L’Italia non è la “pecora nera” del mondo occidentale!
di Gaetano Mastellone*
Ma siamo davvero la pecora nera del ricco mondo occidentale? Il nostro sistema è davvero alle soglie dell’uscita dal primo mondo? A ben vedere le cose non stanno proprio così…Su questo argomento negli ultimi mesi sui quotidiani finanziari (Il Sole 24 Ore) e sui Blog economici (cito Vito Lops) vi è stata una discussione ampia. Cercherò di illustrare i punti salienti che ho avuto modo di leggere e cercato di comprendere. Cercherò brevemente, e con un “linguaggio” comprensibile, di dare a tutti i lettori di Politica in Penisola e di Mezzogiorno & Dintorni d’Italia una visione chiara su come siamo “trattati” noi italiani. Oggi viviamo in un mondo che va al contrario. Oggi il mondo che funziona al contrario di ogni logica. Oggi l’economia reale viene subordinata a quella finanziaria. Oggi il consumo è un valore mentre il risparmio è ignorato. Intere Nazioni vengono costrette all’austerity in base a parametri incompleti e fuorvianti.
L’UE – Unione Europea – pur con tante positività ma anche con tante negatività che ha in grembo, pone delle regole e delle leggi cogenti. In base alle parametrazioni dell’Unione Europea, che si rifanno al Trattato di Maastricht, l’Italia, per via della sua importanza e grandezza, è il grande malato d’Europa. Così dicono e così ci hanno fatto credere, così ci hanno schiavizzato finanziariamente. Per questo l’Italia è costantemente sotto attenzione ed ai nostri governi, poco combattivi, sono state imposte manovre finanziarie pesanti. Inoltre, l’adesione al Fiscal Compact ed al Mes ci hanno costretti all’esborso di decine di miliardi per aggiustare i conti. Vediamo cosa sono con una sintesi tratta da Wichipedia.
Che cos’è il Fiscal Compact. E’ il nome informale dato al “Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell’Unione economica e monetaria“, cioè l’Accordo siglato tra i capi di Stato e di governo di 25 Paesi componenti l’Unione Europea (su 27), con le sole eccezioni di Regno Unito e Repubblica Ceca, in occasione del vertice tenutosi a Bruxelles il 9 dicembre 2011, entrato in vigore il 1° gennaio 2013. Tale trattato è stato fortemente voluto dai Paesi, per così dire, più “ricchi” e “virtuosi” (e soprattutto dalla Germania e dalla BCE) al fine di garantire la stabilità dell’euro.
Cosa comporta? – I principali punti contenuti nei 16 articoli del trattato sono:
• Il bilancio annuale di ogni Stato dell’Eurozona deve chiudersi «in pareggio o in avanzo», ed in ogni caso ciascun Paese dovrà rispettare l’impegno di non superare lo 0,5% di incremento del deficit. Tale limite è elevato all’1% per quei paesi con un rapporto Debito/Pil al di sotto o pari al 60%. In sostanza si vieta a ciascun Paese dell’Unione Europea di spendere ogni anno più di quanto viene incassato.
• Se il rapporto Debito/Pil supera il 60%, il debito deve essere ridotto ogni anno di un ventesimo della differenza da tale valore di riferimento.
• In caso di mancato raggiungimento degli obiettivi concordati, i singoli Paesi dovranno obbligatoriamente attuare misure correttive entro un tempo definito. La violazione di tali vincoli e termini può comportare sanzioni pecuniarie fino allo 0,1% del PIL dello Stato inadempiente.
• La Commissione Europea e la Corte Europea di Giustizia, sono gli addetti come organi di controllo e vigilanza a cui spetterà il compito di vigilare sull’effettivo recepimento delle norme del trattato.
Che cos’è il MES? Il Meccanismo europeo di stabilità (MES), detto anche Fondo salva-Stati, istituito dalle modifiche al Trattato di Lisbona approvate il 23 marzo 2011 dal Parlamento europeo e ratificate dal Consiglio europeo a Bruxelles il 25 marzo 2011, nasce come fondo finanziario europeo per la stabilità finanziaria della zona euro. Esso ha assunto però la veste di organizzazione intergovernativa (sul modello dell’FMI). La cosa che stona è che questa entità finanziaria di cui pochi parlano è assolutamente al di sopra delle parti, i membri di tale organo sovranazionale, la cui identità non sarà mai resa di dominio pubblico, godono di assoluta autonomia decisionale e a nessuno stato sovrano dell’unione è permesso sindacare o contrastare le loro decisioni in materia finanziaria, inoltre essi risultano al di sopra della legge in quanto qualsiasi cosa facciano o decidano non potranno mai essere perseguiti da alcun tribunale.
