Diario Politico©Raffaele Lauro

Tre mesi per salvare l’Euro: l’allarme di Georges Soros. L’etica in economia

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di Gaetano Mastellone

Stamattina sul sito della BCC News è stata pubblicata un’intervista al finanziere Soros. L’ho letta con particolare attenzione ed anche con qualche brivido! Desidero riportarla, tradotta e sintetizzata, a beneficio dei lettori di politicainpenisola.it che ha un target ben variegato di lettori, dai politici agli imprenditori, quindi tutte persone interessate all’economia ed ai suoi sviluppi. Per prima cosa però desidero ricordare chi è George Soros riportando la sua descrizione fatta da Wikipedia.  Soros è attualmente presidente del Soros Fund Management e dell’Open Society Institute ed è anche ex membro del Consiglio di amministrazione del Council on Foreign Relations. Il suo appoggio al movimento sindacale polacco Solidarnosc, e il supporto all’organizzazione cecoslovacca per la tutela dei diritti umani Carta 77 (manifesto del 6 gennaio 1977 per una liberalizzazione del regime), hanno contribuito alla fine del dominio dell’Unione Sovietica in questi Stati. Il suo finanziamento e organizzazione della Rivoluzione delle Rose in Georgia è stato ritenuto cruciale ai fini del successo della stessa da osservatori sia Russi che Occidentali, nonostante Soros abbia dichiarato che il suo ruolo sia stato “largamente sopravvalutato”. Negli USA è noto per avere elargito larghe somme di denaro agli avversari di George W. Bush nel corso delle ultime elezioni presidenziali. Ha appoggiato il democratico Barak Obama alle presidenziali americane del 2008. L’ex presidente della Federal Reserve Paul Volcker scriveva nell’introduzione de “L’alchimia della finanza”, un libro pubblicato da Soros nel 2003: “George Soros ha lasciato un segno nella veste di speculatore dall’enorme successo, saggio abbastanza dal ritirarsi sostanzialmente quando ancora il gioco volgeva a suo favore. Il grosso delle sue enormi vincite sono oggi votate ad aiutare paesi emergenti o in via di transizione a rendersi delle “società aperte”, aperte non solo nel senso della libertà di scambi commerciali, ma soprattutto tolleranti nei confronti delle nuove idee e dei diversi approcci di pensiero e comportamentali”. È uno dei finanziatori di movimenti rivoluzionari in Ucraina, in Georgia e anche Bielorussia. Soros è anche meglio conosciuto come l’uomo che distrusse la Banca d’Inghilterra. Infatti nel Mercoledì Nero del 16 settembre 1992, Soros divenne improvvisamente famoso quando vendette allo scoperto più di 10 miliardi di dollari in sterline, approfittando della riluttanza da parte della Banca d’Inghilterra sia ad aumentare i propri tassi di interesse a livelli confrontabili con quelli degli altri paesi (il Sistema Monetario Europeo) sia a lasciare fluttuante il tasso di cambio della moneta. Alla fine, la Banca d’Inghilterra fu costretta a far uscire la propria moneta dallo SME e a svalutare la sterlina, e Soros nel processo guadagnò una cifra stimata in 1,1 miliardi di dollari.
Insomma è uno spietato finanziere che non disdegna finanziamenti alla politica! Il suo patrimonio è stato stimato dalla rivista Forbes nel 2010 in 14 miliardi di dollari.
Ebbene stamattina Soros ha deciso di mettere in guardia, attraverso la BBC, i leader europei, affermando con notevole convinzione che essi hanno una “finestra di tre mesi” per salvare l’euro. Dalle elezioni fissate in Grecia per questo mese il magnate dell’economia si attende un nuovo governo determinato a rispettare le condizioni di finanziamento imposte dall’Unione Europea. Soros prevede che l’economia della Germania si indebolirà a partire dall’autunno, così per la Cancelliera Angela Merkel sarà più difficile continuare fornire sostegni economici. Concentrandosi solo sui livelli di indebitamento, ha proseguito Soros, i leader europei dimostrano di non aver compreso la “natura della crisi” che “più che un problema di natura bancaria è una questione di competitività”. In questo modo, ha detto, sino ad oggi sono stati applicati “rimedi sbagliati”. Afferma che è impossibile ridurre l’onere del debito deprimendo l’economia. La crescita è l’unico modo per uscire dalla crisi. Su questo concetto, personalmente e l’ho scritto più volte, sono d’accordo. La crisi si supera con la crescita e con politiche ad essa indirizzate; la sola riduzione delle spese (quando ci sono!) e le tasse non bastano allo scopo. Questi i toni dell’economista George Soros nella prima parte dell’intervista, poi aggiunge che con la Germania saremo tutti più deboli a partire dall’autunno. Senza politiche che incentivino la crescita e che permettano ai governi di aumentare le entrate, e dunque di pagare il debito, il tempo dell’euro sta per scadere. “Credo che la popolazione della Grecia sia sufficientemente spaventata dalla prospettiva di essere espulsa dall’Unione Europea, per questo verrà votata una coalizione che sia pronta a rispettare gli accordi per il salvataggio”, ha continuato Soros mettendo “il naso” negli affari economici e politici dei greci. Ad ogni modo, ha avvisato, che la Germania sarà sempre meno propensa a salvare i suoi “vicini più deboli”. In autunno, la crisi arriverà al suo apice. A quel punto l’economia tedesca comincerà ad indebolirsi, in questo modo sarà sempre più difficile per la cancelliera Merkel convincere la popolazione tedesca ad accettare ulteriori responsabilità nei confronti dell’Europa.

