Diario Politico©Raffaele Lauro,  Italia

L’Italia si carica di altri 48 miliardi di euro: avanti così…!

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di Santolo Cannavale

La Spagna trattata con i guanti gialli. La Grecia bistrattata ed i suoi risparmiatori-creditori mortificati, danneggiati ed abbandonati.
Commento l’articolo a firma di Stefania Tamburello, pubblicato su corriere.it, dal titolo: “Piani dell’Unione Europea: l’Italia pagherà almeno 48 miliardi di euro”. Lo riporto di seguito per comodità di lettura.

Viene da sottolineare innanzitutto la disparità di trattamento tra Grecia e Spagna. La Grecia è stata lungamente bistrattata e costretta a venir meno platealmente ai propri impegni di Stato sovrano verso i sottoscrittori dei suoi titoli pubblici, beffandoli e procurandogli un danno per oltre il settanta per cento del valore nominale dei titoli sottoscritti. La Spagna invece, a quanto pare, è stata trattata con i guanti gialli, con particolare sollecitudine e con una metodica che non aggrava i conti pubblici dello Stato, intervenendo direttamente sul capitale delle banche spagnole assistite.

Riporto l’attenzione sulle vicende del nostro Paese. L’articolo del Corriere conferma il mio personale convincimento sulla necessità di un’imposta patrimoniale – 5% sugli 8.500 miliardi di beni mobili ed immobili degli italiani – da applicare in Italia tra Dicembre 2011 e Gennaio 2012, ad iniziativa del Governo Monti, immediatamente dopo il suo insediamento a Palazzo Chigi in funzione di “commissario straordinario della Repubblica”. In tal modo, con i 400 miliardi di euro “portati a casa”, si metteva fuori gioco la speculazione internazionale. Si abbattevano i tassi d’interesse “imposti senza scampo” sui nostri titoli pubblici, in particolare quelli piazzati all’estero e si conteneva la relativa spesa (per interessi) che ammonta a 90 miliardi di euro all’anno, dei quali circa 45 miliardi di euro letteralmente regalati agli investitori stranieri.
Si evitava la necessità di ordine politico per le nostre banche nazionali di acquistare titoli di Stato in eccesso rispetto alle specifiche, autonome scelte d’investimento, con il rischio concreto di esporle al giudizio negativo dei mercati, proprio in virtù della sovraesposizione verso i titoli del debito pubblico, poco apprezzati in questa fase della storia.
In definitiva, si dava un messaggio di padronanza della situazione in una fase di eccezionale difficoltà del Paese e di capacità di attingere alle enormi risorse nazionali per annullare gli squilibri e ripartire alla grande. Si creavano gli spazi per far fronte, tra l’altro, ai gravosi impegni europei aggiuntivi per il sostegno ai Paesi dell’Unione in difficoltà (Grecia, Spagna ed altri), come si evince chiaramente dall’articolo di Stefania Tamburello. L’imposta (o contributo) patrimoniale sperimentata con convinzione in Italia poteva servire d’esempio e metodo anche agli altri Paesi europei, prevenendo ed arginando le penose crisi finanziarie nazionali che pongono in forse la tenuta dell’Euro e della stessa Unione. Poteva finanche scuotere le coscienze impregnate di egoismo ed ipocrisia galoppante in una Europa che crede sempre meno in se stessa ed al suo ruolo irrinunciabile sulla mutevole scena mondiale. Ma il professore Monti ed i suoi ministri tecnici hanno preferito dedicarsi ad altro, convinti che bastasse mostrare la loro faccia ed il relativo curriculum universitario per far rientrare le perplessità degli investitori stranieri sulle condizioni economiche e finanziarie del nostro Paese, per azzerare “spread” e disavanzi di bilancio, per mitigare le difficoltà delle aziende produttive e per bloccare la crescente inoperosità dei giovani, con imperdonabile spreco di risorse umane ed intellettuali.

“Piani Ue, l’Italia pagherà almeno 48 miliardi”
Il fondo salva Stati e l’intervento per Grecia e Portogallo. L’impatto di Madrid

