saltare la frequenza scolastica. Se chiedi ad un ragazzo (parlo per esperienza diretta) il nome del Sindaco del paese, rischi di ricevere per risposta “non lo so”. Certo le cose a Piano sono peggiorate negli ultimi anni. Ma Piano non è un microcosmo isolato. Si trova in provincia di Napoli, città dove si è riproposto, per il ruolo di sindaco, il neofita Bassolino con tutto il suo bagaglio di fallimenti ed intrallazzi. Napoli si trova in Campania, regione dove si è imposto alle ultime elezioni, un governatore sceriffo, già indagato, facendosi beffe di una legge che gli impediva di candidarsi. La Campania si trova in Italia, governata da un ex rottamatore che, per restare in sella, ha fatto accordi con il pluriindagato, berlusconiano, Verdini. La politica in Italia è il territorio dell’interesse particolare, e non di quello comune. Il “familismo amorale” è un vizio nazionale, e non solo meridionale come diceva Banfield. Nel nostro Paese non c’è mai stata una vera Rivoluzione, perchè si arriva sempre al compromesso. Normalizzazione e Restaurazione sono le parole d’ordine (lo sa bene “l’amico” Pomicino). Con mani pulite c’è stata la speranza di un vero cambiamento, ma poi, nei fatti, col passare del tempo si è tornati ad uno stato peggiore del passato. Anche il M5S ha incarnato un desiderio di cambiamento che viene dal basso, ma anch’esso subirà lo stesso destino di “normalizzazione”. A livello locale si da il voto a chi si crede possa poi renderti il favore per problematiche personali. Però se chiedi ai tanti che si lamentano quotidianamente dello stato delle cose, di impegnarsi personalmente per il bene del paese (anche per questo parlo per esperienza diretta), la risposta che ottieni è sempre negativa. Le persone che potrebbero dare tanto, vuoi per capacità, esperienza o dedizione, non si espongono perchè ritengono quasi una “vergogna” partecipare attivamente. E’ facile, e per certi versi opportuno, criticare gli attuali amministratori, ma almeno loro hanno il coraggio( trad. sfacciataggine) di riproporsi. Chi critica ma poi non partecipa attivamente, magari sottraendo un po’ di tempo al lavoro o alla famiglia, o chi non si espone temendo poi ripercussioni negative da parte dell’eventuale avversario vincitore, è anch’egli responsabile del mancato cambiamento. Se i giovani non hanno più interessi e speranze è anche colpa nostra che non siamo stati capaci di trasmettere loro valori positivi. Anche a Piano, come in tutto il Paese, si potrebbero cambiare le cose coinvolgendo le persone di buona volontà, e soprattutto i giovani, in progetti innovativi e di ampio respiro. Criticare va bene se poi si propone un’alternativa valida. Ma per fare questo bisogna essere liberi da condizionamenti e pregiudizi. Come diceva il compianto Gaber, “la libertà non è star sopra un albero (a guardare); libertà è PARTECIPAZIONE.

  • Mara

    Volevo chiedere a Fabrizio d’Esposito se per caso sa come mai non esce più, ormai da diversi mesi, il Giornale “Il Centro”, che aveva contribuito a far nascere.

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