«L’economia ha bisogno dell’etica»

La crisi per fortuna sta aprendo anche tanti “varchi” positivi come quello del tanto dibattere che per uscire dal profondo burrone in cui siamo tutti caduti ci vuole più etica. Di finanza sostenibile si parla sempre più, coi tempi di crisi che corrono; e col sospetto, sempre più fondato, che condotte egoistiche non siano più possibili anche nel mondo della finanza. “L’economia ha bisogno dell’etica e di essere fondata sull’uomo per il suo corretto funzionamento”. Lo ha scritto Benedetto XVI, ma non è più solo utopia solidaristica. Se n’è parlato lo scorso venerdì 1° giugno anche a Bari, presso la Facoltà di Economia, all’interno del convegno “Finanza sostenibile, fondi etici e attività di engagement”. Una delle questioni centrali affrontate nell’Enciclica papale Caritas in Veritate riguarda i rapporti tra etica ed economia. Talvolta si pensa che etica ed economia siano due mondi distinti e separati. Non è così. Desidero ricordare anche il pensiero di Don Sturzo fondato sull’assunto che la moralità è la razionalità dell’agire. Un sistema economico che non considera l’integrità morale dei suoi protagonisti come uno dei valori fondamentali del sistema stesso è destinato a fare acqua da tutte le parti. L’economia si trasforma in diseconomia e in disutilità sociale. La lunga battaglia di Don Sturzo contro lo statalismo è stata innanzitutto una battaglia per far prevalere la moralità nella politica e nell’economia. Ecco da qui dobbiamo ripartire, dalla politica e dalla finanza e quest’ultima deve tendere ad essere sempre meno speculativa e più di servizio. La finanza, quella aggressiva e brutale delle grandi banche d’affari americane e delle banche francesi e tedesche in particolare, deve cambiare. Dobbiamo sforzarci di riportare la finanza, da creatura ormai autosufficiente – implacabile mostro a tre teste capace di dettare temi della politica e della vita quotidiana della gente – , a strumento che deve essere al servizio dell’economia e quindi del cittadino. L’approccio di tutto il mondo della finanza, ripeto, partendo dall’estero in quanto l’Italia è messa molto meglio di loro proprio per l’arretratezza del mondo bancario e finanziario deve ragionare, e comportarsi, secondo questo dettato: «Solo con in testa il fine del bene comune, con regole più nitide ma soprattutto con un ritrovato ethos nei comportamenti potremo uscire dalla crisi». I due mali maggiori che ci attanagliano, la politica e la finanza, devono essere trasformate e devono agire con alto senso etico sia dal punto di vista normativo che da quello deontologico. Perché il punto è proprio questo: diffondere la consapevolezza che non necessariamente avere dei retti principi in economia vuol dire rinunciare ai profitti. Io penso invece che: «Per un buon investimento bisogna valutare anche aspetti che vanno al di là del discorso prettamente economico. Noi funzioniamo perché un investimento sano è un investimento utile, anche per chi lo fa. Se la finanza etica fosse la finanza “dei poveri” sarebbe destinata al fallimento. Invece penso che prestare attenzione ai principi della sostenibilità sia uno dei modi migliori per fare buoni affari». Insistiamo sulla finanza sostenibile del tipo dei fondi etici, del microcredito, del migrant banking, del finanziamento del terzo settore e del no profit, volontariato attivo e di tutti i principali strumenti della finanza sostenibile. Sui fondi etici ad esempio, nonostante se ne discuta ormai da dieci anni, il mercato di questi fondi in Italia è addirittura in decrescita. Per concludere affermo che l’uscita dalla crisi passa quindi anche dal superamento di questi pregiudizi, della logica dell’esclusività dell’interesse privato, ad ogni costo. La finanza sostenibile, in fondo, non è nulla di speciale è solo uno sviluppo che non arreca danni al contesto economico, ambientale e sociale. Si può fare, basta mettersi in testa una parola, semplice a dire ma difficile ad attuare: cambiamento. Il cambiamento è vita, è sviluppo.

Un commento

  • Gaetano Mastellone

    Il fallimento dell’Euro è qualcosa di ben più profondo. La scommessa era che la moneta unica avrebbe creato convergenza fra le economie di diversi paesi ed avrebbe fatto da traino al processo di unificazione politica. Non si è verificata né l’una né l’altra cosa. Le economie dei diversi paesi dell’Eurozona sono rimaste quali erano, anzi, i vantaggi della moneta unica, che consentiva anche a paesi tradizionalmente deboli e ad alto rischio finanziario, come appunto la Grecia, di piazzare i propri titoli di debito ad interessi bassissimi, ha incoraggiato la politica dell’indebitamento crescente, senza attuare alcuna riforma economica. Chi ha tratto i vantaggi maggiori è stata la Germania che ha potuto esportare massicciamente nei paesi vicini ed, alla fine, il differenziale fra i diversi paesi è rimasto lo stesso, quando non è ulteriormente cresciuto. Sinché le cose sono filate lisce nell’economia mondiale, il problema non si è posto, ma quando la crisi ha iniziato a mordere si è rotto il giocattolo e la moneta unica, non governata da nessuno Stato, è diventata una camicia di forza che tiene tutti in sofferenza. L’Europa, come nazione non esiste nella coscienza degli europei che, volenti o no, continuano a sentirsi prima di tutto tedeschi, francesi, danesi, spagnoli, olandesi ecc. L’Unione Europea è qualcosa di più di una alleanza, ma qualcosa di meno di una confederazione, non è uno Stato, ma assorbe funzioni statali come la moneta, ha un Parlamento comune che emana direttive che poi devono essere recepite dai parlamenti nazionali ecc. Insomma è “una cosa” a metà! Così non va!

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