di Stefania Tamburello corriere.it

ROMA – Ed ora si sono aggiunte le banche spagnole nella lista degli aiuti europei. È una buona notizia se si guarda all’auspicabile reazione positiva dei mercati al via libera di Bruxelles al sostegno del sistema del credito iberico in difficoltà. Ma è anche un nuovo impegno per tutti i Paesi dell’Eurozona.
Non c’è da stupirsi quindi che – in attesa di conoscere i dettagli dell’accordo, che diventerà operativo solo dopo la decisione dell’Ecofin convocato per il 20-21 giugno – al ministero dell’Economia abbiano cominciato a fare i conti su quanto questo nuovo aiuto peserà sul bilancio.
Finora le cifre sono state in salita: nel 2010 il sostegno ai Paesi in difficoltà è costato all’Italia 3,9 miliardi, lo 0,3% del Pil. Nel 2011 la somma degli esborsi è salita a 9,2 miliardi (lo 0,6% del Pil) di cui 3,2 miliardi, 1,6 ciascuno, per gli aiuti a Irlanda e Portogallo erogati tramite il Fondo salva Stati europeo (Efsf-European Financial Stability Facility) ed il resto, 6,1 miliardi di prestiti diretti alla Grecia.
Nel 2012 il governo stima di concedere finanziamenti complessivi in favore di Grecia, Irlanda e Portogallo per 29,5 miliardi che saranno sempre erogati dall’Efsf. In più bisogna conteggiare i versamenti per la sottoscrizione della quota italiana al capitale dell’Esm, (l’European Stability Mechanism), il meccanismo permanente destinato a sostituire il vecchio Fondo salva Stati. Si tratta di circa 5,6 miliardi da versare in due rate.
C’è da vedere, a questo punto, se i 100 miliardi di aiuti alle banche spagnole richiederanno un nuovo intervento, appesantendo il conto dell’Italia. Stando all’ipotesi su cui a Bruxelles e Madrid si sta lavorando, non dovrebbe, perché il finanziamento verrebbe dato a valere sul nuovo Esm che dovrebbe partire in luglio.
Diversamente sarebbe se invece a scattare fossero ancora le regole dell’Efsf, perché si richiederebbe all’Italia un contributo aggiuntivo pari al 19,8% dei 100 miliardi.
In ogni caso il calcolo è già salato così, 48,2 miliardi di euro di esborsi entro il 2012 senza contare quindi le altre tre rate di versamenti pro-quota del capitale dell’Esm entro la metà del 2014. Nonché l’impegno per l’esaurimento degli aiuti già programmati dall’Efsf. Tanto per dare una cifra della crisi che l’Europa sta attraversando, secondo la sintesi elaborata dalla Banca d’Italia nella sua relazione all’Assemblea del 31 maggio, nel 2011 sono stati erogati prestiti per 110 miliardi di cui 74,9 da parte di Paesi e istituzioni finanziarie europei e 35,1 da parte del Fmi, di cui 34,5 a favore dell’Irlanda, 34 del Portogallo e 41,5 alla Grecia. Nella prima parte del 2012 sono stati concessi ulteriori prestiti per 102,7 miliardi (91,8 europei e 10,9 del Fmi): 13,8 miliardi per l’Irlanda, 14,3 per il Portogallo e 74,6 per la Grecia. Complessivamente sono stati concessi più di 244 miliardi di prestiti a fronte di piani di sostegno che prevedono finanziamenti fino al 2016 per 391 miliardi.
Cifre imponenti che testimoniano le difficoltà nella difesa dell’Eurozona. E che da quando la crisi si è aggravata fanno guardare con apprensione ad ogni riapertura dei mercati, ad inizio settimana. Quella di oggi non fa eccezione. Anche se è proprio puntando ad alleggerire gli umori degli investitori che ieri è stato raggiunto l’accordo sulle banche spagnole. L’attesa è alta, come i timori, anche se il segnale dato, secondo molti esperti, è forte. Non tanto e non solo perché risponde alle aspettative che hanno condizionato quotazioni e prezzi nelle ultime due settimane. Ma perché spezza il legame tra finanziamenti europei e debito degli Stati. Il meccanismo individuato per Madrid (aiuti che transitano sul fondo iberico di ristrutturazione bancaria, Frob) interviene direttamente sul settore creditizio e non coinvolge lo Stato e il suo debito. Con l’effetto di non portare alla richiesta di misure di austerità al governo ma solo, come finora è emerso, di impegni di risanamento del settore bancario.
Le preoccupazioni e le previsioni buie certo non mancano, come quelle che esprime Citigroup su un possibile immediato contagio dell’Italia, ma ci sono anche analisi più positive come quella della Morgan Stanley.
Il Tesoro, comunque, è fiducioso su un allentamento delle tensioni sui tassi dei titoli di Stato e sugli spread con i Bund tedeschi. Perlomeno per la parte che riguarda la Spagna, visto che per la definizione di uno scenario più disteso occorre aspettare il voto in Grecia e soprattutto le intese politiche in Europa. Quanto alle banche italiane, le incognite sui debiti sovrani possono coinvolgerle, ma sono nel complesso più solide delle spagnole e Bankitalia afferma che rispetteranno gli impegni di ricapitalizzazione chiesti entro giugno dall’Eba, l’autorità di vigilanza europea, e imposti, con l’inizio del prossimo anno, dall’accordo di Basilea3.

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