Chi sono codesti? Chi li ha eletti? Quanti soldi prendono? L’Italia in qualche anno sarà costretta a tirar fuori una somma intorno ai 125 miliardi di euro per finanziare il MES: una vera pazzia! Vale a dire che in un momento di crisi come questo, tutti gli stati europei compresi quelli appunto in crisi come il nostro devono tirar fuori dalle tasche dei propri cittadini (sudditi) una cifra esagerata. Nessuna garanzia che questi miliardi tornino indietro e soprattutto, questo sfiora il ridicolo, qualora fossimo segnalati da loro quali stati in difficoltà, saremmo costretti a farci prestare quegli stessi soldi (anche nostri) ma pagandoli con un tasso di interesse ed entro tempi di restituzione entrambi decisi insindacabilmente da loro.
L’Italia è il Paese più ricco del G7. Ecco perché meriteremmo “rispetto”. Ecco perché abbiamo una classe politica suddita.
Tra i Paesi del G7 l’Italia vanta un primato spesso ignorato: la più alta ricchezza netta delle famiglie in rapporto al reddito disponibile. I dati Ocse (con l’ultimo update che risale al 13 giugno 2013 e che fanno un bilancio fino al 2011) indicano che sommando algebricamente attività finanziarie, attività reali (immobili in sostanza) e passività finanziarie le famiglie italiane hanno una ricchezza netta dell’852,8% rispetto al reddito disponibile.
Per dirla in gergo contabile, sono meglio patrimonializzate delle altre famiglie delle economie che nel 1976 – quando è stato istituito il G7 – erano le più potenti al mondo. Circa il 70% della ricchezza netta delle famiglie italiane è detenuto in attività reali, il restante 30% in asset finanziari.
Proporzione simile anche per la Francia che però è al terzo gradino (dopo l’Inghilterra) con una ricchezza netta pari all’809% del reddito disponibile. Poi segue il Giappone in cui la componente finanziaria netta supera quelle delle attività reali. E’ risaputo, infatti, che circa il 90% dell’enorme debito pubblico nipponico è “interno”, ovvero detenuto dagli stessi cittadini giapponesi (ciò lo rende meno vulnerabile da attacchi finanziari nel breve periodo ma certamente più esposto a dinamiche demografiche).
Quinta la Germania (627%) seguita dagli Stati Uniti che, al pari del Giappone, detengono attività finanziarie superiori a quelle reali.
L’Italia è al primo posto di questa classifica. Le famiglie sono meglio patrimonializzate che altrove. Questo dato fa il paio con un altro primato – indicato dalla Commissione europea nel Financial Sustainability Report 2012. Questo indice non calcola solo l’ammontare del debito ma tiene anche conto del flusso degli avanzi primari futuri, degli interessi attesi e delle future spese demografiche (pensioni e sanità). Ne risulta che il debito pubblico italiano è il più sostenibile fra tutti quelli dell’Unione europea nel lungo periodo.
A questo punto, la domanda è: come mai nei parametri di Maastricht e successivi non si tiene conto di queste ponderazioni? Ci si sofferma solo su un lato della medaglia (deficit, debito) e non si analizza in profondità il corrisponde attivo (come farebbe un qualsiasi ragioniere nella logica della partita doppia)?
La risposta per me è assai facile darla! Probabilmente sta nella debolezza del sistema politico italiano, incapace di tutelare l’interesse nazionale. Interesse che è messo sotto scacco da quello di altre Nazioni concorrenti. Perché la vera verità, al di là delle sciocchezze che ci propinano sulla sussidiarietà e sull’integrazione europea, il mercato interno Ue è fatto di competizione ed ognuno cerca di favorire il proprio sistema economico-produttivo.
L’amara considerazione è che in questo “gioco d’interessi” noi Italia – mal rappresentati in Europa – riusciamo sempre ad essere le vittime sacrificali. Ed anno dopo anno la nostra economia si indebolisce rispetto agli altri soci del club Euro. Ad ogni “Più Europa” che sentiamo pronunciare dalla nostra classe dirigente, corrisponde uno svilimento dei nostri interessi, della nostra ricchezza e del nostro futuro.
Due considerazioni finali. La prima. Se è vero, come è vero, che abbiamo tanta liquidità allora dovremmo “ricomprarci il nostro debito”. Già in data 12 maggio 2012 proprio su Politica in Penisola ebbi a scrivere un articolo su quest’argomento: https://www.politicainpenisola.it/2012/05/italia/con-gli-otif-ricompriamoci-il-nostro-debito-pubblico/
La seconda considerazione. A breve ci saranno le elezioni Europee, pensiamoci bene su CHI mandare al parlamento Europeo …. Per il bene nostro e dei nostri figli e dei nostri giovani e della nostra Italia. Non votate per l’interesse di pochi, e dei soliti noti che già si stanno muovendo!
* Vice Presidente Osservatorio Banche e Imprese
Fonti:
Financial Sustainability Report 2012 http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/european_economy/2012/pdf/ee-2012-8_en.pdf