Diario Politico©Raffaele Lauro

Opinioni/Il declino del settore cantieristico italiano

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Un settore strategico per la nostra economia nell’analisi del dott. Gaetano Mastellone.

Tante chiacchiere e ….. pochi fatti arrivano dalla politica! Gli armatori italiani “corteggiati” dai cantieri stranieri!
Vogliamo dire la verità? Allora diciamo chiaro & tondo che sul problema della cantieristica italiana da anni si fanno solo chiacchiere. Sull’argomento da anni leggo interventi spot di politici che sono misurati e diffusi solo quando il problema si fa caldo! Poi silenzio, come solito. Lunedì 23 maggio Fincantieri presenterà ai Sindacati il suo “Piano Industriale”. Già cominciano a “girare” le prime indiscrezioni. Eccole. Millecinquecento esuberi a livello nazionale, graduale soppressione dell’attività produttiva a Riva Trigoso, chiusura per tre anni del cantiere di Sestri Ponente per favorire il “ribaltamento a mare”, sostanziale potenziamento degli stabilimenti di Marghera, Monfalcone ed Ancona. E ancora: rischio chiusura per i cantieri di Castellammare di Stabia se non interverranno gli enti locali e concentrazione delle attività di riparazioni navali a Palermo. Sono queste le linee-guida del piano industriale di Fincantieri in attesa del via libera dell’azionista, vale a dire Fintecna. Del resto i vari governi italiani hanno fatto si che si verificasse una grave crisi del mercato di riferimento con un crollo della domanda navale nell’ordine dell’80% negli ultimi 2 anni. Chi ne farà le spese? Pare che a farne le spese sarebbero gli stabilimenti più deboli: Ancona, Castellammare e Riva Trigoso, mentre il sito di Sestri dovrebbe essere nettamente ridimensionato. Ma nelle proposte di Fincantieri non si parla solo di riorganizzazione di stabilimenti. C’è anche un chiaro riferimento alla produttività: l’obiettivo è avvicinarsi ai «più efficienti e competitivi parametri dei nostri cantieri Usa». Insomma una situazione assai complicata! Con il progetto riorganizzativo del Piano Industriale si verificherà un punto di svolta dopo due anni ad altissima tensione: le carte del progetto serviranno a dare, per la prima volta, un indirizzo ufficiale di cosa vogliono fare l’azienda e il suo proprietario – cioè il governo – di fronte alla crisi che ha travolto il settore in tutta Europa. Nel Vecchio Continente, in effetti, basta una breve ricerca per capire che gli altri governi si sono mossi più rapidamente. Muovendosi con attenzione per non incappare nel disegno degli aiuti di Stato – vietati dall’Ue – ogni Paese ha affrontato la questione con discrezione, ma anche in maniera decisa. Il caso più eclatante è quello della Francia, dove il principale cantiere, quello di Saint Nazaire, occupa circa 6.000 persone (per dare una proporzione, in Italia l’industria Stato occupa circa 10 mila persone su 9 diversi impianti). Qui si è mosso direttamente il presidente Nicholas Sarkozy: due commesse le ha portate direttamente a casa lui, alla faccia degli uffici commerciali della Stx France, l’azienda che controlla Saint Nazaire (34% il governo, il resto nelle mani del gruppo coreano Stx). L’Eliseo si è mosso per una maxi-commessa di quattro unità Mistral alla Russia, ma lavorando nell’ombra è anche riuscito a riaprire i canali con MSC – la compagnia di Gian Luigi Aponte, che non ha mai potuto costruire, per evidenti problemi di costi, una nave in Italia – per sbloccare la commessa della “Msc Divina”, che sarà consegnata alla fine del 2012. Gianluigi Aponte, leader di Msc, è stato addirittura ricevuto con grandi onori all’Eliseo da Nicolas Sarkozy. Facile comprendere perché, in una stagione di crisi come l’attuale, gli armatori, compresi Carniva l e Costa, potrebbero “fuggire”, investendo i propri soldi e ordinando le navi dove trovano più convenienza. Come in Germania o in Francia, appunto. In effetti, un solo punto percentuale in meno sull’assicurazione al credito all’esportazione significa per l’armatore un risparmio di parecchi milioni di euro.La Francia ha anche deciso la costruzione di una nuova portaerei, gemella della “Charles De Gaulle”, mentre nuovi progetti sono all’orizzonte per la costruzione di pale eoliche. Se la Francia usa la diplomazia, la Finlandia interviene a gamba tesa, con un intervento da 500 milioni di euro per finanziare la costruzione dei traghetti Viking a Turku (dove c’è il più grande stabilimento del Paese) e negli altri cantieri più piccoli per un totale di 14 mila persone. Stesso intervento in Spagna, dove il governo ha approvato un pacchetto di aiuti da 65 milioni di euro per spingere gli armatori locali a ordinare presso cantieri iberici (che in totale occupano 8.000 persone).
Una scelta più radicale è stata invece presa in Polonia, dove la crisi dei cantieri è palese dal 2007, cioè da quando l’Unione Europea ha chiesto la privatizzazione delle strutture. Per esempio, gli storici cantieri di Danzica, quelli della rivoluzione di Solidarnosc del 1980, oggi sono controllati all’80% dal colosso ucraino Donbass (il rimanente 20% è ancora statale), ma per sopravvivere producono pale eoliche e a breve pezzi per centrali nucleari: il tempio della navalmeccanica ha cambiato pelle per sempre. C’è, ovviamente, un serio problema reale che riguarda la cantieristica italiana, e quindi è necessario riportare l’Italia a un livello di competitività adeguato rispetto ai competitor europei ed asiatici, attraverso un fortissimo sostegno, da parte di tutte le realtà pubbliche, al settore. Si farà? Questa “carrellata”, assai breve per questioni di spazi, di azioni degli “altri governi” ci fa capire che in Italia ……. dormiamo! Mi auguro fortemente di sbagliare e di essere “un pessimista”, però prima di fare analisi sono abituato a leggere, studiare il problema e riflettere ed, onestamente, la situazione la vedo assai critica!
www.mastellonegaetano.com

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